Dubai, ecco l'isola a forma di palma

Le Palm Islands sono tre isole artificiali, Palma Jumeirah, Palma Jebel Ali e Palma Deira, antistanti Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Il Pantheon della Roma antica

All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda.

Casa Batllò, Barcellona

Considerata una delle opere più originali del celebre architetto catalano Antoni Gaudí , l'edificio è stato dichiarato, nel 2005, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Giza e le sue Piramidi

Giza deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto.

I trulli pugliesi

I Trulli di Alberobello sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Villa Adriana, Tivoli

Costruita a partire dal 117 d.C. dall’imperatore Adriano, è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell’antichità romana.

Mediateque di Toyo Ito, Sendai

Toyo Ito: quando la comunicazione è come la luce.

domenica 3 agosto 2014

Duomo, Milano

http://www.truemilan.com/wp-content/uploads/Duomo_milano1.jpgIl duomo di Milano, monumento simbolo del capoluogo lombardo, è dedicato a Santa Maria Nascente ed è situato nell'omonima piazza nel centro della metropoli. Per superficie, è la quarta chiesa d'Europa, dopo San Pietro in Vaticano, San Paolo a Londra e la cattedrale di Siviglia. È la chiesa più importante dell'arcidiocesi di Milano ed è sede della parrocchia di Santa Tecla nel Duomo di Milano. 
Nel luogo in cui sorge il duomo un tempo si trovavano l'antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile, l'arcivescovo Antonio de' Saluzzi, sostenuto dalla popolazione, promosse la ricostruzione di una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città. Per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti: Santa Maria Maggiore venne demolita per prima, Santa Tecla in un secondo momento, nel 1461-1462 (parzialmente ricostruita nel 1489 e definitivamente abbattuta nel 1548).
http://www.italy-travel-vacation.com/Milano/Big/Immagine%20011.jpgLa nuova chiesa, a giudicare dai resti archeologici emersi dagli scavi nella sacrestia, doveva prevedere originariamente un edificio in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo. Nel gennaio 1387 si gettarono le fondazioni dei piloni, opere colossali che erano state già progettate su disegno l'anno precedente. Durante il 1387 si continuarono gli scavi delle fondazioni e si continuarono i piloni. Ciò che fu fatto prima del 1386 venne tutto disfatto o quasi.Nel corso dell'anno il Signore Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori, imponendo un progetto più ambizioso. Il materiale scelto per la nuova costruzione divenne allora il marmo di Candoglia e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Il desiderio di Gian Galeazzo era infatti quello di dare alla città un grandioso edificio al passo con le più aggiornate tendenze europee, che simboleggiasse le ambizioni del suo Stato, che, nei suoi piani, sarebbe dovuto diventare il centro di una monarchia nazionale italiana come era successo in Francia e in Inghilterra, inserendosi così tra le grandi potenze del continente. Gian Galeazzo mise a disposizione le cave e accordò forti sovvenzioni ed esenzioni fiscali: ogni blocco destinato al Duomo era marchiato AUF (Ad usum fabricae), e per questo esente da qualsiasi tributo di passaggio. Come testimonia il ricco archivio conservatosi fino ai giorni nostri, il primo ingegnere capo fu Simone d'Orsenigo, affiancato da altri maestri lombardi, che nel 1388 iniziarono i muri perimetrali. Nel 1389-1390 il francese Nicolas de Bonaventure venne incaricato di disegnare i finestroni. 
http://datastorage02.maggioli.it/data/docs/illuminazione.architetti.com/Duomo_Milano_04.jpgA dirigere il cantiere vennero chiamati architetti francesi e tedeschi, come Jean Mignot, Jacques Coene o Enrico di Gmünd, i quali però restavano in carica per pochissimo tempo, incontrando una scoperta ostilità da parte delle maestranze lombarde, abituate a una diversa pratica di lavoro. La fabbrica andò quindi avanti in un clima di tensione, con numerose revisioni, che nonostante tutto diedero origine a un'opera di inconfondibile originalità, sia nel panorama italiano che europeo.
Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque e il 19 luglio 1391 venne deliberato l'ingrossamento dei quattro pilastri centrali. Tuttavia c'era una crescente preoccupazione per la stabilità dell'intera struttura, per via di insufficienti masse inerziali da contrapporre all'azione delle spinte. Così nel settembre dello stesso anno venne interrogato il matematico piacentino Gabriele Stornaloco per definire la sezione trasversale e l'alzato, attraverso una precisa diagrammazione geometrica e cosmologica (lo Stornaloco era anche un astronomo e cosmografo). Il 1º maggio 1392 si scelse la forma delle navate progressivamente decrescenti per un'altezza massima di 76 braccia.

Progetto
Nel 1393 fu scolpito il primo capitello dei pilastri, su disegno di Giovannino de' Grassi, il quale curò un nuovo disegno per i finestroni e fu ingegnere generale fino alla morte nel 1398. Gli successe nel 1400 Filippino degli Organi, che curò la realizzazione dei finestroni absidali. Dal 1407 al 1448 egli fu responsabile capo della costruzione, che portò a termine della parte absidale e il piedicroce, chiuso provvisoriamente dalla facciata ricomposta di Santa Maria Maggiore. Nel 1418 fu consacrato l'altare maggiore da papa Martino V.
Dal 1452 al 1481 fu a capo del cantiere Giovanni Solari, che per i primi due anni fu affiancato anche dal Filarete. Seguirono Guiniforte Solari, figlio di Giovanni, e Giovanni Antonio Amadeo, che con Gian Giacomo Dolcebuono costruì il tiburio nel 1490. Alla morte dell'Amadeo (1522) i successivi maestri fecero varie proposte "gotiche", tra le quali quella di Vincenzo Seregni di affiancare la facciata da due torri (1537 circa), non realizzata.
Nel 1567 l'arcivescovo Carlo Borromeo impose una ripresa solerte dei lavori, mettendo a capo della Fabbrica Pellegrino Tibaldi, che ridisegnò il presbiterio, che venne solennemente riconsacrato nel 1577 anche se la chiesa non era ancora terminata.
http://i.static.duomomilano.it/variants/4/6/7/f/467f9b91-6568-49ca-b0fd-0a7883e403b7_medium.jpgPer quanto riguarda la facciata il Tibaldi disegnò un progetto nel 1580, basato su un basamento a due piani animato da colonne corinzie giganti e con un'edicola in corrispondenza della navata centrale, affiancata da obelischi. La morte di Carlo Borromeo nel 1584 significò l'allontanamento del suo protetto che lasciò la città, mentre il cantiere veniva preso in mano dal suo rivale Martino Bassi, che inviò a Gregorio XIV, papa milanese, un nuovo progetto di facciata.
Nel XVII secolo la direzione dei lavori vide la presenza dei migliori architetti cittadini, quali Lelio Buzzi, Francesco Maria Ricchino (fino al 1638), Carlo Buzzi (fino al 1658) e i Quadrio. Nel frattempo nel 1628 era stato fatto il portale centrale e nel 1638 i lavori della facciata andavano avanti, con l'obiettivo di creare un effetto a edicole ispirato a Santa Susanna di Roma. A tal fine pervennero nel XVIII secolo i disegni di Luigi Vanvitelli (1745) e Bernardo Antonio Vittone (1746).
Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madunina di rame dorato, destinata a diventare il simbolo della città. Lo schema della facciata di Buzzi venne ripreso a fine secolo da Luigi Cagnola, Carlo Felice Soave e Leopoldo Pollack. Quest'ultimo diede inizio alla costruzione del balcone e della finestra centrale.
Nel 1805, su istanza diretta di Napoleone, Giuseppe Zanoia avviò i lavori per il completamento della facciata, in previsione dell'incoronazione a re d'Italia. Il progetto venne finalmente concluso nel 1813 da Carlo Amati. Tra gli scultori che vi lavorarono nei primi anni dell'Ottocento, si può ricordare Luigi Acquisti.

Architettura
http://i.static.duomomilano.it/variants/e/e/a/8/eea859d3-7fd9-471d-b007-1609f5a211c3_medium.jpgLo stile del Duomo, essendo frutto di lavori secolari, non risponde a un preciso movimento, ma segue piuttosto un'idea di "gotico" mastodontico e fantasmagorico via via reinterpretata. Nonostante ciò, e nonostante le contraddizioni stilistiche nell'architettura, il Duomo si presenta come un organismo unitario. La gigantesca macchina di pietra infatti affascina e attrae l'immaginazione popolare, in virtù anche della sua ambiguità, fatta di ripensamenti, di discontinuità e, talvolta, di ripieghi. Anche il concetto di "autenticità" gotica, quando si pensa a come in realtà gran parte delle strutture visibili risalga al periodo neogotico, per non parlare delle frequenti sostituzioni, è in realtà una storpiatura della stessa essenza del monumento, che va visto invece come un organismo architettonico sempre in continua e necessaria ricostruzione.
Il duomo ha una pianta a croce latina, con piedicroce a cinque navate e transetto a tre, con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. All'incrocio dei bracci si alza, come di consueto, il tiburio. L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italiana, ma questo viene in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del gotico lombardo.
La struttura portante è composta dai piloni e dai muri perimetrali rinforzati da contrafforti all'altezza degli stessi piloni. Questa è una caratteristica che differenzia il duomo milanese dalle cattedrali transalpine, limitando, rispetto al gotico tradizionale, l'apertura dei finestroni (lunghi e stretti) e dando all'insieme (a eccezione dell'abside) una forma prevalentemente "chiusa", dove la parete è innanzitutto un elemento di forte demarcazione, sottolineata anche dall'alto zoccolo di tradizione lombarda. Viene così a mancare lo slancio libero verso l'alto. Ciò è evidente anche se si considera che guglie e pinnacoli non hanno funzione portante, infatti vennero sporadicamente aggiunti nel corso dei secoli, fino al completamento del coronamento nel XIX secolo.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4a/Duomo_di_Milano,_Dach_seitlich.jpgI contrafforti hanno forma di triangoli e servono per contenere le spinte laterali degli archi. Il basamento è in muratura, come pure le parti interne delle pareti e degli altri elementi, mentre nei pilastri è stata usata un'anima di serizzo; anche le vele delle volte sono in mattoni. Il paramento a vista, che ha anche un ruolo portante, non solo di rivestimento, è invece in marmo di Candoglia bianco rosato con venature grigie: la cava, fin dall'epoca di Gian Galeazzo Visconti, è ancora di proprietà della Fabbrica del Duomo.
Le pareti esterne sono animate da una fitta massa di semipilastri polistili che sono coronati in alto, al di sotto delle terrazze, da un ricamo di archi polilobati sormontati da cuspidi. Le finestre ad arco acuto sono piuttosto strette, poiché come si è detto le pareti hanno funzione portante.
La copertura a terrazze (pure in marmo) è un unicum nell'architettura gotica, ed è sorretta da un doppio ordine incrociato di volte minori. In corrispondenza dei pilastri si leva una "foresta" di pinnacoli, collegati tra di loro da archi rampanti. In questo caso i pinnacoli non hanno funzione strutturale, infatti risalgono quasi tutti alla prima metà del XIX secolo. Nei disegni antichi e nel grande modello del 1519 di Bernardo Zenale (Museo del Duomo) si vede una cresta centrale che doveva evidenziare ancora maggiormente la forma triangolare, sia lungo la navata che il transetto, raccordandosi al tiburio, e che venne esclusa dal progetto nel 1836.

