Dubai, ecco l'isola a forma di palma

Le Palm Islands sono tre isole artificiali, Palma Jumeirah, Palma Jebel Ali e Palma Deira, antistanti Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Il Pantheon della Roma antica

All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda.

Casa Batllò, Barcellona

Considerata una delle opere più originali del celebre architetto catalano Antoni Gaudí , l'edificio è stato dichiarato, nel 2005, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Giza e le sue Piramidi

Giza deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto.

I trulli pugliesi

I Trulli di Alberobello sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Villa Adriana, Tivoli

Costruita a partire dal 117 d.C. dall’imperatore Adriano, è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell’antichità romana.

Mediateque di Toyo Ito, Sendai

Toyo Ito: quando la comunicazione è come la luce.

lunedì 4 agosto 2014

Sfinge di Giza

http://www.hotellasfinge.com/slide/curiosita01.jpgLa Sfinge di Giza è una statua, situata nella Necropoli di Giza, raffigurante una sfinge (essere mitologico con volto umano e corpo di leone accovacciato).
È la più grande statua monolitica tra le sfingi egizie: lunga 73,5 metri, alta 20,22 metri e larga 6 metri di cui solo la testa è 4 metri. Il monumento probabilmente fu ricavato da un affioramento di roccia durante la costruzione delle piramidi di Giza. Stranamente la Grande Sfinge è un monumento isolato, quando, invece, le sfingi successive erano poste in coppia per proteggere l’ingresso di un edificio. In teoria poteva essere scolpita un'altra grande sfinge; infatti, poco distante, a sud, nell’altopiano si erge un’altra collinetta di roccia, ma in pratica non è stato così, forse a causa della troppa distanza.Pare sia stata creata attorno al 2500 a.c.al tempo del faraone Chefren (2520-2494 a.C). 
http://www.fauser.edu/fau/egitto/EgittoWebImages/Sfinge.jpg La Grande Sfinge fu realizzata scolpendo la pietra viva, mentre alcune parti sono state costruite o riparate con l’aggiunta di blocchi di roccia tagliati. Tuttavia lo strato roccioso varia all’interno del monumento. La struttura geologica fu analizzata a metà degli anni ottanta del ventesimo secolo, durante i lavori di Lehner e Hawass, dal geologo K. Lal Gauri dell’Università di Louisville, nel Kentucky. Il risultato fu che il monumento era composto da tre diversi strati rocciosi:
  1. lo strato inferiore del corpo è di pietra calcarea dura ma fragile, di origine più antica;
  2. lo strato mediano, che comprende il nucleo della Sfinge, migliora salendo verso l’alto, ma è in media di pessima qualità; per questo sono presenti numerose crepe;
  3. lo strato superiore, che comprende la testa della Sfinge e il collo, è formato da pietra calcarea dura, che diventa sempre più pura nella testa, permettendo di preservarla meglio nel tempo. 
Testa
Nonostante il tipo di pietra utilizzato per la testa della Sfinge sia di qualità migliore del corpo, il volto è la parte più danneggiata del monumento. La causa, tuttavia, non è solamente da attribuire al deterioramento naturale ma anche all’azione dell’uomo. Infatti, il naso è stato completamente rimosso, mentre la bocca e gli occhi sono stati gravemente danneggiati. Contrariamente a quanto alcuni pensano, il naso della Sfinge non fu distrutto in epoca napoleonica, ma nel XIV secolo, ovvero in epoca ottomana, ad opera dei Mamelucchi dello sceicco Saim-ed-Dahr per motivi di fanatismo islamico, come scrisse lo storico arabo El-Makrizi.
http://www.gigalresearch.com/it/images/sfinge04.jpgIl dubbio e la credenza che siano stati i soldati di Napoleone i colpevoli, scaturì dal fatto che nel 1804, Mayer, proprio a seguito della spedizione Napoleonica, pubblicò vedute dell'Egitto, tra le quali una riproducente la Sfinge con il naso al suo posto. Ma possediamo altre immagini, risalenti al 1737, di Frederick Lewis Norden che già mostrano il colosso privo del naso. Per quanto riguarda la datazione, la testa della Sfinge è sicuramente stata realizzata durante la IV dinastia dell’Antico Regno (2620 a.C.-2500 a.C.).
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d9/Great_Sphinx_with_Stelae.jpgL'identificazione del volto raffigurato, invece, desta molti dubbi. Inizialmente era stato attribuito a Chefren, sovrano della IV dinastia egizia (2560 a.C. – 2540 a.C.). Mark Lehner ha mostrato con modelli al computer, che sovrapponendo il volto della Sfinge alla statua del faraone Chefren la somiglianza era evidente. Tuttavia il risultato di Lehner è stato confutato dalla ricostruzione facciale del detective Frank Domingo della polizia di New York. Secondo recenti studi la statua rappresenterebbe, invece, Cheope, secondo sovrano della IV dinastia (2595 a.C. – 2570 a.C.), e la sua costruzione sarebbe da attribuire al figlio Kheper, a lui succeduto prima di Chefren dal 2570 a.C. al 2560 a.C. In conclusione, dopo numerose ricerche non c’è ancora un’ipotesi inconfutabile, anche se l’archeologia ufficiale continua ad attribuire il volto della Sfinge a Chefren.

Legenda
Uno dei misteri della Sfinge, alimentato dalle leggende popolari, è certamente la presenza di passaggi nascosti al suo interno. Attualmente è nota l'origine di uno di essi soltanto: un breve varco senza uscita dietro la testa, effettuato nel XIX secolo da John Shae Perring e Howard Vyse durante la ricerca di una camera segreta all’interno del corpo. L'ipotesi che all’interno del monumento ci siano camere nascoste non ha riscontri scientifici anche se gli ultimi scavi del 2007 hanno rilevato la presenza di una fitta rete di cunicoli.
La stanza dei registri è una mitica biblioteca sepolta sotto la sfinge di Giza, che secondo alcuni conterrebbe tutta la conoscenza degli antichi Egizi su rotoli di papiro, oltre alla storia del perduto continente di Atlantide.

