sabato 8 giugno 2013

Palazzo del parlamento, Dhaka , Bangladesh

Palazzo del parlamento, Dhaka  

Gli enormi occhi che sagomano le pareti di mattoni sembrano osservarci. Nel silenzio maestoso che enormi cubi, cilindri e sfere ritagliano sull’acqua, sembra che qualcuno ci stia spiando. Siamo in Asia, eppure sembriamo all’interno di un carcere piranesiano, con le sue enormi calotte, le gigantesche colonne e le scale che s’intersecano senza condurre da nessuna parte. O, forse, sembriamo abitanti di una di quelle architetture della mente disegnate dall’immaginifico Maurits Cornelis Escher. Invece no. Le sublimi foto ritraggono i volumi puri e solitari del Parlamento di Dacca, la capitale del Bangladesh. E mostrano il tratto inconfondibile dell’architetto Louis I. Kahn.
Sono spazi assoluti quasi gigantesche e silenziose rovine che ricordano la città morta, perfettamente edificata, di Fatehpur Sikri in India. Siamo in Bangladesh, ma pure qui gli archetipi dell’architettura romana sono arrivati. L’architettura nata in Italia — da quella di Roma a quella del Palladio — è stata globale prima della globalizzazione. Con i suoi archi a tutto sesto, le volte, la simmetria e la proporzione ha conquistato il mondo.
L’architettura di Dacca è un’architettura d’autore e una sfilata di archetipi: quadrato, cerchio, capanna, dedalo… Rimanda all’etimologia della parola «architettura», che racchiude l’idea di un ideatore come «primo tra i tecnici» e di archetipo.
Certo, nella storia, l’architettura è stata diverse cose: un’arte che imita la natura, una tecnica che si oppone alla natura, creazione che può cedere alle seduzioni del gesto, disciplina che organizza spazi per la società. Ma può anche essere l’espressione dell’ancorarsi a qualcosa che affonda in radici che non possono essere sradicate. L’architettura di Kahn è di questo tipo: è architettura che Piranesi avrebbe chiamato «romana» e «magnificente».
L’architetto vive nell’ossessione delle forme pure. Lo rivelano i suoi schizzi di viaggio . Sulla base dei quali, nel 1962, Kahn (1901-1974), americano di origine ebraica, progettò Dacca. Kahn non si liberò mai dall’ossessione per la monumentalità. Si sente erede degli architetti rivoluzionari dell’Illuminismo francese e dei pensionari di Villa Medici che disegnavano il Pantheon e il Settizonio.
L’edificio dell’Assemblea Nazionale è il più importante della Città della politica, progettata da Kahn Dacca, per la capitale del Bangladesh. I volumi in mattoni sono forme geometriche elementari basate sul rettangolo, il cerchio, il triangolo. I grandi parallelepipedi contengono gli uffici. Al centro della costruzione si erge, più alta, la Sala dell’Assemblea, cioè il Parlamento.
L’opera architettonica di Kahn è caratterizzata da cinque elementi costanti: il senso della composizione dei volumi; l’uso di materiali naturali; lo spazio come essenza dell’architettura; la luce come elemento di progetto; l’architettura come insieme di rapporti.
L’architettura di Kahn va oltre la razionalità funzionale del Movimento Moderno, per cercare una particolare forza espressiva nella geometria dei volumi, essenziali e assoluti come quelli di molte opere della Minimal Art.
Ciò che più caratterizza l’architettura di Kahn sono i suoi volumi imponenti e nitidi, perfettamente geometrici fi no ad apparire astratti. I solidi muri esterni creano un complesso chiuso. Le poche aperture sono enormi tagli circolari o triangolari.
 Nelle mani di Kahn il mattone ha ricevuto una nuova vita: abbinato al cemento armato, ha dato all’edifi cio un’immagine che unisce tradizione e razionalità costruttiva.
 I volumi sono intersecati dallo spazio. L’ingresso al palazzo è segnato dalla grande fessura verticale al centro del complesso di edifici.
I blocchi nitidi creano ombre nette che mettono in evidenza la geometria dei volumi.

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