Facciata
La facciata testimonia di per sé la complessa vicenda edilizia del complesso del Duomo, con la sedimentazione di secoli di architettura e scultura italiana.
Cinque campiture fanno intuire la presenza della navate, con sei contrafforti (doppi alle estremità e attorno al portale centrale) sormontati da guglie. La costruzione della facciata cominciò nel 1590, sotto la direzione dell'architetto Pellegrini, in stile tardomanierista, continuando poi nella prima metà del Seicento sotto la direzioni del Richini e di Carlo Buzzi. Risalgono a quel periodo i cinque portali e parte delle finestre soprastanti, con il coronamento a timpano spezzato. La decorazione a bassorilievo dei portali venne scolpita ai tempi dell'arcivescovo Federico Borromeo su disegni del Cerano. I basamenti dei contrafforti centrali sono decorati da rilievi seicenteschi, con telamoni disegnati da Carlo Buzzi. I rilievi sui basamenti dei contrafforti laterali sono invece del XVIII e XIX secolo. A partire dalla metà del Seicento infatti lavori procedettero a rilento a causa dell'acceso dibattito sulla scelta del progetto da adottare. La conclusione, in stile neogotico, avvenne a partire dal 1805 su ordine di Napoleone. A tale epoca appartengono i tre finestroni neogotici, realizzati su progetto del Soave e poi dell'Amati. Le statue di Apostoli e Profeti sulle mensole sono tutte ottocentesche. Del primo decennio dell'Ottocento sono le due statue neoclassiche che ornano la balaustra del finestrone centrale, la Legge mosaica dell'Acquisti e la Legge di Cristo di Camillo Pacetti. Alcuni studiosi sostengono che questa statua sia stata fra le principali fonti di ispirazione per la realizzazione della newyorkese Statua della Libertà. L'ultimo atto di completamento è costituito dalle porte in bronzo, novecentesche. È del 1906 quella centrale, dalle leggere linee neogotiche, mentre le altre quattro furono realizzate nel dopoguerra.
Si va dal Tardo Rinascimento del Tibaldi, al Barocco di Francesco Maria Ricchino, al neogotico napoleonico dell'Acquisti. Nel 1886 la 'Grande Fabbrica' indisse un concorso internazionale per un integrale rifacimento della facciata in stile gotico e nell'ottobre del 1888 la giuria scelse Giuseppe Brentano come vincitore, un giovane allievo di Boito. Il progetto, concepito a modello delle cattedrali francesi, è ancora visibile nella navata destra del Duomo. Pur essendo già ordinati i marmi e predisposti i lavori, anche a causa della prematura morte del Brentano la realizzazione del progetto venne congelata. In seguito, le forti polemiche che insorsero al momento dello smantellamento dei portali barocchi finirono per bloccarlo del tutto. L'unica parte del progetto realizzata, il portale bronzeo del Pogliaghi, fu adattato con un'aggiunta alla cornice seicentesca.

Torre Pendente, Pisa

http://www.stamptoscana.it/wp-content/uploads/old/pisa_comune_di_pisa.jpgLa cosiddetta torre pendente di Pisa (chiamata semplicemente torre pendente o torre di Pisa, a Pisa la Torre) è il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, nella celeberrima piazza del Duomo di cui oggi è il monumento più famoso per via della caratteristica pendenza.
Si tratta di un campanile a sé stante alto circa 56 metri fuori terra (58,36 metri considerando il piano di fondazione), costruito nell'arco di due secoli, tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo. Pesante 14.453 tonnellate, vi predomina la linea curva, con giri di arcate cieche e sei piani di loggette. La sua pendenza è dovuta a un cedimento del terreno verificatosi già nelle prime fasi della costruzione. L'inclinazione dell'edificio attualmente misura 3,97° rispetto all'asse verticale. La torre di Pisa rimane in equilibrio perché la verticale che passa per il suo baricentro cade all'interno della base di appoggio. La torre, è gestita dall'Opera della Primaziale Pisana,  ente ONLUS che gestisce tutti i monumenti della piazza del Duomo di Pisa. È stata proposta come una delle sette meraviglie del mondo moderno.

Costruzione
I lavori iniziarono il 9 agosto 1173 (anno 1174, secondo il calendario pisano, in cui l'anno iniziava il 25 marzo). Come era solito fare con i fari e con le costruzioni adiacenti al mare in genere, le fondamenta vennero lasciate a riposare per un anno intero. Alcuni studi tra i più recenti attribuiscono la paternità del progetto a Diotisalvi, che nello stesso periodo stava costruendo il battistero.
Le analogie tra i due edifici sono infatti molte, a partire dal tipo di fondazioni. Altri suggeriscono invece Gherardi, mentre secondo il Vasari i lavori furono iniziati da Bonanno Pisano. La tesi del Vasari, oggi ritenuta priva di fondamento, fu invece ritenuta valida soprattutto dopo il ritrovamento nelle vicinanze del campanile di una pietra tombale col nome del Bonanno, che oggi si trova murata nell'atrio dell'edificio; inoltre nell'Ottocento fu rinvenuto sempre nei dintorni un frammento epigrafico di materiale rosa, probabilmente un calco su cui venne fusa una lastra metallica, che attualmente trova collocazione sullo stipite della porta di ingresso dell'edificio. Su tale frammento si legge, ovviamente rovesciato: "cittadino pisano di nome Bonanno".
Tale calco con tutta probabilità era relativo alla porta regia del Duomo, distrutta durante l'incendio del 1595. La prima fase dei lavori fu interrotta a metà del terzo piano, a causa del cedimento del terreno su cui sorge la base del campanile. La cedevolezza del terreno, costituito da argilla molle normalconsolidata, è la causa della pendenza della torre e, sebbene in misura minore, di tutti gli edifici nella piazza.
I lavori ripresero nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano, aggiungendo alla costruzione precedente altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare la torre, i tre piani aggiunti tendono ad incurvarsi in senso opposto alla pendenza. Il campanile fu completato alla metà del secolo successivo, aggiungendo la cella campanaria.

Restauri
Dalla sua costruzione a oggi lo strapiombo è sostanzialmente aumentato, ma nel corso dei secoli ci sono stati anche lunghi periodi di stabilità o addirittura di riduzione della pendenza. Nel corso dell'Ottocento il campanile fu interessato da importanti restauri, che portarono, ad esempio, all'isolamento del basamento della torre. I lavori, effettuati sotto la direzione di Alessandro Gherardesca, contribuirono a sfatare definitivamente la teoria, sostenuta da alcuni studiosi dell'epoca, secondo la quale il campanile sarebbe stato pensato pendente sin dalla sua origine.
http://www.ioamoiviaggi.it/wp-content/uploads/2012/06/torre-di-pisa-vista-da-sotto.jpgDifatti, i saggi del terreno effettuati durante i restauri portarono alla luce la presenza di una notevole quantità di acqua sotterranea che rendeva cedevole il terreno. Per far fronte a questo problema, fu aspirata acqua del sottosuolo con l'ausilio di pompe, ma ciò favorì il fenomeno della subsidenza e il conseguente aumento della pendenza della torre. Negli ultimi decenni del XX secolo l'inclinazione aveva subito un deciso incremento, tanto che il pericolo del crollo si era fatto concreto. Nel 1993 lo spostamento dalla sommità dell'asse alla base era stato valutato in circa 4,47 metri, ovvero circa 4,5 gradi.
Durante i lavori di consolidamento, iniziati nel 1990 e terminati alla fine del 2001, la pendenza del campanile è stata ridotta tramite cerchiatura di alcuni piani, applicazione temporanea di tiranti di acciaio e contrappesi di piombo (fino a 900 tonnellate) e sottoescavazione, riportandola a quella che presumibilmente doveva avere 200 anni prima. La base è stata inoltre consolidata e secondo gli esperti questo consentirà di mantenere in sicurezza la torre per almeno altri tre secoli, permettendo così l'accesso ai visitatori. 
http://teatriemusei.ovest.com/_img_sez/2034-2-grande-1-scale-torre-di-pisa.jpgDal marzo 2008 la torre ha raggiunto il livello definitivo di consolidamento sotto il profilo dell'inclinazione, tornato a essere di 3,97°, con uno spostamento alla cima del campanile di quasi mezzo metro e tale valore dovrebbe rimanere inalterato per almeno altri 300 anni. Il successo dell'operazione è legato al nome di Michele Jamiolkowski, benemerito docente del Politecnico di Torino e presidente del Comitato internazionale per la Salvaguardia della Torre di Pisa dal 1990 al 2001, a quello di Carlo Viggiani, docente del Dipartimento di ingegneria geotecnica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e presidente del Comitato internazionale per la conservazione dei monumenti e dei siti storici e a quello di J. B. Burland, professore del Dipartimento di ingegneria civile dell'Imperial College di Londra.
Dopo vent'anni, il 22 aprile 2011 sono terminati i lavori di restauro delle superfici lapidee, sia negli esterni che negli interni. La struttura del campanile incorpora due stanze. Una alla base della torre, nota come sala del Pesce, per via di un bassorilievo raffigurante un pesce. Tale sala non ha soffitto, essendo di fatto il cavo della torre. L'altra invece è la cella campanaria, al settimo anello. Delimitata dalle mura del camminamento superiore, è anch'essa a cielo aperto e al centro, tramite un'apertura, è possibile vedere il pian terreno della torre. Sono inoltre presenti tre rampe di scale: una ininterrotta dalla base fino al sesto anello, dove si esce all'esterno; una, a chiocciola più piccola che porta dal sesto anello al settimo; infine una ancor più piccola, sempre a chiocciola, che porta dal settimo anello alla sommità.