Necropoli di Giza
http://digilander.libero.it/lorisbagnara/ricerche/articoli/001_geometria_giza/geometria_giza_file/geometria_giza_fig03.gifLa Grande Sfinge è parte integrante dell'ampio complesso funerario di Chefren e si trova lateralmente alla rampa processionale che conduce dal tempio a valle alla Piramide di Chefren a Giza.
Il corpo della Sfinge è posto su una piattaforma di pietra ed è circondato da un recinto roccioso a forma di U, realizzato durante gli scavi per la realizzazione del monumento ricavato con la roccia presente all’interno dell' avvallamento del recinto ed è per questo che esso ha la stessa pessima qualità di pietra.
File:Kahfre valley sphinx.svgInoltre essendo infossata, la sfinge, era soggetta, in passato, ad essere sepolta dalle sabbie del deserto, erosa dalle infiltrazioni d'acqua piovana e dall'aumento della falda freatica dovuta alle esondazioni del Nilo. 
A est della Sfinge sorgono due templi, uno di fronte alle zampe posteriori, battezzato come Tempio della Sfinge, mentre l’altro, il Tempio a valle di Chefren, si trova accanto al primo in direzione sud. Entrambi sono stati costruiti con la medesima roccia del corpo della Sfinge, e per questo sono gravemente danneggiati dall’erosione. Quando fu rinvenuto il Tempio a valle di Chefren, l’ipotesi che la Grande Sfinge fosse stata realizzata dopo la costruzione delle piramidi di Cheope e Chefren ebbe una nuova prova. Infatti, il Tempio era collegato alla Piramide di Chefren tramite una via di accesso in pietra calcarea, che era fornita di canali di drenaggio per l’acqua piovana e, sul lato settentrionale, di un grande fosso, che è tagliato in un angolo del recinto della Sfinge e bloccato con pezzi di granito, per non far defluire l’acqua nel sito. Inoltre il ritrovamento sul lato nord del recinto di tombe appartenenti all'epoca di Cheope e Chefren, avvalora l’ipotesi della realizzazione del monumento durante il loro regno o per lo meno non prima.

Erosione
A causa della pessima qualità di pietra calcarea utilizzata, il corpo della Sfinge è la parte più danneggiata dall'erosione naturale.
Il collo e la parte inferiore del copricapo, oggi mancante, hanno subito per secoli il danneggiamento provocato dalle folate di sabbia, quando il corpo era completamente sommerso dalla sabbia del deserto. Dal collo in giù, l'erosione non fu provocata solo dalla sabbia, poiché la qualità di pietra utilizzata era talmente pessima, che cominciò a deteriorarsi fin dalla costruzione del monumento. Infatti, sono presenti numerose crepe lungo il corpo, che sono datate al tempo della formazione della pietra calcarea stessa. A causa del persistente deterioramento, nel corso del tempo sono state compiute moltissime riparazioni.
Negli anni ottanta numerosi egittologi e geologi, tra cui soprattutto K. Lal Gauri, Mark Lehner e Z. Hassan, hanno studiato la condizione odierna di erosione della Sfinge. Il risultato fu la scoperta che il deterioramento del corpo era causato dal fenomeno di condensa notturna, assorbito per azione capillare, con evaporazione mattutina, che provoca la cristallizzazione dei sali nei pori della roccia e l’erosione in seguito all’espansione dei cristalli. Questo fenomeno è ancora attivo e può avvenire anche sotto strati di sabbia: per questo l'erosione del monumento è continuata nonostante fosse ricoperto dalla sabbia per moltissimi secoli.
Sul corpo della sfinge sono presenti evidenti segni di erosione dovuti all'esposizione continua all'acqua piovana, ipotesi accettata dalla comunità scientifica. L'egittologia ufficiale non sa come spiegare questo fatto, considerando che le ultime piogge in grado di sortire tali effetti nella regione di Giza risalgono alla fine dell'ultima glaciazione.
Ma le piogge non smisero di cadere con l'ultima glaciazione, e le precipitazioni avvennero intense e in più periodi fino a circa il 3.000 a.C. determinando quello che viene definito il periodo neolitico umido.
Si è tentato anche di spiegarne la causa con le esondazioni del Nilo, ma i segni dell'erosione presenti, che presentano un'erosione più marcata in alto e meno marcata in basso, sono incompatibili con quelli che causerebbe un'erosione dovuta all'acqua del fiume, che causerebbe segni di erosione più evidenti alla base della statua.
http://www.memphistours.com/files/large/997138358_Suoni%20e%20Luci.jpg