Big Ben, Londra

http://www.globeholidays.net/Europe/England/London/Media/London_Big_Ben.jpgIl Big Ben è la campana della Elizabeth Tower (Torre della [regina] Elisabetta), posizionata all'angolo nord-est del Palazzo di Westminster, conosciuto anche come House of Parliament, a Londra. Tradizionalmente il nome viene riferito, per estensione, anche all'orologio e all'intera torre dell'orologio, alta 96,3 m e costruita in stile neogotico. Il nome ufficiale della torre è diventato Elizabeth Tower a fine giugno 2012, in occasione del giubileo di diamante della regina Elisabetta; in precedenza, la torre era nota semplicemente come Clock Tower (torre dell'orologio).
Ufficialmente il nome della campana (una delle cinque dell'orologio) è "Great Bell"; non si hanno notizie certe riguardo all'origine del nome "Big Ben", ma esistono due teorie in merito. La prima sostiene che il nome derivi da Sir Benjamin Hall, membro della Camera dei Comuni e supervisore dei lavori per la ricostruzione del Palazzo di Westminster. La seconda sostiene invece che il nome derivi dal nome del campione dei pesi massimi di pugilato Benjamin Caunt, che combatté il suo ultimo incontro nel 1857. Si pensa che la campana dovesse originariamente esser chiamata "Royal Victoria" in onore della regina Vittoria.
http://www.repubblica.it/images/2011/10/09/171701500-b798a31c-b2e0-443e-80a1-8c195834d560.jpgLa campana originale pesava 16,3 tonnellate, ed era stata fusa il 6 agosto 1856.
Dal momento che la torre non era ancora finita, la campana fu montata nel "New Palace Yard". La campana fu quindi trasportata alla torre su un carro trainato da sedici cavalli, con la folle plaudente al suo passaggio. Sfortunatamente, però, si ruppe irreparabilmente mentre veniva posizionata.
La campana fu rifusa il 10 aprile 1858 con un peso di 13,76 tonnellate: è alta 2,2 metri e larga 2,9. Fu issata fino alla Torre dell'Orologio in 18 ore e cominciò a suonare nel mese di luglio 1859. Al momento dell'inaugurazione il Big Ben era la campana più grande delle isole britanniche, fino all'inaugurazione della "Great Paul", del peso di 17 tonnellate.
Il carillon suona ogni quarto d'ora mentre il Big Ben rintocca solamente alle ore; il suo suono è sentito in un raggio di circa due chilometri. L'orologio del Big Ben, ogni volta che comincia un nuovo anno rimane un secondo indietro.
http://fc03.deviantart.net/fs70/i/2013/300/3/5/london_big_ben_by_snowmiku2-d6s06hf.jpgI quadranti misurano 8 metri di diametro, la lancetta delle ore 2,7 metri e quella dei minuti 4,3. L'orologio fu disegnato da Augustus Pugin.
Alla base di ogni quadrante vi è l'iscrizione latina: “DOMINE SALVAM FAC REGINAM NOSTRAM VICTORIAM PRIMAM”, che significa: O Signore, salva la nostra regina Vittoria I. Dal 1994 il Big Ben è illuminato da un sistema di 112 lampadine. Dalla sua entrata in funzione, l'orologio è stato bloccato in tre occasioni. È invece rimasto "muto" (rimanendo cioè funzionante, ma privo del rintocco delle campane) in diverse occasioni, per ragioni di manutenzione: in particolare per due mesi nel 1934, per sei mesi nel 1956 e per circa un mese nel 2007.
Le campane del Big Ben copiano la melodia composta da William Crotch per la torre della chiesa Great St Mary's dell'Università di Cambridge. Il compositore inglese si ispira ad una frase del Messiah di Händel relativa al Salmo 37 Versetti 23 e 24.

Tower Bridge, Londra

http://www.voyagesphotosmanu.com/Complet/images/Tower_Bridge_Londra.jpgIl Tower Bridge è un ponte mobile di Londra situato sul fiume Tamigi. Il suo nome (che significa letteralmente "Ponte della Torre") deriva dal fatto che collega il distretto di Southwark alla Torre di Londra, un'antica costruzione in cui venivano rinchiusi e giustiziati i prigionieri.
Il Tower Bridge è un ponte piuttosto recente (la costruzione iniziò nel 1886 e fu completata solo nel 1894) che grazie a moderne tecnologie riesce ad aprirsi in soli 90 secondi (un minuto e mezzo) per lasciar passare le navi fino al ponte adiacente, il London Bridge. Si tratta di un ponte costituito da due torri che sono collegate in cima da due passerelle luminose che hanno la funzione di aiutare la struttura nel suo insieme a resistere alla forte sollecitazione dovuta alle forze orizzontali causate dal sollevamento del ponte. I perni che consentono il movimento rapido e preciso del ponte si trovano in ognuna delle due torri, ciascuna è adatta a far sollevare una parte del ponte.
Specialmente nella seconda metà del XX secolo il Tower Bridge ha cominciato a riscuotere un successo internazionale, diventando uno dei principali simboli di Londra, preceduto soltanto dal Big Ben e affiancato da Trafalgar Square e dal London Eye. Proprio per la sua notorietà, spesso nel linguaggio comune si tende a confonderlo con il London Bridge (che invece è un ponte a sé stante, alla sua sinistra), sebbene le due strutture abbiano storie e architettura differenti.
http://www.italiansoflondon.com/images/bacheca/26718/26718.jpgIl progetto di edificazione di un ponte apribile, ultimo elemento architettonico fra Londra e il mare (escluse le chiuse del Tamigi), cominciò nel 1886 quando l'intensificazione e lo sviluppo del traffico sia terrestre che fluviale rese necessaria la realizzazione di un ulteriore ponte che affiancasse il London Bridge. Furono in parecchi ad avanzare ipotesi sulla costruzione di un ponte fisso come gli altri, ma ciò avrebbe comportato l'isolamento delle navi più grandi dal centro di scambi fra il London Bridge e la Torre di Londra.
Circa dieci anni prima, nel 1876, fu istituita una commissione con il nome di Special Bridge or Subway Committee allo scopo di trovare una soluzione di comune accordo. Alla fine, dopo una riunione presieduta da Albert Joseph Altman, si decise di dare a un qualunque architetto la possibilità di progettare un ponte adatto a risolvere il problema. Nonostante fossero stati inviati oltre 50 bozzetti, la commissione non si decise fino al 1884 quando approvò il progetto di Horace Jones, che tra l'altro era pure uno dei giudici nonché Architetto della Città. Il suo apprendista e ingegnere sir John Wolfe Barry ebbe l'interessante idea di far sostenere a due torri il peso del ponte una volta aperta e di fornire un ulteriore sostegno con dei perni al di sotto di esse. A Jones piacque molto quest'ultima deviazione dal progetto originale e così poterono entrambi dare inizio ai preparativi.