Moschea dello Scià, Iran

La moschea dello Scià (in persiano: Meidān Naqsh-e jahān, مسجد شاه) è la principale moschea di Isfahan. http://www.voir.it/wp-content/uploads/2013/08/651-iran.jpg
Eretta nel 1629 al lato sud di Piazza Naqsh-e jahàn, una delle piazze più grandi del mondo, il cui complesso è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità nel 1979.
Costruita durante il periodo Safavide, l'edificio è un eccellente esempio di architettura islamica dell'Iran e dell'arte islamica in generale. La moschea è riconosciuta come uno dei più grandi capolavori dell'architettura persiana.
http://www.homeandawayviaggi.com/upload/documenti/Jame20Masjid20Yazd20Iran-522591.jpgCon la caduta dello Scià di Persia nel 1979 e l'istituzione della Repubblica islamica dell'Iran (vedi Rivoluzione islamica), la moschea dello Scià è stata ribattezzata moschea dell'Imam, con riferimento all'imam leader della rivoluzione Ruhollah Khomeyni.
 La moschea fu voluta dallo Shah Abbas I, che nel 1611 ne ordinò l'inizio dei lavori. A quel tempo lo Scià aveva già compiuto 52 anni, per permettergli di vedere compiuta la sua opera si introdusse per la prima volta in Iran la tecnica delle piastrelle già dipinte da assemblare poi secondo il modello prestabilito. Tale scelta fu determinante, infatti le tecniche tradizionali disponibili erano complessi mosaici realizzati con milioni di singole piastrelle, o le decorazioni sono dipinte direttamente sulle pareti (proprio il palazzo di Ali Qapu, sul lato ovest della piazza, possiede decorazioni di questo tipo).
Tramite questa innovazione già nel 1629 (18 anni dopo dall'inizio dei lavori) la moschea fu praticamente terminata, benché i lavori si protrassero fino al 1638.
La pianta asimmetrica della moschea è dovuta a un doppio allineamento: il portale è orientato verso la piazza, la moschea invece in direzione della Mecca. http://cdn2.stbm.it/zingarate/gallery/foto/spagna/i-palazzi-piu-belli-del-mondo/moschea-dello-scia-isfahan.jpeg?-3600
Il portale dell'edificio è alto 27 metri ed è affiancato da due minareti di 42 metri. Tutte le mura dell'edificio sono decorate con tessere di mosaico di sette colori con un notevole effetto ottico.
La porta di accesso, in legno ricoperto da strati di oro e argento, è decorato con alcuni poemi scritti in caratteri calligrafici nasta'liq. La moschea è dotata di 4 iwān o mihrab, dei quali il più grande è quello che indica la direzione della Mecca. Dietro di esso si apre uno spazio ricoperto dalla più grande cupola della città, alta 52 metri.

Moschea blu, Istanbul

La Sultanahmet camii o Sultan Ahmet camii , è una delle più importanti moschee di Istanbul.
http://images.placesonline.com/photos/41426_istanbul_moschea_blu.jpgDopo la pace di Zsitvatorok e gli sfortunati risultati della guerra con la Persia, il sultano Ahmed I decise di costruire una grande moschea a Istanbul per placare Allah. Questa fu la prima moschea imperiale costruita ad Istanbul dopo la moschea di Solimano, eretta quarant'anni prima. Mentre i suoi predecessori innalzarono moschee con il proprio patrimonio personale, Ahmet I utilizzò denaro pubblico, dal momento che non aveva ottenuto consistenti vittorie militari, provocando il dissenso degli ulema. La moschea fu edificata su parte del sito del Gran Palazzo di Costantinopoli, di fronte ad Hagia Sophia (a quel tempo la più venerata moschea di Istanbul) e all'ippodromo, un altro sito di grande valenza simbolica. La costruzione della moschea iniziò nel 1609: lo stesso sultano diede avvio ai lavori. Era, infatti, sua intenzione che questa moschea divenisse il luogo di culto più importante dell'Impero. Scelse per sovraintendere ai lavori il suo architetto Sedefkar Mehmet Ağa, prima allievo e poi assistente di Sinan. L'organizzazione della costruzione fu meticolosamente descritta in otto volumi ora conservati nella biblioteca del Topkapi.
http://blog.tripwolf.com/it/blog/wp-content/uploads/2011/02/moschea-blu-notte.jpgLa cerimonia di apertura avvenne nel 1617 (benché il cancello della moschea ricordi l'anno precedente) e il sultano poté pregare nel proprio spazio (hünkâr mahfil). I lavori di completamento si conclusero sotto il successore di Ahmet Mustafa I.
http://www.willgoto.com/images/Size3/Turkey_Istanbul_Blue_Mosque_bda42ec9f1744e5c863759d8d97c0e5d.jpg L'immagine della moschea venne stampata sulle banconote da 500 lire in corso negli anni 1953-1976.
Universalmente è conosciuta come la Moschea Blu. Il suo nome deriva dalle 21.043 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola. È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di İznik (l'antica Nicea), decorato in toni che vanno dal blu al verde. Rischiarate dalla luce che filtra da 260 finestrelle, conferiscono alla grande sala della preghiera un'atmosfera suggestiva quanto surreale. La Moschea Blu, che risale al XVII secolo, è anche l'unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea della Ka'ba, alla Mecca, che ne ha sette. Tale particolarità architettonica è dovuta, secondo una storia popolare, ad un fraintendimento: l'espressione delle manie di grandezza del sultano Ahmed I, non potendo eguagliare la magnificenza della moschea di Solimano né quella di Hagia Sophia, non trovò soluzione migliore per cercare di distinguerla che i minareti in oro; L'architetto fraintese però le parole del sultano, capendo "altı" (in turco "sei") anziché "altın" (oro).  Il sultano aveva una loggia privata a piano superiore, che poteva essere raggiunta direttamente a cavallo.

 Consigli
  • L’ingresso ai non musulmani è permesso entrando dal cortile che si affaccia sull’Ippodromo tutti i giorni tranne durante gli orari di preghiera che mutano a seconda della posizione della luna.
  • E’ obbligatorio lasciare le proprie scarpe fuori dalla moschea, negli appositi ripiani: portate con voi un paio di calzini per girare in tranquillità.
  • Ricordatevi sempre che siete all’interno di un luogo di culto: massima discrezione e rispetto del silenzio.
  • Le donne sono invitate a coprirsi il capo con scialle o foulard.
  • La vista migliore della moschea la potete avere entrando dal cortile dalla parte dell’Ippodromo: vi si aprirà uno scorcio assolutamente sublime, soprattutto al tramonto quando la pietra si ammanta di un delicato color miele.
  • Vi consigliamo di tornare anche durante le ore notturne: le luci e il vivace via dei fedeli unito al color cobalto del cielo vi lasceranno senza fiato.
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Torre di Betlemme, Lisbona

http://www.weagoo.com/uploads/card/18439-clipboard01.jpgLa torre di Betlemme o, più correntemente, torre di Belém (in portoghese: torre de Belém) o "torre di San Vincenzo" è una torre fortificata situata nella freguesia di Santa Maria de Belém, nel comune di Lisbona, in Portogallo. Si tratta di un patrimonio mondiale dell'UNESCO (insieme al vicino Monastero dei Jerónimos), simbolo e memoria del ruolo importante che il Portogallo ha giocato nell'era delle grandi esplorazioni. La Torre fu commissionata dal re Giovanni II come parte di un sistema di difesa alla foce del fiume Tago e come porta cerimoniale di Lisbona. La torre fu costruita nei primi anni del XVI secolo ed è un esempio lampante dello stile manuelino portoghese, ma incorpora anche accenni di altri stili architettonici. La struttura è composta da un bastione di 30 metri con quattro torri.
http://static.turistipercaso.it/image/o/o/dscn0590_37564_sfsnt.T0.jpg Nel tardo XV secolo, il Re Giovanni II ha progettato un sistema di difesa per la foce del fiume Tago, con la costruzione della Fortezza di Cascais e della Fortezza São Sebastião di Caparica sul lato sud del fiume. Questi forti non coprivano completamente la foce del fiume e una maggiore tutela era necessaria. Re Giovanni II progettò la torre per completare il sistema difensivo e il re Manuel I terminò la costruzione della torre dopo la morte di re Giovanni II. 
Prima del completamento della torre, la Nau Grande (1100 tonnellate di stazza), ancorata nell'estuario, era stata utilizzata per integrare le difese con le sue bocche da fuoco. La costruzione della torre ha completato il sistema di difesa e fu terminata negli ultimi cinque anni del regno di Manuel. La torre fu costruita tra il 1515 e il 1521 dall'architetto militare Francisco de Arruda e da Diogo de Boitaca, che era anche il primo architetto del vicino monastero dei Jerónimos, partecipando anche alla decorazione della Torre. Questa è stata dedicata al santo patrono di Lisbona, San Vincenzo. Diverse guide sostengono che la torre è stata costruita nel bel mezzo del fiume Tago e ora siede vicino alla riva dopo il terremoto del 1755 che avrebbe deviato il corso del fiume. Ma altri riferimenti, che comprendono sia il ministero portoghese della Cultura che l'Istituto del patrimonio architettonico, affermano che in origine la torre sorgeva su di una piccola isola rocciosa vicino alla riva del Tago, di fronte alla spiaggia di Restelo. Poiché il litorale si è progressivamente spostato verso sud nel corso degli anni, la torre è ormai quasi sulla stessa riva del fiume. http://www.failcaffe.it/wp-content/uploads/2012/09/erasmus-lisbona-2012-2013_172.jpg

Porta di Brandeburgo, Berlino

http://www.cfpupt.it/sites/default/files/Berlino_ArcoDiTrionfo.jpgLa Porta di Brandeburgo è una porta neoclassica di Berlino. Si trova fra i quartieri di Mitte e Tiergarten.
È il monumento più famoso di Berlino ed è conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città stessa e della Germania.
http://www.lsgobetti.it/Viaggi_Istruzione/Berlino_gita/Berlino_Porta_Brandeburgo.jpgVenne costruita a partire dal 1788 ed aperta al traffico il 6 agosto del 1791 da Carl Gotthard Langhans che prese spunto dalla ricostruzione dei Propilei di Atene pubblicata da Leroy nel "Ruines des plus beaux Monuments de la Grèce" nel 1758. Lo stile utilizzato da Langhans è definibile come dorico-romano semplificato, infatti alla base delle colonne sono presenti delle basi e alla fine del fregio compaiono mezze metope, in contrasto con lo stile dorico che prevede colonne senza basi e la parte terminale del fregio risolta con un triglifo. Essa costituisce il punto finale occidentale del viale Unter den Linden presso la Pariser Platz. La porta è alta 26 metri e larga 65. Le colonne doriche in pietra, che a terra hanno un diametro di 1,75 metri, creano 5 punti di passaggio.
Dopo l'abbattimento delle mura cittadine, Johann Heinrich Strack aggiunse nel 1968 ai lati della costruzione centrale due basse costruzioni.
La quadriga, vista notturna
La quadriga sulla sua sommità fu creata nel 1794 da Johann Gottfried Schadow. Napoleone I la trasportò nel 1807 a Parigi, come bottino di guerra. Nel 1814 i prussiani la riportarono indietro, ed aggiunsero la croce di ferro alla corona che sormonta l´asta in mano alla dea della pace.
Durante la Guerra Fredda si trovava a Berlino Est vicino al muro che divise Berlino dal 1961 al 1989.
La costruzione e la quadriga vennero seriamente danneggiate durante la seconda guerra mondiale e restaurate tra il 1956 ed il 1958. Gli stampi originali della quadriga si trovavano fortunatamente ancora nel deposito della fonderia Noack a Berlino ovest. I resti del Muro di Berlino e dei vari sbarramenti nelle vicinanze della porta vennero a mano a mano completamente demoliti. La notte di capodanno del 1989 la quadriga venne di nuovo danneggiata, ma già nel 1991 vennero terminati i lavori di restauro. Attualmente è raffigurata su alcune monete (10, 20 e 50 cent di euro) emesse dalla zecca tedesca. Nel 1963, quando il presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy visitò la porta di Brandeburgo, i sovietici appesero grandi striscioni rossi su di essa per impedirgli di guardare ad Est. Negli anni ottanta, denunciando l'esistenza di due Stati tedeschi, il sindaco di Berlino Ovest Richard von Weizsäcker disse: «La questione tedesca è aperta fino a quando la porta di Brandeburgo resterà chiusa».
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Ponte Vecchio, Firenze