Costruzione
http://london-sightseeing.net/wp-content/uploads/2010/04/Tower_Bridge-London_England.jpgAlcuni registri dell'epoca tramandano che la prima pietra fu posata in data 21 giugno 1886 dal Principe di Galles (il futuro re Edoardo VII). Per la realizzazione della struttura furono impiegati quasi otto anni e il lavoro di 432 operai. E. W. Cruttwell fu l'ingegnere che seguì l'operazione sul campo.
Due massicci pilastri, il cui interno racchiude più di 70 000 tonnellate di cemento, vennero spinti giù nel letto del fiume per permettere la costruzione della struttura. Per il rivestimento delle torri e delle passerelle sono servite circa 11 000 tonnellate di acciaio. Il rivestimento è stato poi coperto con granito della Cornovaglia e pietra di Portland, questo sia per proteggere la struttura in acciaio sottostante, sia per dare al ponte nel complesso un aspetto più gradevole.
Il signor Jones morì nel 1887 e il suo successore, nonché colui che mandò avanti il progetto, fu George D. Stevenson. Stevenson sostituì la facciata in mattoni voluta da Jones con uno stile gotico-vittoriano più ornato, caratteristica che ha reso il Tower Bridge un distinto punto di riferimento, armonizzandolo tra l'altro con lo stile della vicina Torre di Londra. Questo rifacimento costò circa £1'184'000 (£100 milioni corrispettivi del 1889).
Il ponte venne ultimato agli inizi del giugno 1894 e la sua apertura al pubblico risale al 30 dello stesso mese, con l'apertura ufficiale da parte del Principe di Galles Edoardo VI e la moglie Alessandra di Danimarca.[5] Il ponte collegava l'Iron Gate, sulla riva settentrionale del fiume, con Horselydown Lane a sud, uno sbocco oggi noto con i nomi Tower Bridge e Tower Bridge Road.[3] Fino a prima dell'apertura di questo ponte mobile, Tower Subway - 400 metri circa ad ovest - era la maniera più breve per attraversare il ponte da Tower Hill fino al distretto di Southwark. Aperto nel 1870-1871, Tower Subway era la prima ferrovia sotterranea al mondo, ma fu chiusa dopo soli tre mesi di servizio e riaprì in seguito dopo una ristrutturazione che la rese un sottopassaggio pedonale. Con l'inaugurazione del Tower Bridge, in meno di un anno la maggior parte degli utenti di Tower Subway preferì spostarsi di qua e di là dal fiume adoperando le corsie sul ponte in superficie, anche perché non c'era bisogno di pagare un pedaggio per usufruirne. Avendo perso quasi tutti gli introiti, il tunnel sotterraneo fu chiuso nel 1898 lasciando il posto al Tower Bridge.

Il Tower Bridge è oggi uno dei cinque ponti della capitale inglese passato sotto la proprietà e gestione della City Bridge Trust, un'associazione di beneficenza. Questo è l'unico dei ponti sotto la supervisione della CBT a non collegare la City alla riva di Southwark, dato che il ponte ha un'estremità posta sul distretto di Tower Hamlets.
Quest'opera di ingegneria vittoriana divenne in breve uno dei simboli della capitale britannica. Le sue torri, con le guglie e le passerelle di collegamento, sostengono il meccanismo che solleva il ponte durante il passaggio di grandi navi e in occasioni speciali.
Il ponte ospita The Tower Bridge Exhibition, un museo che ne illustra la storia attraverso percorsi interattivi; si può vedere da vicino anche il motore a vapore che costituì la fonte di energia del meccanismo fino al 1976, quando il sistema venne elettrificato. Il passaggio coperto, aperto al pubblico, offre una notevole vista sul fiume Tamigi.
Quando fu eretto, il ponte era alto 40 m e largo 60. Nel suo periodo di massimo splendore veniva aperto fino a cinque volte al giorno.
Ci sono quasi 300 gradini per raggiungere la cima delle torri anche se vi si può giungere per mezzo di un ascensore.

Il progetto
Il ponte è lungo circa 244 m (800 piedi) con due torri ciascuna di altezza pari a 65 m (213 piedi), costruite su dei pilastri. Il meccanismo che rende possibile il sollevamento del ponte fa in modo che le due piattaforme si aprano a formare un angolo di 83° per consentire al traffico fluviale di oltrepassare il ponte.
http://static.turistipercaso.it/image/l/londra/londra_j3eqe.T0.jpg Le due campate laterali sono dei veri e propri ponti sospesi, ciascuna lunga 82 metri (270 piedi), con le aste di sospensione ancorate in parte ai pilastri e in parte collocate in punti strategici uniti alle passerelle superiori al ponte. Tali percorsi pedonali raggiungono i 44 metri (143 piedi) di altezza dal livello del fiume quando c'è l'alta marea.
L'originale meccanismo di sollevamento era reso possibile grazie ai condotti attraverso cui scorreva acqua pressurizzata, conservata all'interno di capienti accumulatori idraulici. Il sistema fu progettato e in seguito installato dalla Hamilton Owen Rendel (sorta intorno al 1843) mentre era alle dipendenze della Sir W. G. Armstrong Mitchell & Company, con sede a Newcastle upon Tyne. L'acqua che attraversava i condotti era pompata dagli accumulatori idraulici grazie alla forza provvista dai motori a vapore.
http://inghilterra.ilreporter.com/files/2011/04/Il-Tower-Bridge-visto-dal-cielo-di-Londra-%C2%A9-Andrea-Lessona1-940x621.jpgNel lontano 1974, il precedente e ormai antico sistema originale è stato sostituito con uno a conduzione elettro-idraulica. Gli unici componenti della struttura originale sono i pignoni finali, grazie al cui esercizio delle cremagliere rendono possibile il sollevamento del ponte. Tali strumenti sono azionati da ingranaggi e motori moderni, mediante l'utilizzo di olio piuttosto che acqua come fluido idraulico. Una parte dei macchinari originali è stata mantenuta o migliorata per restare al passo coi tempi, ma non viene più usata. Questa sezione è aperta al pubblico, che ne è molto attratto, e costituisce una delle colonne portanti del museo all'interno del Tower Bridge, che include i motori a vapore, due degli accumulatori idraulici e soltanto uno dei motori originali sopravvissuti che dava la spinta al ponte. Anche tantissimi artefatti correlati sono esposti nel museo.
Il Tower Bridge resta ancora oggi una delle arterie principali della capitale londinese. Secondo una recente statistica, è stato calcolato che ogni giorno il ponte è attraversato da circa 40'000 persone.
http://www.bridgebackgrounds.com/backgrounds/24835/Tower%20Bridge,%20London,%20England.jpgData la frequenza con cui tale ponte è sfruttato dai londinesi e dai turisti, il governo londinese ha deciso di porre delle rigide limitazioni al fine di preservare l'integrità di tutta la struttura. È così che non si può violare il limite dei 32 km orari a bordo di un veicolo (20 miglia orarie) ed è vietato attraversare con un mezzo pesante più di 18 tonnellate. I sistemi di sicurezza (ovvero delle telecamere) consentono di monitorare la velocità del traffico e di spedire delle multe ai trasgressori dei limiti grazie ad un sofisticato sistema di riconoscimento delle targhe dei veicoli. Dei sensori sparsi lungo il ponte servono a calcolare alla buona il peso dei mezzi.
È stato stimato che il ponte si sollevi all'incirca 1000 volte all'anno, anche se negli ultimi tempi il traffico fluviale si è notevolmente ridotto. Si è anche diffusa la voce che si è fortunati a vedere il Tower Bridge aperto.
Nel 2000 vennero installati diversi sistemi all'avanguardia per far sollevare il ponte mobile anche a distanza. Tuttavia, questo metodo si è rivelato piuttosto inaffidabile, poiché il segnale poteva essere facilmente disturbato o messo alla prova dal maltempo, causando chiusure o aperture incomplete, come accaduto nel 2005. Questi sistemi sono stati poi rimpiazzati.

Rifacimenti dal 2008 al 2012
Nel mese di aprile del 2008 venne annunciato che il Tower Bridge avrebbe subito un rifacimento dal costo di circa 4 milioni di sterline, richiedendo all'incirca quattro anni per essere ultimato. Questo lavoro ha comportato la rimozione della precedente vernice, a tratti scomparsa o visibilmente corrosa, per una nuova tintura con i colori blu e bianco. Mano a mano che si procedeva con la nuova mano di vernice, ogni sezione veniva munita di impalcature e teli in plastica al fine di ridurre la quantità di vernice che cadeva nel fiume(talvolta a causa del vento) e che avrebbe potuto inquinare le acque.
metà del 2008 le imprese hanno lavorato su un quarto del ponte per minimizzare i disagi agli utenti e al turismo, ma inevitabilmente alcune strade hanno dovuto restare chiuse per un po'. Grazie alle moderne tecniche di conservazione, si stima che la vernice nuova resisterà all'azione corrosiva degli agenti atmosferici per almeno venticinque anni. Il rinnovamento degli interni delle passerelle sopraelevate è stato completato con successo nel giugno del 2009. Dentro di esse, oltre ai lavori di manutenzione, è stato aggiunto un nuovo sistema di illuminazione progettato da Eleni Shiarlis; questa nuova rete di illuminazione viene attivata soltanto se il Tower Bridge ospita una mostra o un evento in particolare.


Anfiteatro romano, Lecce

L' anfiteatro romano di Lecce è un monumento di epoca romana situato nel centro storico della città. Di incerta datazione, il teatro è assegnato al periodo augusteo.
 Il teatro romano di Lecce fu casualmente scoperto nel 1929, durante alcuni lavori eseguiti nei giardini di due palazzi storici della città (palazzo D'Arpe e palazzo Romano).L'anfiteatro misurava all'esterno 102 x 83 m, con l'arena di 53 x 34 m, e poteva contenere circa 25.000 spettatori.
Del monumento, realizzato in parte direttamente nella roccia e in parte costruito su arcate in opera quadrata, rimangono allo scoperto, oltre ad una parte dell'arena ellittica, intorno alla quale si sviluppano le gradinate dell'ordine inferiore, due corridoi anulari, uno che corre sotto le gradinate, l'altro, esterno, porticato, cui appartengono i numerosi e robusti pilastri, sui quali era imposto l'ordine superiore scandito, al pari di altri similari monumenti, dal Colosseo all'Arena di Verona, in una galleria di fornici.
L'arena, nella quale si tengono spettacoli teatrali e rappresentazioni sceniche di autori antichi e moderni, era divisa dalla cavea da un alto muro che era ornato da un parapetto (podium) adorno di rilievi marmorei a bauletto figuranti scene di combattimento tra uomini ed animali. Anche nel muro di divisione tra l'arena e la cavea si aprivano diversi passaggi di comunicazione col corridoio centrale ed un più angusto corridoio, scavato immediatamente dietro l'arena, era adibito ai servizi del monumento.Alla zona dell'orchestra, che era il luogo riservato all'evoluzione del coro, si accedeva mediante una stretta galleria coperta.
http://www.giannicarluccio.it/wordpress/wp-content/uploads/2012/08/LECCE-ANFITEATRO-ROMANO-copyright-foto-ING.-GIANNI-CARLUCCIO-10.jpgDavanti all'orchestra, pavimentata a lastre rettangolari di calcare bianco, si notano tre larghi gradini che girano a semicerchio sui quali venivano, all'occorrenza, collocati seggi mobili riservati ai notabili. Dietro i gradini è presente un muretto (balteus) e, dietro l'orchestra, oltre al canale destinato a raccogliere il sipario, è presente la scena (altezza dal piano dell'orchestra 0,70; profondità 7,70 m; larghezza 30 m).
D'incerta datazione, il monumento è assegnato al periodo augusteo, al quale apparterrebbero alcuni frammenti della decorazione fittile del balteus, mentre all'età degli Antonini si vuole risalgano le statue marmoree che adornavano il teatro. Attualmente tutti i reperti facenti parte del teatro romano di Lecce sono custoditi nell'adiacente museo omonimo.
Si suppone infine che il teatro fosse capace di ospitare un pubblico di oltre 5.000 spettatori, per il quale venivano rappresentate tragedie e commedie.
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sabato 2 agosto 2014