http://www.florenceparking.it/wp-content/uploads/2013/04/Viabilit%C3%A0-in-zona-ponte-vecchio-a-firenze.jpgIl Ponte Vecchio è uno dei simboli della città di Firenze ed uno dei ponti più famosi del mondo. Attraversa il fiume Arno nel suo punto più stretto, dove nell'antichità esisteva un guado.
 Il primo attraversamento sull'Arno doveva trovarsi leggermente più a monte dell'odierno ponte, sulla prosecuzione del cardo maximo delle attuali via Roma-via Calimala, ovvero nell'attuale piazza del Pesce. Doveva risalire a poco dopo la fondazione della città, ovvero alla metà del I secolo a.C., e avere un andamento obliquo rispetto alla corrente, per meglio sostenere la spinta delle piene. Sondaggi effettuati nell'alveo del fiume alla fine degli anni cinquanta hanno infatti rivenuto due larghe fondazioni in calcestruzzo riferibili in tutta probabilità al primo ponte romano.
http://static.guide.supereva.it/guide/toscana_meravigliosa/storia-e-arte-del-ponte-vecchio-di-firenze/big_negozipontevecchiofirenze.jpgTale passerella dovette essere consolidata e allargata verso il 123, quando Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova, che attraversava la città e che corrispondeva verosimilmente, sulla sponda sud, alle vie de' Bardi e di San Niccolò. Il ponte aveva già forse piloni in muratura, mentre la travatura doveva essere, come di consueto, in legno. Il primo ponte romano dovette andare distrutto verso il VI-VII secolo, per l'incuria e le guerre dell'epoca barbarica, oltre che per probabili danni legati ad alluvioni. 
Difficile è ipotizzare quanti ponti siano stati travolti dalle frequenti inondazioni dell'Arno e quanti ricostruiti. Tra le scarse tracce documentarie ne esiste una del 972 in cui il vescovo Sichelmo conferiva a padre Domenico d'Orso la chiesa di Santa Felicita "non lunge da capo di ponte de fluvio Arno". Giovanni Villani parlò di un ponte costruito sotto Carlo Magno, ed è forse nel IX o X secolo che l'attraversamento ebbe la posizione attuale.

Primo ponte
Sicuramente un ponte nelle attuali posizioni venne rifatto dopo un crollo nel 1177. Studi novecenteschi sui resti nelle testate e nei piloni dimostrano che esso poggiava su residui più antichi, come travi in rovere della seconda metà del X secolo. 
http://firenze.repubblica.it/images/2013/12/13/172058748-96b32552-eec5-4f3f-8434-dcdb219f07bb.jpgDanneggiato nel 1222 e nel 1322, fu spazzato via dall'alluvione del 1333, una delle più violente che si ricordino. Dopo la costruzione dei "lungarni", il ponte venne ricostruito, a tre valichi, nel 1345 ed è considerato opera di Taddeo Gaddi o di Neri di Fioravante.
Nel 1442 l'autorità cittadina per salvaguardare la pulizia e il
decoro, impose ai macellai di riunirsi nelle botteghe sul Ponte Vecchio per renderli un po' isolati dai palazzi e dalle abitazioni del centro. La disposizione mirava soprattutto ad eliminare le consuete, maleodoranti tracce lasciate dai barroccini dei beccai lungo le strade fino all'Arno durante il trasporto degli scarti più minuti delle lavorazioni delle carni, scarti che potevano ora disperdersi direttamente, senza alcun danno, nella sottostante corrente del fiume. Da quel momento il ponte divenne il mercato della carne ed i beccai, divenuti in seguito proprietari delle botteghe, per ottenere più spazio, vi aggiunsero in modo disordinato delle stanzette aggettanti sul fiume puntellandole con pali di legno. Nel 1565 l'architetto Giorgio Vasari costruì per Cosimo I il "corridoio vasariano", con lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti. Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli e prosegue sulla riva sinistra fino a Palazzo Pitti.
Le botteghe dei macellai furono poi occupate da orafi e gioiellieri per ordine di Ferdinando I nel 1593 che mal gradiva un commercio poco nobile e con odori sgradevoli sotto le finestre del corridoio sospeso.
Il Ponte Vecchio fu visitato da Hitler, Mussolini e le gerarchie naziste e fasciste in occasione del viaggio dei tedeschi in Italia del 1938 in cerca di alleanze. Per quella circostanza furono aperti i tre finestroni panoramici al centro del Corridoio Vasariano. In seguito alla ritirata delle truppe naziste, questo fu l'unico ponte di Firenze che non venne fatto saltare dai tedeschi nel 1944 nel corso della seconda guerra mondiale, ciò grazie anche al provvidenziale intervento del rappresentante tedesco a Firenze Gerhard Wolf, il quale nel dopoguerra ottenne per questo ed altri meriti la cittadinanza onoraria di Firenze e che è ricordato con una targa apposta sul ponte medesimo. Furono però pesantemente danneggiati i punti di accesso al ponte, le zone di via Por Santa Maria, via Guicciardini e borgo San Jacopo che oggi sono così incongruamente moderne per via della frettolosa ricostruzione dei primi anni cinquanta. Il Corridoio Vasariano nei convulsi giorni della liberazione rimase l'unico modo di spostarsi fra nord e sud della città, come è testimoniato anche nell'episodio dedicato a Firenze nel film Paisà di Roberto Rossellini, dove la protagonista passa in incognito da una spoglia Galleria degli Uffizi piena di statue antiche impacchettate.

Anfiteatro romano, Verona

L'Arena di Verona è un anfiteatro romano situato nel centro storico di Verona, icona della città veneta insieme alle figure di Romeo e Giulietta. Si tratta di uno dei grandi fabbricati che hanno caratterizzato l'architettura ludica romana ed è l'anfiteatro antico con il miglior grado di conservazione, grazie ai sistematici restauri realizzati dal seicento ad oggi.
http://th02.deviantart.net/fs70/PRE/i/2013/242/2/c/arena_di_verona__italy_by_pixolero-d628718.jpgDurante il periodo estivo viene utilizzato per il celebre festival lirico e vi fanno tappa numerosi cantanti e band.
http://farm1.static.flickr.com/186/472487498_961fbe0e22.jpgLa mancanza di fonti scritte circa l'inaugurazione dell'anfiteatro rende molto difficile fornire una cronologia sicura, tanto che in passato, da diversi studi, sono emerse date molto differenti, un periodo di tempo che va dal I al III secolo, anche se ormai è dimostrato che non può essere stato costruito dopo il I secolo. Lo storico Pirro Marconi propendeva in particolare per la costruzione tra il secondo ed il terzo decennio del I secolo, cioè tra la fine del periodo augusteo e l'inizio di quello tiberiano, mentre più recentemente Luigi Beschi propendeva per la metà dello stesso secolo.
Per datare l'Arena la si può confrontare con l'anfiteatro di Pola, dato che quest'ultimo è il più simile a quello veronese, sia per l'aspetto stilistico che per quello tecnico, ed inoltre appartiene alla stessa area geografica e culturale: le somiglianze sono tali da far pensare che i due siano opera dello stesso architetto e delle stesse maestranze. Per l'anfiteatro di Pola in genere la costruzione viene datata nel periodo augusteo, per cui è probabile che l'Arena sia stata realizzata all'incirca negli stessi anni.
Altri elementi per una datazione vengono forniti dalla testa di un gladiatore a grandezza naturale, realizzata in tufo: la testa è racchiusa in un elmo nel quale si aprono due fori rotondi, dai quali si intravedono gli occhi. La celata è costituita da due parti che si uniscono esattamente nella metà del viso: queste paragnatidi partono all'altezza delle orecchie abbastanza sottili ma si ampliano fino a coprire tutto il viso, tranne gli occhi. Esse sembrano tenute insieme tramite due corregge incrociate sotto il mento. Questo tipo di elmo si diffonde alla fine dell'età augustea, ovvero circa tra il 10 ed il 20 d.C., e già dopo il 40 questo tipo di elmo si modifica ancora: questo riduce l'arco di tempo in cui può essere stato costruito l'anfiteatro, tra la fine del regno di Augusto fino all'inizio di quello di Claudio. Considerando che le statue venivano realizzate alla fine della costruzione dell'edificio si può supporre che l'Arena fosse già completa verso il 30 d.C., come conferma lo storico Pirro Marconi. Oltre all'elmo anche altre decorazioni sembrano portare a questo periodo la datazione della costruzione dell'anfiteatro.
http://www.camillotrevisan.it/anfite/figura15.gifNel 1450, durante il dominio veneto, vennero compilati nuovi statuti aventi alcune disposizioni riguardanti l'Arena.
Inoltre viene confermata la disposizione che obbliga le prostitute a risiedere nell'Arena. Questo è il più antico documento ufficiale in cui l'edificio viene definito memorabile, e a partire da questo periodo i letterati iniziano la sua esaltazione, mentre la cultura rinascimentale spinge a un sempre più approfondito interessamento per essa con analisi critiche e storiche del monumento, studiato anche da personalità del calibro di Giovan Francesco Caroto e Andrea Palladio: architetti e artisti che cercarono anche soluzioni valide a garantire la conservazione dell'Arena. Importante fu il riscatto di parte dell'ipoteca a vantaggio dell'Università dei Cittadini, grazie al quale nel 1537 si poté sancire l'allontanamento delle prostitute dagli arcovoli, che furono affittati ad artigiani e commercianti. A metà del XVI secolo Bra, la grande piazza su cui si affaccia l'anfiteatro, cominciò un lento processo di rinnovamento, così nel 1568 si deliberò il restauro dello stesso anfiteatro, che si trovava in condizioni di trascuratezza, anche se i lavori furono interrotti già nel 1575 per via della grave pestilenza che aveva colpito Verona. Nel 1586 il Comune poté finalmente riscattare interamente l'Arena dall'Università dei Cittadini.
http://www.shakespeareinitaly.it/arenacintaesterna.JPGNel 1651 iniziarono dei lavori di restauro che vennero interrotti nel 1682, ma si ebbero altri interventi significativi nel 1694 e nel 1699, con il restauro parziale della gradinata. Nei primi anni del XVIII secolo le manutenzioni straordinarie vennero arrestate per poter iniziare opere di scavo archeologiche all'interno dell'Arena: le ricerche iniziarono nel 1710 con Ottavio Alecchi, che scoprì il pozzo centrale e il canale ellittico che fronteggia il primo gradino, che notò essere anticamente coperto da lastre di pietra aventi al centro, a distanza fissa, un foro circolare dal diametro di 7 cm. Nel 1728 Scipione Maffei pubblicò il testo Degli anfiteatri e in particolare del veronese all'interno del quale critica gli scavi nella cavea che ha alterato la configurazione originale interna del monumento. Per la stesura del lavoro il Maffei condusse un'attenta ricerca storica e un'indagine del monumento, anche attraverso scavi archeologici durante i quali si erano verificati alcuni ritrovamenti. I problemi archeologici che individuò furono:
  • la suddivisione della gradinata in meniani e in cunei;
  • il coronamento della parte superiore interna con una loggia;
  • la collocazione e l'altezza del podio che calcolò in 1,53 metri, quale fu poi ricostruito;
  • le funzioni dei condotti sotterranei, che nega possano essere stati utilizzati per allagare l'Arena;
  • il pozzo centrale, fino allora pensato come sostegno per il velarium, ma da lui pensato come sistema di scolo delle acque piovane.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/9b/Disegno_Arena_bis.jpgDal settembre 1728 al luglio 1729 si svolsero gli importanti lavori di sgombero dello strato di terra (120 cm) che ricoprivano il piano dell'arena, mentre dal 1731 al 1735 venne restaurata e consolidata l'Ala. I lavori poi ripresero con vigore solamente nel 1761, quando furono affidati i compiti di scavo, di rilevamento dell'ellisse, dell'euripio e del podio, oltre alla realizzazione di un modello fino al secondo ordine di vomitori per la giusta ricollocazione dei gradini per avviare la radicale revisione del lavoro precedentemente compiuto senza impegno critico. I lavori vennero interrotti nel 1772 per mancanza di fondi, ripresero quindi nel 1780 e si interruppero nuovamente tre anni dopo.
 L'anfiteatro veronese sorse a circa 70–80 m dalle mura repubblicane della città, di fronte all'angolo formato dalla cinta cittadina a meridione. Questo evidenzia il fatto che non era stato previsto nel progetto originario della città, come ad esempio il theatrvm Veronense, anche perché la metà del I secolo a.C. (quando venne rifondata la città all'interno dell'ansa dell'Adige), fu un periodo di guerre civili, e non era quindi realistica la costruzione di un edificio tanto imponente vicino alle mura della città, che avrebbe indebolito, se non addirittura reso inutile, il sistema difensivo: si conclude quindi che l'opera venne costruita in un periodo di pace, che coincide quasi sicuramente con l'inizio dell'età imperiale. A prova di questo, nel III secolo, in un periodo di crisi, anarchia militare e di invasioni barbariche, l'imperatore Gallieno sentì il bisogno di costruire una nuova cinta muraria che includeva anche l'Arena.
Il fatto che l'opera venne costruita esternamente alle mura significa che lo spazio interno era stato ormai quasi completamente edificato. Questa caratteristica, inoltre, impose anche la rivisitazione della viabilità, dato che nell'anfiteatro affluivano decine di migliaia di persone, provenienti dalla città, dall'agro e dai centri vicini, e avrebbero intasato le porte che conducevano ad esso (tra l'altro la via Postumia, che entrava a porta Borsari, era una strada già molto trafficata): vennero quindi rifatte porta Leoni e porta Borsari, e vennero probabilmente creati due nuovi sbocchi minori all'altezza dell'anfiteatro. L'orientamento di quest'ultimo, inoltre, rende particolarmente evidente il collegamento con la città, nonostante sia stato costruito postumo: esso è in asse con il reticolo urbano, in particolare l'asse maggiore è parallelo ai cardini, mentre l'asse minore è parallelo ai decumani. Questo orientamento parallelo a quello della città si spiega principalmente con la necessità di collegare le fognature dell'anfiteatro con il sistema cittadino.
Da notare, inoltre, che la posizione esterna alla cinta muraria consentiva un afflusso facilitato da parte dell'agro e da altre città. Gli spettacoli si tenevano a distanze abbastanza lunghe gli uni dagli altri, dato il loro alto costo, per cui era normale che arrivassero anche abitanti di altre città ad assistervi.