Basilica di Santa Croce, Lecce

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/ba/Puglia_Lecce3_tango7174.jpgLa basilica di Santa Croce è una chiesa del centro storico di Lecce, in via Umberto I. Insieme all'attiguo ex convento dei Celestini costituisce la più elevata manifestazione del barocco leccese. Ha il rango di basilica minore.
 Nell'area dell'attuale basilica, Gualtieri VI di Brienne aveva già fondato un monastero nel XIV secolo, ma fu solo dopo la metà del XVI secolo che si decise di trasformare l'area in una zona monumentale. Per reperire il terreno si requisirono case e proprietà degli ebrei, cacciati dalla città nel 1510. I lavori per la costruzione della basilica si prolungarono per due secoli, fra il XVI e il XVII secolo, e videro coinvolti i più importanti architetti cittadini dell'epoca.
La prima fase della costruzione, cominciata nel 1549, terminò entro il 1582 e vide la costruzione della zona inferiore della facciata, fino all'enorme balconata sostenuta da telamoni raffiguranti uomini e animali. La cupola venne completata nel 1590. Secondo lo storico dell'arte Vincenzo Cazzato questa prima fase vide l'emergere della personalità di Gabriele Riccardi. Una successiva fase dei lavori, a partire dal 1606, durante la quale vennero aggiunti alla facciata i tre portali decorati, è marcata dall'impegno di Francesco Antonio Zimbalo. Al completamento dell'opera lavorarono successivamente Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo. Al primo è dovuta la costruzione della parte superiore della facciata e dello stupendo rosone (vicino al quale è scolpita la data 1646), al secondo va probabilmente attribuito il fastigio alla sommità della struttura.

http://www.salentoviaggi.org/salento/lecce.jpgEsterno
La facciata è composta da sei colonne a fusto liscio che sostengono la trabeazione e suddividono la struttura in cinque aree. Il portale maggiore, costruito nel 1606, presenta coppie di colonne corinzie ed espone le insegne di Filippo III di Spagna, di Maria d'Enghien e di Gualtieri VI di Brienne. Sulle porte laterali sono esposti gli stemmi della Puglia e della Congregazione dei Celestini. La trabeazione è sormontata da una successione di telamoni raffiguranti figure grottesche o animali fantastici e allegorici che sorreggono la balaustra, ornata di tredici putti abbracciati ai simboli del potere temporale (la corona) e spirituale (la tiara).
http://www.alfiogarozzo.it/categoria-viaggi/puglia/lecce-particolare-della-facciata-della-basilica-di-s-croce-1632.jpgIl secondo ordine della facciata è dominato dal grande rosone centrale di ispirazione romanica. Profilato da foglie di alloro e bacche presenta tre ordini a bassorilievo. Il rosone è ben evidenziato da due colonne corinzie, che separano la zona centrale da quelle laterali in cui sono delle nicchie con le statue di san Benedetto e Papa Celestino V. Guardando il rosone, alla sua sinistra (esattamente alle ore nove), si nota l'autoritratto di Antonio Zimbalo. Agli estremi, a chiudere il profilo del secondo ordine, si ergono due grandi statue femminili, simboleggianti la Fede e la Fortezza. Il timpano, col trionfo della croce al centro, chiude superiormente la facciata.
Secondo Maurizio Calvesi e Mario Manieri Elia il complesso programma decorativo della facciata andrebbe connesso a una celebrazione della vittoria nella battaglia di Lepanto (1571) nella quale le potenze occidentali avevano avuto la meglio sull'Impero ottomano, con grandi benefici commerciali per la Terra d'Otranto. I telamoni vestiti da turchi alluderebbero ai prigionieri catturati dalla flotta veneziana durante la battaglia: la suddivisione delle spoglie catturate al nemico durante la battaglia di Lepanto avvenne infatti in Terra d'Otranto, in prossimità del santuario di Santa Maria di Leuca. Gli animali raffigurati sotto la balaustrata potrebbero invece alludere alle potenze cristiane alleate: il dragone era l'emblema dei Buoncompagni, famiglia alla quale apparteneva papa Gregorio XIII, il grifo simboleggerebbe Genova, l'Ercole il granduca di Toscana, etc.

Interno
La Basilica è a croce latina con cinque navate, di queste nel '700 le più esterne sono state assorbite dalle 7 cappelle in entrambi i lati.
Riccardi non essendo condizionato da ristrettezze topografiche ed economiche concepì un'aula più estesa in lunghezza che dilatata in larghezza, realizzando lo spazio tripartito delle navate come nelle basiliche romaniche, raccolto nei fondali di un lungo e profondo presbiterio, concluso ad abside polilobata e di 2 cappelle laterali.
Le volte delle navate sono sorrette da due ordini di colonne, in tutto 18, le prime due sono addossate alla parete esterna, le ultime quattro binate (2+2) delimitano il transetto e l'arco trionfale. 
http://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/02/2a/c3/b9/basilica-di-santa-croce.jpgLa struttura rispetta le regole stabilite dal Concilio di Trento: le colonne portanti della Basilica in numero di 12 erano chiaro riferimento agli apostoli; per quanto riguarda S. Croce rispecchiano le indicazioni conciliari se escludiamo le prime due che sostengono la parete esterna e le quattro binate che sostengono e delimitano i bracci minori della croce basilicale; le rimanenti dodici colonne hanno nella parte interna dei capitelli, scolpito il volto degli apostoli. 
Tutte hanno il fusto di m. 5,81, un diametro di 0,736 m, sono in calcare brecciforme delle cave che si trovano tra Lecce e Campi Salentina. A destra dell'ingresso si incontra l'unica colonna monolitica, costituita da un unico blocco di pietra. Tutti i capitelli sono corinzieggianti, al posto della tipica foglia di acanto hanno fiori, frutta, angeli, uccelli.
I capitelli delle colonne binate rappresentano i quattro Evangelisti attraverso la simbologia cristiana: il bue per San Luca, il leone per San Marco, l'evangelario per San Matteo, l'aquila per San Giovanni Evangelista.
Il transetto è delimitato da altre due colonne minori in corrispondenza delle navate esterne.
Alla parete destra, addossate altre sei colonne con capitelli ricolmi di frutta melograne, mele cotogne, uva inquadrano l'altare delle reliquie.
Alla parete sinistra cinque colonne delimitano la porta di accesso al chiostro, un tempo era luogo della statua che rappresentava Maria d'Enghien, trasportata dalla chiesa precedente, andato poi perso.

Struttura
La sistemazione della basilica nel XIX secolo fu molto contrastata dai critici. L'elaborata decorazione della facciata veniva vista come qualcosa di ridicolo e di pessimo gusto.
Nel XX secolo comincia un costante movimento di rivalutazione e vengono pubblicati numerosi studi sui complessi simbolismi della facciata. Attualmente la basilica è considerata uno dei capolavori architettonici della città.
I monaci celestini amministrarono convento e basilica fino alla soppressione dell'ordine nel 1807. Successivamente la chiesa rimase abbandonata e il palazzo annesso divenne sede di uffici pubblici. Anche attualmente il palazzo dei Celestini ospita gli uffici della prefettura e della provincia. La chiesa, dal 1833, è affidata all'Arciconfraternita della Santissima Trinità. https://c1.staticflickr.com/9/8264/8624175173_5bfb4574a3_z.jpg

Castello aragonese, Taranto

Il castello aragonese di Taranto (o castel Sant'Angelo), occupa con la sua pianta quadrangolare e il vasto cortile centrale, l'estremo angolo dell'isola su cui sorge il borgo antico della città.
Il primo nucleo del castello risale al 916, quando i Bizantini avviarono la costruzione della "Rocca" a protezione dagli attacchi dei Saraceni e della Repubblica di Venezia. Questa prima fortificazione era costituita da torri alte e strette, dalle quali si combatteva con lance, frecce, pietre, ed olio bollente. Nel 1481 fu realizzato un primo canale navigabile, più stretto dell'attuale e con sponde irregolari, per consentire il passaggio di piccole imbarcazioni e migliorare la difendibilità del castello. Nel 1486, Ferdinando II d'Aragona incaricò l'architetto e ingegnere militare Francesco di Giorgio Martini di ampliare il castello e di conferirgli l'attuale struttura, onde rimpiazzare la tipologia medievale delle torri concepita per la difesa piombante. L'utilizzo infatti dei cannoni in seguito alla scoperta della polvere da sparo, necessitava di torri larghe e basse, di forma circolare per attutire l'urto delle palle di cannone, fornite di rampe o scivoli che permettessero lo spostamento dei pezzi da una torre all'altra, nonché dotate di un ampio e robusto parapetto con specifiche aperture per le bocche da fuoco. La nuova fortificazione doveva comprendere sette torri, di cui quattro unite tra loro a formare un quadrilatero, e le rimanenti tre allineate lungo il fossato fino al Mar Piccolo. Le quattro torri furono intitolate rispettivamente a san Cristofalo, a san Lorenzo, alla Bandiera ed alla Vergine Annunziata.
http://www.yousapiens.it/tempolibero/Turismo-Puglia-e-Basilicata/admin/public/2482_taranto%20-%20castello_turismo%20puglia%20e%20basilicata.jpgIl primo castellano, poiché i fondi per ultimare la parte aragonese del castello (il quadrilatero) non erano sufficienti, impose in un primo momento il dazio sulla pesca, successivamente ingrandì il castello unendolo alla torre Sant'Angelo che fu costruita a spese del Comune. Le torri tonde e massicce del castello risultarono alla fine alte e larghe 20 metri, unite tra loro da cortine lunghe 40 metri e con 4 ordini di fuoco. Il castello era dotato di due uscite corrispondenti a due ponti levatoi. Sul fossato passava il ponte del Soccorso, che univa il castello alla zona che allora era campagna e che oggi viene denominata Borgo. Sul lato opposto invece, il ponte dell'Avanzata univa il castello con il borgo antico, sorpassando il fossato scavato per isolare la struttura dalla città.
Nel 1491 fu aggiunto sul lato rivolto al mar Grande il rivellino di forma triangolare tra la torre della Bandiera e la torre San Cristofalo. Il castello fu ultimato nel 1492, come risulta dall'incisione di una lapide murata sulla "Porta Paterna" insieme allo stemma degli Aragonesi inquartato con l'arma dei d'Angiò tripartita:
"Ferdinandus Rex Divi Alfonsi Filius Divi Ferdinandi Nepos Aragonius Arcem Ha(n)c Vetustate Collabente(m) Ad Im(pe)tus Tormentorum Substinene(n)dos Quae (Ni)mio Ferutur Spiritu In Ampliorem Firmioremq(ue) Formam Restituit Millesimo CCCCLXXXXII".
"Re Ferdinando aragonese, figlio del divino Alfonso e nipote del divino Ferdinando, rifece in forma più ampia e più solida questo castello cadente per vecchiaia, perché potesse sostenere l'impeto dei proiettili che è sopportato col massimo vigore - 1492.". http://static.wixstatic.com/media/2e01e9_15be383ba2e741158e072be8ca0ca7bd.jpg
Con gli Spagnoli, le difese furono rafforzate allargando il fossato e costruendo una nuova fortificazione con tre torri. Con l'arrivo degli Asburgo nel 1707, il castello perse la sua importanza come opera militare divenendo una dura prigione, ma con Napoleone Bonaparte ritornò alla sua funzione originaria. Nel 1883, una delle cinque torri che univano la cortina muraria, quella dedicata a Sant'Angelo, insieme alle torri Mater Dei, Monacella e Vasto del muro civico, furono demolite per fare posto all'attuale canale navigabile e al ponte girevole. I lavori furono ultimati nel 1887, anno in cui il castello diventa una sede della Marina Militare.
Cappella
http://www.italiavirtualtour.it/virtual_tours/puglia/taranto/vt/castello_aragonese_sec_XV/images/pano_altare_della_cappella.jpgAll'interno del castello, si può ammirare la cappella di San Leonardo, riconsacrata nel 1933 dopo essere stata adibita nel corso degli anni a corpo di guardia e stalla. Al suo interno si trovano due lastre in carparo addossate alle pareti, che rappresentano rispettivamente un santo vescovo ed un guerriero medievale armato. Si può notare inoltre lo stemma di Filippo II di Spagna. 
 Particolare è anche quella che fungeva da sala delle torture, la cui volta presenta un foro centrale attraverso il quale venivano amplificate e propagate le urla dei malcapitati, intimorendo psicologicamente gli altri prigionieri.
 http://archeotaranto.altervista.org/archeota/taras78/Pianta_Castello1.jpg

venerdì 1 agosto 2014

Castel Sant'Angelo, Roma

Castel Sant'Angelo (o Mole Adrianorum o "Castellum Crescentii" nel X-XII sec.), detto anche Mausoleo di Adriano, è un monumento di Roma, collegato allo Stato del Vaticano attraverso il corridoio fortificato del "passetto". Il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medioevale e rinascimentale situato sulla sponda destra del Tevere, di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant'Angelo) a poca distanza dal Vaticano, nel rione di Borgo.