Architettura
L'elemento base della pianta dell'anfiteatro è costituito dall'ellisse dell'arena (lo spazio centrale in cui si svolgevano gli spettacoli), che fu quasi sicuramente tracciata sul terreno all'inizio dei lavori: il perimetro esterno dell'anfiteatro si ottenne poi tracciando una linea concentrica a quella dell'arena. Questa ellisse base venne ottenuta con quattro cerchi, di cui i due minori (posti lungo l'asse maggiore) ottenuti suddividendo il semiasse maggiore in cinque parti di 25 piedi l'una, due delle quali altro non sono che il raggio preso all'estremità dello stesso asse maggiore. La curva maggiore invece ha un raggio di sette parti da 25 piedi, con il centro all'estremità del prolungamento esterno.
http://static.turistipercaso.it/image/v/verona/verona_tgfc7.T0.jpgL'arena misura 75,68 m x 44,43 m, ovvero 250 x 150 piedi romani, dunque una cifra tonda, a conferma della semplicità del modulo base utilizzato, con un rapporto tra asse maggiore e asse minore di 5 a 3. La cavea è invece larga 39,40 m, ovvero 125 piedi, mentre le dimensioni massime dell'anfiteatro (asse maggiore x asse minore) sono di 152,43 m x 123,23 m, ovvero 520 x 420 piedi romani.
L'anfiteatro sorgeva su di una lieve prominenza artificiale (mentre oggi si trova sotto il normale livello stradale), e le sue fondazioni erano costituite da una platea in opera cementizia. Tra l'anello più esterno e la base del podio vi è un dislivello di 1,60 m. Il drenaggio delle acque, molto importante per un'opera di tali dimensioni, era assicurato da tre cloache anulari poste sotto il pavimento di altrettante gallerie concentriche, che non erano altro che la struttura portante del primo piano. Altre due cloache erano poste lungo gli assi maggiore e minore della struttura, e portavano le acque di scarico fino all'Adige (tra l'altro, una di queste è stata esplorata per circa cento metri). Questo sistema di fogne era molto efficiente, anche per via delle grandi dimensioni: l'altezza si mantiene costantemente sui due metri. Esse furono costruite con tratti di muratura a ciottoli legati con malta, e alternati a file orizzontali di tre mattoni, mentre grandi lastre di pietra fungono da copertura. Una tecnica simile era stata utilizzata per la messa in opera dell'impianto fognario cittadino.