http://www.tropicalisland.de/italy/rome/castel_sant_angelo/images/FCO%20Rome%20-%20Castel%20Sant%20Angelo%20entrance%20gate%203008x2000.jpg
 Iniziato dall'imperatore Adriano nel 125 quale suo mausoleo funebre, ispirandosi all'ormai completo mausoleo di Augusto, fu ultimato da Antonino Pio nel 139. Venne costruito di fronte al Campo Marzio al quale fu unito da un ponte appositamente costruito, il Ponte Elio. Il mausoleo era composto da una base cubica, rivestita in marmo lunense, avente un fregio decorativo a teste di buoi (Bucrani) e lesene angolari. Nel fregio prospiciente il fiume si leggevano i nomi degli imperatori sepolti all'interno. Sempre su questo lato si presentava l'arco d'ingresso intitolato ad Adriano, il dromos (passaggio d'accesso) era interamente rivestito di marmo giallo antico.
http://www.risparmioinviaggio.it/wp-content/uploads/2014/01/22405_rome_castel_sant_angelo.jpgAl di sopra del cubo di base era posato un tamburo realizzato in peperino e in opera cementizia (opus caementicium) tutto rivestito di travertino e lesene scanalate. Al di sopra di esso vi era un tumulo di terra alberato circondato da statue marmoree (ce ne restano frammenti). Il tumulo era, infine, sormontato da una quadriga in bronzo guidata dall'imperatore Adriano raffigurato come il sole posto su un alto basamento o, secondo altri, su una tholos circolare. Attorno al mausoleo correva un muro di cinta con cancellata in bronzo decorata da pavoni, due di essi sono conservati al Vaticano. All'interno pozzi di luce illuminavano la rampa elicoidale in laterizio rivestita in marmo che collegava il dromos alla cella posta al centro del tumulo. Quest'ultima, quadrata ed interamente rivestita di marmi policromi, era sormontata da altre due sale, forse anche esse utilizzate come celle sepolcrali. Il Mausoleo ospitò i resti dell'imperatore Adriano e di sua moglie Vibia Sabina, dell'imperatore Antonino Pio, di sua moglie Faustina maggiore e di tre dei loro figli, di Lucio Elio Cesare, di Commodo, dell'imperatore Marco Aurelio e di altri tre dei suoi figli, dell'imperatore Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e imperatori Geta e Caracalla.
http://www.castelsantangelo.com/img2/percorso1.jpgIl mausoleo ha preso il suo nome attuale nel 590. In quell'anno Roma era afflitta da una grave pestilenza, per allontanare la quale venne organizzata una solenne processione penitenziale cui partecipò lo stesso papa Gregorio I. Quando la processione giunse in prossimità della Mole Adriana, il papa ebbe la visione dell'arcangelo Michele che rinfoderava la sua spada. La visione venne interpretata come un segno celeste preannunciante l'imminente fine dell'epidemia, cosa che effettivamente avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare Castel S. Angelo la Mole Adriana e a ricordo del prodigio nel XIII secolo posero sullo spalto più alto del Castello un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi che secondo la tradizione sarebbero quelle lasciate dall'Arcangelo quando si fermò per annunciare la fine della peste.
http://www.sapere.it/mediaObject/photogallery/Speciali/itinerari-antica-roma/castel-sant-aneglo/resolutions/res-l655x10000/castel-sant-aneglo.jpgNel 403 l'imperatore d'Occidente Onorio incluse l'edificio nelle Mura aureliane: da quel momento l'edificio perse la sua funzione originaria di sepolcro diventando un fortilizio, baluardo avanzato oltre il Tevere a difesa di Roma.
Fu allora che il mausoleo venne indicato per la prima volta con l'appellativo di castellum. Salvò la zona del Vaticano dal sacco dei Visigoti di Alarico del 410 e dei Vandali di Genserico del 455. Allora per difendersi i romani scagliarono sugli assalitori tutto ciò che avevano a portata di mano, persino le statue: una di queste, il cosiddetto Fauno Barberini, sarà trovata più tardi nei fossati del fortilizio.
Agli inizi del XI secolo, venne adibito a prigione di Stato da parte di Teodorico.
Nella seconda metà del X secolo il castello passò in mano ai Crescenzi, e vi rimase per un secolo, durante il quale i Crescenzi lo rafforzarono al punto da imporre alla costruzione il loro nome: Castrum Crescentii. Con questo nome Castel Sant'Angelo verrà identificato a lungo, anche dopo il passaggio di proprietà ai Pierleoni e successivamente agli Orsini.
Niccolò III, papa di questa famiglia, considerata la fama di imprendibilità del castello e la sua vicinanza con la Basilica di San Pietro e il Palazzo Vaticano, decise di trasferirvi parzialmente la sede apostolica, allora nel Palazzo Lateranense, da lui giudicato poco sicuro. Per garantire una maggiore sicurezza al Palazzo Vaticano realizzò il celebre passetto, che costituiva il passaggio protetto per il pontefice dalla basilica di San Pietro alla fortezza.
Nel 1367 le chiavi dell'edificio vennero consegnate a papa Urbano V, per sollecitarne il rientro a Roma dall'esilio avignonese. Da questo momento Castel Sant'Angelo lega inscindibilmente le sue sorti a quelle dei pontefici: per la sua struttura solida e fortificata i papi lo utilizzeranno come rifugio nei momenti di pericolo, per ospitare l'Archivio e il Tesoro Vaticani, ma anche come tribunale e prigione.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwT0BSuwDTCaFNgr4I7gtsdz3kdr5dLZfJRjq7N4X3c2UTznsQCtltXzgBN0Rm8SGDoKz7kboSa81JzSO90eiZmI1a_g9Og0wjcHEsShX5SWj615RiFfoUbetlWNY6Be8hlBB8FiuPOHAg/s1600/DSCN0448.JPGNel 1379 il Castello venne quasi ridotto al suolo dalla popolazione inferocita contro la guarnigione francese lasciata a presidio del castello da Urbano V. A dare inizio alla ricostruzione fu nel 1395 papa Bonifacio IX che incaricò l'architetto militare Niccolò Lamberti di eseguire una serie di interventi di potenziamento della struttura difensiva del castello. L'ingresso al castello diventò possibile solamente attraverso un'unica rampa di accesso ed un ponte levatoio. Sulla sommità dell'edificio venne ricostruita la cappella dedicata a San Michele arcangelo.
Nei quattro secoli successivi si susseguono interventi e trasformazioni: Nicolò V (1447-1455) dotò il Castello di una residenza papale - la prima all'interno dell'edificio – e realizzò tre bastioni agli angoli del quadrilatero esterno. Inoltre provvide al rifacimento del Ponte Sant'Angelo, crollato in occasione della manifestazioni giubilari. Alessandro VI Borgia incaricò l'architetto Antonio da Sangallo il Vecchio di ulteriori lavori di fortificazione, in seguito ai quali l'edificio assunse il carattere di vera e propria roccaforte militare secondo le più aggiornate tecniche della "fortificazione alla moderna": furono costruiti quattro bastioni pentagonali, dedicati ai santi Evangelisti, che inglobarono le precedenti strutture realizzate sotto Niccolò V. Per garantire un maggiore controllo sulle vie di accesso al castello papa Alessandro VI fece poi innalzare un ulteriore torrione cilindrico all'imboccatura del Ponte e attorno alle mura fece scavare un fossato riempito con le acque del Tevere. I lavori voluti da Alessandro VI non furono diretti solo al potenziamento della struttura difensiva dell'edificio: il papa dotò il castello di un nuovo appartamento, che fece affrescare dal Pinturicchio e aggiunse giardini e fontane. Nel corso del suo pontificato Alessandro trasformò il castello, nel quale egli amava risiedere, in una sontuosa reggia dove organizzava banchetti, feste e spettacoli teatrali. Le cronache dell'epoca descrivono la dimora come lussuosa e sfarzosa ma oggi nulla rimane di essa, essendo stata demolita da Urbano VIII nel 1628 per far posto a nuove fortificazioni.
Le opere di fortificazione di Alessandro VI permisero, 32 anni dopo, a papa Clemente VII di resistere sette mesi all'assedio delle truppe di Carlo V, i famosi Lanzichenecchi, che il 6 maggio 1527 diedero inizio al sacco di Roma.
http://www.castelsantangelo.com/img2/percorso3.jpgClemente VII nel 1525 fece costruire la Stufa, come allora veniva chiamato il bagno privato: una piccola stanza affrescata con ornamenti profani: delfini, conchiglie, ninfe, amorini, personaggi mitologici, ancora oggi visitabile. Nella stanza si trovava anche una vasca nella quale l'acqua veniva versata da una bronzea Venere nuda, poi andata perduta.
Il sacco di Roma dimostrò l'utilità del castello ai papi, che intrapresero grandiosi lavori di adattamento e vi installarono una vera e propria residenza papale. Nel 1542 Paolo III fece ristrutturare il castello dagli architetti Raffaello Sinibaldi da Montelupo e Antonio da Sangallo il Giovane, dal 1520 architetto capo della fabbrica di San Pietro.
Tra il 1667 e il 1669 Clemente IX fece collocare dieci angeli in marmo sul Ponte Elio: da allora anche il ponte viene chiamato Sant'Angelo.
Nell'Ottocento il castello venne utilizzato esclusivamente come carcere politico, chiamato con il nome di Forte Sant'Angelo.
Dopo l'Unità d'Italia venne inizialmente impiegato come caserma, poi destinato museo. A questo scopo fu oggetto di lavori di restauro da parte del Genio dell'Esercito Italiano, sotto la guida del maggiore Mariano Borgatti, poi diventato il primo direttore del Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo inaugurato il 13 febbraio 1906. Per i meriti riconosciuti al suo operato di sovrintendente al restauro Borgatti venne promosso generale. In realtà i risultati dei lavori di restauro furono da molti giudicati piuttosto discutibili perché portarono ad una cancellazione dell'impronta bimillenaria del castello. I restauri del 1933-34 ripristinarono i fossati e i bastioni e sistemarono a giardino la zona tra la cinta quadrata e la struttura pentagonale.
http://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/03/2a/54/a9/palle-di-cannone.jpgAll'interno di Castel Sant'Angelo numerosi sono gli ambienti destinati al carcere, ancora oggi visitabili. La cella più malfamata era quella detta Sammalò o San Marocco, sul retro del bastione di San Marco. Il condannato vi veniva calato dall'alto e a malapena aveva spazio per sistemarsi mezzo piegato, non potendo stare né in piedi, né sdraiato. La cella era anticamente uno dei quattro sfiatatoi che davano aria alla sala centrale del Mausoleo di Adriano, dove si trovavano le urne imperiali, e che si affacciava sulla rampa di scale. Nel Medioevo era stato trasformato in segreta e qui era stato fatto un disegno dell'oscuro "San Marocco", poi storpiato in "Sammalò". Nel piano inferiore della costruzione semicircolare del Cortile del Pozzo, eretta da Alessandro VI, c'erano le celle riservate ai personaggi di riguardo. Qui tra il 1538 e 1539 fu detenuto Benvenuto Cellini. Nell'antica loggia superiore dell'appartamento pontificio di Paolo III è la Cagliostra, così chiamata perché nel 1789 vi fu tenuto prigioniero il celebre avventuriero Giuseppe Balsamo, detto conte di Cagliostro. Era una prigione di lusso destinata a detenuti di riguardo. Nelle celle di Castel Sant'Angelo vennero tenuti prigionieri, tra gli altri, gli umanisti Platina e Pomponio Leto, Beatrice Cenci, condannata a morte nonostante la giovanissima età e le attenuanti, e Giordano Bruno, oltre ai patrioti italiani durante il Risorgimento. A differenza di Benvenuto Cellini, molti illustri prigionieri di Castel Sant'Angelo vi persero la vita. Tanti di questi furono vittime dei Borgia. Tra di essi, il cardinale Giovanni Battista Orsini. Questi fu imprigionato in Castel Sant'Angelo con l'accusa di aver tentato di avvelenare papa Alessandro VI.  http://hefenfelth.files.wordpress.com/2012/05/angyalvar036.jpg
I processi venivano svolti nella Sala della Giustizia, le esecuzioni capitali generalmente eseguite fuori del castello, nella piazzetta al di là di Ponte Sant'Angelo, anche se numerose furono le esecuzioni sommarie all'interno del castello e nelle stesse carceri. Nella zona del cortile antistante la Cappella dei Condannati o del Crocifisso nell'Ottocento venivano eseguite le condanne a morte mediante fucilazione. A ogni esecuzione di una condanna capitale suonava a morto la Campana della Misericordia, sulla terrazza ai piedi della statua dell'Angelo.

Il nome
Fino al XI secolo è chiamato Adrianeum ed anche templum Adriani e templum et castellum Adriani, come nell'ardo Benedicti, in ricordo della sua origine voluta dall'imperatore Adriano nel 135 perché servisse da tomba imperiale per sé e i successori. Il ricordo di questi appellativi è nella dizione moderna di Mole Adriana.
Nel 359, Onorio lo include nella cinta muraria di Roma trasformandolo in una sorta di fortilizio per la difesa della città: data da allora l'appellativo di castellum.
Nel 974 se ne impadronisce Crescenzio, della famiglia di Alberico, che lo fortifica ulteriormente: perciò viene ribattezzato Castrum Crescentii. Questo nome durerà fino alla seconda metà del XV secolo, cedendo poi definitivamente il passo alla dizione attuale.
Nel VI secolo appare anche la denominazione castellum sancti Angeli, in ricordo della visione dell'arcangelo Michele rinfoderante la spada sulla Mole Adriana avuta da papa Gregorio Magno durante una solenne processione penitenziale per scongiurare la peste che infieriva su Roma, visione interpretata come presagio dell'imminente fine della peste, cosa che puntualmente avvenne.
http://roma.andreapollett.com/S1/ROMA-C71.JPGDall'XI secolo nelle bolle pontificie si usa la dizione mista Castrum nostrum Crescenzii e Castrum Sancti Angeli.
Nelle Chansons de geste è detto anche Torre oppure Palais Croissant, denominazione quest'ultima che è la traduzione di Crescentii ma che tradotto letteralmente significa "palazzo mezzaluna" curiosamente rimandando a quella pasta lievitata a due punte che accompagna in genere il "cappuccino", detta appunto in Francia "croissant" e dai romani "cornetto".
Prima dell'anno Mille i cronisti lo chiamano domus Theodorici ed anche carceres Theodorici perché Teodorico re d'Italia (493-526) lo adibì a prigione, funzione mantenuta anche sotto i papi e con il governo italiano, fino al 1901. 

Gli angeli
http://www.tickitaly.com/blog/wp-content/uploads/2011/03/rome-castel-sant-angelo.jpgPer commemorare l'avvenimento che ha dato il nome attuale alla struttura, la statua di un angelo corona l'edificio. In origine si trattava di una statua di legno che finì per consunzione; il secondo angelo, di marmo, fu distrutto nel 1379 in un assedio e sostituito nel 1453 da un angelo di marmo con le ali di bronzo. Questo angelo venne distrutto nel 1497 da un fulmine che fece esplodere una polveriera nel castello, e fu sostituito con uno di bronzo dorato che però nel 1527 venne fuso per farne cannoni. Infine fu la volta di una statua in marmo con le ali di bronzo di Raffaello da Montelupo risalente al XVI secolo e attualmente visibile nel Cortile dell'Angelo, e poi, nel 1753, arrivò l'attuale angelo in bronzo di Pierre van Verschaffelt, sottoposto a restauro tra il 1983 e il 1986.


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lunedì 28 luglio 2014

Arco di Costantino, Roma

L'arco di Costantino è un arco trionfale a tre fornici (con un passaggio centrale affiancato da due passaggi laterali più piccoli), situato a Roma, a breve distanza dal Colosseo. Oltre alla notevole importanza storica come monumento, l'Arco può essere considerato come un vero e proprio museo di scultura romana ufficiale, straordinario per ricchezza e importanza. Le dimensioni generali del prospetto sono di 21 m di altezza, 25,9 metri di larghezza e 7,4 m di profondità.
 L'arco fu dedicato dal senato per commemorare la vittoria di Costantino I contro Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre del 312) e inaugurato ufficialmente il 25 luglio del 315 (nei decennalia dell'imperatore, cioè l'anniversario dei dieci anni di potere) o nel 325 (vicennalia). La collocazione, tra il Palatino e il Celio, era sull'antico percorso dei trionfi.
L'arco è uno dei tre archi trionfali sopravvissuti a Roma, in via dei Fori imperiali: gli altri due sono l'arco di Tito (81-90 circa) e l'arco di Settimio Severo (202-203). L'arco, come anche quello di Tito, è quasi del tutto ignorato dalle fonti letterarie antiche e le informazioni che si conoscono derivano in gran parte dalla lunga iscrizione di dedica, ripetuta su ciascuna faccia principale dell'attico.
All'epoca della costruzione dell'arco, Costantino non aveva ancora "ufficializzato" la simpatia verso il Cristianesimo, nonostante la tradizione agiografica dell'apparizione della Croce durante la battaglia di Ponte Milvio; l'imperatore, che aveva dato libertà di culto alle popolazioni dell'Impero Romano nel 313, partecipò solo nel 325 al concilio di Nicea. Nonostante la discussa frase instinctu divinitatis ("per ispirazione divina") sull'iscrizione, è verosimile che all'epoca Costantino mantenesse perlomeno una certa equidistanza tra le religioni, anche per ragioni di interesse politico. Tra i rilievi dell'arco sono infatti presenti scene di sacrificio a diverse divinità pagane (nei tondi adrianei) e busti di divinità sono presenti anche nei passaggi laterali, mentre altre divinità pagane erano raffigurate sulle chiavi dell'arco. Significativamente però, tra i pannelli riciclati da un monumento dell'epoca di Marco Aurelio, vennero tralasciati nel reimpiego proprio quelli che si riferiscono al trionfo e al sacrificio capitolino (che oggi sono ai Musei Capitolini), raffiguranti quindi la più alta cerimonia della religione di stato pagana.
http://www.fotoeweb.it/roma/ArcodiCostantino/Foto%20Arco%20di%20Costantino%20Roma.jpgNel 1530 Lorenzino de' Medici venne cacciato da Roma per aver tagliato per divertimento le teste sui rilievi dell'arco, che vennero in parte reintegrate nel XVIII secolo.
Nel 1960, durante i Giochi della XVII Olimpiade di Roma, l'arco di Costantino fu lo spettacolare traguardo della leggendaria maratona vinta a piedi scalzi dall'etiope Abebe Bikila.
Sulla base di scavi condotti nelle fondazioni dell'arco, su uno dei lati, è stata proposta l'ipotesi che il monumento sia stato costruito all'epoca di Adriano e successivamente pesantemente rimaneggiato in epoca costantiniana, con lo spostamento in fuori delle colonne, il rifacimento dell'intero attico, l'inserimento del Grande fregio traianeo sulle pareti interne del passaggio centrale, e l'esecuzione dei rilievi e delle decorazioni riconosciute di epoca costantiniana, sia per mezzo della rilavorazione dei blocchi già inseriti nella muratura, sia con l'inserzione di nuovi elementi. All'originaria decorazione del monumento apparterrebbero dunque i Tondi adrianei. 
http://www.gliscritti.it/gallery3/var/albums/album_067/Arco%20di%20Costantino%20%20068.jpg?m=1303153785L'arco è costruito in opera quadrata di marmo nei piloni, mentre l'attico, che ospita uno spazio accessibile, è realizzato in muratura e in cementizio rivestita all'esterno di blocchi marmorei. Sono stati utilizzati indifferentemente marmi bianchi di diverse qualità, reimpiegati da monumenti più antichi, e sono stati riutilizzati anche buona parte degli elementi architettonici e delle sculture della sua decorazione. L'arco misura 21 metri di altezza (con l'attico), 25,70 di larghezza e 7,40 di profondità. Il fornice centrale è largo 6,50 metri e alto 11,45.
La struttura architettonica riprende molto da vicino quella dell'arco di Settimio Severo nel Foro Romano, con i tre fornici inquadrati da colonne sporgenti su alti plinti; anche alcuni temi decorativi, come le Vittorie dei pennacchi del fornice centrale, sono ripresi dal medesimo modello.
La cornice dell'ordine principale è costituita da elementi rettilinei di reimpiego (datati all'età antonina o primo-severiana), integrati da copie costantiniane per gli elementi sporgenti sopra le colonne, più accuratamente scolpiti sulla fronte che sui fianchi. Ancora di reimpiego sono i capitelli corinzi (sempre di epoca antonina), i fusti rudentati in marmo giallo antico e le basi delle colonne (capitelli e basi delle retrostanti lesene sono invece copie costantiniane, mentre i fusti delle lesene, probabilmente di reimpiego, sono stati quasi tutti sostituiti nei restauri settecenteschi). Di epoca domizianea, ma con rilavorazioni successive, è anche il coronamento di imposta del fornice centrale.
http://www.gliscritti.it/gallery3/var/albums/album_067/arco%20di%20costantino%20ii%20038.jpg?m=1303153671Di epoca costantiniana sono invece gli archivolti del fornice centrale e gli elementi lisci (coronamenti e zoccoli, fregio, architrave e basi dell'ordine principale, archivolti e coronamenti di imposta dei fornici laterali), che presentano spesso modanature semplificate e con andamento non precisamente allineato. 
Lo schema decorativo dei rilievi si può riassumere in breve così (per gli approfondimenti si rimanda ai paragrafi successivi):
  • Nella parte più alta (l'"attico") al centro dei lati maggiori compare un'ampia iscrizione, affiancata da coppie di rilievi dell'epoca di Marco Aurelio, mentre sui lati minori sono collocate lastre pertinenti ad un fregio di epoca traianea (di cui altre lastre si trovano nel passaggio del fornice maggiore). In corrispondenza delle sottostanti colonne sono presenti sculture a tutto tondo dei Daci, in marmo pavonazzetto, sempre di età traianea.
  • Al livello inferiore, sui lati principali, sopra i due fornici minori, sono collocate coppie di tondi risalenti all'epoca di Adriano, un tempo incorniciati da lastre di porfido. Sui lati minori allo stesso livello la serie dei tondi adrianei è completata con altri due tondi realizzati in epoca costantiniana.
  • Al di sotto dei tondi, è presente un lungo fregio a bassorilievo, scolpito sui blocchi in epoca costantiniana, che prosegue sia sui lati lunghi che su quelli corti.
  • Altri bassorilievi si trovano al di sopra degli archi (Vittorie e Fiumi) e sui plinti delle colonne.
I rilievi riutilizzati richiamano le figure dei "buoni imperatori" del II secolo (Traiano, Adriano e Marco Aurelio), a cui viene così assimilata la figura di Costantino a fini propagandistici: all'imperatore, impegnato a stabilire la legittimità della sua successione di fronte allo sconfitto Massenzio. Massenzio era stato dopotutto ben voluto a Roma, perché aveva esercitato il suo potere proprio dall'antica capitale, per questo Costantino si propose ideologicamente come il ripristinatore dell'epoca felice del II secolo d.C.
L'uso di materiale di recupero di monumenti antichi, che divenne abituale a partire proprio da questi anni, è probabile che fosse dettata, almeno nella scelta di cosa apporre sull'arco, secondo valori più simbolici che pratici: si presero "citazioni" degli altri imperatori molto amati, le cui teste vennero rilavorate per dare loro le sembianze di Costantino, che si proponeva quindi come loro diretto erede. Nello scolpire le nuove teste (oggi in gran parte sostituite nei restauri settecenteschi, con alcune lacune come nei pannelli aureliani) alcune vennero dotate del nimbus (l'antenato dell'aureola), come mostrano alcune tracce superstiti, a simboleggiare l'enfasi posta sulla maiestas imperiale (più tardi sarebbe diventato un simbolo di santità cristiana). Può darsi che nei quattro tondi adrianei con scene di sacrificio le teste raffigurassero anche Licinio o Costanzo Cloro.
I rilievi si dispongono, insieme a quelli appositamente eseguiti all'epoca, in modo simmetrico sulle due facciate (nord e sud) e sui due lati corti (est ed ovest) dell'arco. Come tipico negli archi romani decorati da rilievi, sulla facciata esterna (a sud) prevalgono scene di guerra, mentre sulla facciata interna (a nord), rivolta verso la città, scene di pace.