Esterno
 L'aspetto del monumento è oggi piuttosto diverso rispetto a quello originale, in particolare per via della mancanza dell'anello esterno, che sarebbe stata la vera facciata monumentale, compito oggi svolto dalla fronte interna. L'unico tratto rimasto in piedi della cinta esterna è la cosiddetta Ala, composta da quattro archi. Questo anello non aveva una funzione importante, ma serviva da facciata monumentale all'opera: le sue arcate riflettevano esattamente gli ambienti vuoti sottostanti la cavea, mentre gli enormi pilastri riassumevano e ultimavano le linee di forza che provenivano dall'interno. La sovrapposizione di tre ordini di arcate rendeva esplicita all'esterno l'esistenza delle due gallerie e del porticato superiore, mentre gli architravi concludevano le volte delle gallerie interne. In questo modo i complessi volumi interni trovano all'esterno un'espressione estetica e spaziale.
http://residencexperia.com/MediaFiles/Images/t5_verona_l_arena_di_verona__4e388e2d2cd76_20110803_015421.jpgI collegamenti tra facciata e la costruzione retrostante sono dati solo dalle fondamenta comuni e dalle volte a botte della terza galleria e di quella soprastante. La facciata è composta da tre ordini sovrapposti di arcate, realizzata interamente con blocchi ben squadrati di una pietra molto comune nella provincia di Verona, il calcare rosso ammonitico. Le arcate del primo ordine sono alte 7,10 m, quelle del secondo 6,30 m, mentre quelle del terzo 4,50 m: questa disposizione delle altezze accentua, se visto dal basso, l'impressione dello slancio verticale. I pilastri del primo ordine sono larghi 2,30 m e profondi 2,15 m (quindi quasi quadrati), e su di essi una lesena si conclude con un capitello di ordine tuscanico, al livello della cornice. Gli archi si appoggiano su due semicapitelli, e si concludono sul lato della lesena, poco sopra la sua metà. Al di sopra dei capitelli tuscanici si trova una fascia di blocchi che, sopra ogni arcata, portano il numero di ingresso (oggi sono presenti quelli dal LXIV al LXVII, anche se attorno all'anfiteatro sono disposti altri blocchi con la numerazione), quindi un secondo fascio di blocchi uguali al precedente, che sostengono la cornice superiore. Dato che le arcate, e quindi gli ingressi, erano 72, considerando la numerazione di quelli superstiti dell'Ala si può evincere che il numero I doveva essere quello dell'ingresso ovest, a conferma della maggiore importanza di quel settore. La numerazione degli ingressi procedeva in senso antiorario.
Il secondo ordine della facciata è praticamente uguale al primo, se si esclude la minore altezza. Nel terzo ordine vi è invece qualche piccola differenza: i capitelli sono sempre di ordine tuscanico, però sono assenti le lesene, mentre la cornice è costituita da una trabeazione conclusa da un fregio ed un'ulteriore cornice. All'interno si trovavano poi delle mensole utilizzate per sostenere le travi del portico, e certamente non per sostenere il velario, come hanno pensato alcuni studiosi (anche perché con il suo enorme peso le mensole avrebbero potuto sostenerlo solo se poste esternamente).
L'utilizzo dello stesso ordine in tutti gli ordini è tipico di altri anfiteatri, come quello di Nîmes o di Pola.

Interno
Partendo dall'interno dell'anfiteatro e muovendo lungo l'asse delle gallerie si trovano un massiccio in opera cementizia a 6,80 m dal margine esterno della cavea e quindi la prima galleria, larga 3 m ed alta 3,60 m, seguita dopo 11,18 m dalla seconda, larga 3,30 m ed alta 9,10 m, ed quindi la terza galleria a 14,45 m dalla seconda, larga 4,30 m ed alta 8,15 m. Sopra la galleria più esterna ne sorgeva un'altra (delle stesse dimensioni), che, a sua volta, reggeva il portico della cavea.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTilcbRaT1DXWTLZeezDpKH_DFtODCBa4GbG-nkN2YTam2JaO1OdL76BDmH-sAmV0wER4QDWXXRyOCKPk2nmWvby2O2PzTqpRRmMtiEOy-FtaDiA7nBZXRbp5tnmgO3-0CzHdVoTaxmzP-/s1600/IMG_0447.JPGQueste tre gallerie concentriche andavano a formare quattro settori. Partendo sempre dall'interno, tra l'arena e la prima galleria è presente il primo ordine di gradinate, il maenianum. Il primo corridoio anulare, detto praecinctio, poggiava sulla volta della prima galleria, e separava il secondo ordine di gradinate, tra prima e seconda galleria. Sopra la volta della seconda galleria vi era quindi il secondo corridoio anulare, che separava il secondo dal terzo ordine di gradinate. A questo punto le scale che portano ai vomitori hanno un andamento più complesso ed iniziano ad incrociarsi. Vi era quindi un terzo corridoio anulare che separava terzo e quarto ordine di gradinate. Dopo si alzava un portico, in corrispondenza della galleria più esterna, il cui tetto poggiava sul colonnato antistante la cavea da una parte, e su delle mensole (ancora visibili sull'Ala) dall'altra. L'ingresso più monumentale dell'anfiteatro è posto ad ovest dell'edificio, quindi verso porta Borsari e la via Postumia: qui la volta centrale è alta il doppio delle altre e giunge fin sotto le gradinate della cavea. Il settore ovest doveva quindi essere il più importante, come sembra confermare anche la diversa disposizione delle scale d'accesso rispetto al settore est: nel primo settore (quello ovest) gli ambienti sono simmetrici, in questo modo i corridoi sono realizzati rettilinei e conducono dunque gli spettatori direttamente agli ordini inferiori delle gradinate, mentre nel settore est i corridoi sono piuttosto irregolari, e la maggior parte delle persone veniva incanalato verso gli ordini di gradinate superiori. Al contrario, nel settore ovest la maggior parte degli ospiti era incanalato verso gli ordini inferiori. Inoltre, dall'ingresso monumentale, entrava probabilmente la processione che inaugurava i giochi.