Dubai, ecco l'isola a forma di palma

Le Palm Islands sono tre isole artificiali, Palma Jumeirah, Palma Jebel Ali e Palma Deira, antistanti Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Il Pantheon della Roma antica

All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda.

Casa Batllò, Barcellona

Considerata una delle opere più originali del celebre architetto catalano Antoni Gaudí , l'edificio è stato dichiarato, nel 2005, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Giza e le sue Piramidi

Giza deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto.

I trulli pugliesi

I Trulli di Alberobello sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Villa Adriana, Tivoli

Costruita a partire dal 117 d.C. dall’imperatore Adriano, è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell’antichità romana.

Mediateque di Toyo Ito, Sendai

Toyo Ito: quando la comunicazione è come la luce.

mercoledì 5 giugno 2013

L'Istituto del Mondo Arabo, Jean Nouvel

Nel dicembre 1987 apre le porte a Parigi l'Istituto del Mondo Arabo progettato da Jean Nouvel, Pierre Soria, Gilbert Lezénés e Architecture Studio, vincitori del concorso bandito dal comune di Parigi nel 1981 a cui parteciparono sette gruppi di architetti francesi. Questo progetto innalzò Nouvel dal ruolo di polemista militante dell’architettura francese a uno status internazionale che da allora non lo ha più abbandonato. Finanziato in parte dal governo francese e in parte da diversi paesi arabi, l' edificio fu concepito come centro e prestigiosa vetrina della cultura araba a Parigi. L' IMA non è solo un istituto di cultura araba: è un luogo dove si incontrano i parigini, è un museo ed una biblioteca, è un incredibile belvedere ma è anche un cafè dove conversare e rilassarsi, è un luogo di studio e di confronto tra le due culture più rappresentate a Parigi: quella occidentale e quella araba. Jean Nouvel dimostra in questo progetto una notevole comprensione della architettura e della cultura araba. È infatti possibile tracciare parallelismi tra alcuni elementi dell'’Istituto e un certo numero di edifici arabi tradizionali. Ad esempio i motivi mozarabici quadrati e poligonali dei muri meridionali sono ispirati ai disegni dell' ’Alhambra di Granada.  Nonostante questi riferimenti al mondo arabo l’Istituto si vuole affermare come un edificio europeo. ’idea di centro culturale, che ospita spazi destinati a mostre, eventi, spettacoli, conferenze e dibattiti e insieme una biblioteca, un cinema e un centro di documentazione, è tipicamente francese, vale ricordare il famoso Centro Georges Pompidou.
La facciata settentrionale, che simboleggia il rapporto con la città antica, è rivolta verso la Parigi storica con cui si amalgama perfettamente. La facciata meridionale riprende i temi storici della geometria araba con l'ideazione di 240 moucharabieh che la compongono e che si aprono e si chiudono ogni ora.
L'’edificio sorge su un lotto triangolare che segue la curva della riva meridionale della Senna, a monte dell'’Île de la Cité. La facciata nord si affaccia su una strada che corre lungo il fiume. Quella est guarda, al di là di un'area pavimentata a cielo aperto, al ’Campus di Jussieu: un insieme monotono di lastre in cemento armato dei primi anni sessanta. L'’asse dell’ingresso dà sulla cattedrale di Notre-Dame, con il muro di sinistra posto perpendicolarmente rispetto al piano d’accesso, così da incorniciare la vista. In tal modo l’Istituto occupa una posizione cardine tra la Parigi moderna, rappresentata dalla architettura gaullista simboleggiata da Jussieu e la Parigi tradizionale, con i suoi edifici storici. Un altro aspetto molto importante dell’edificio è la sua relazione con la luce. È un luogo che si sviluppa attorno all'’organizzazione e ai mutamenti della luce nello spazio. Letteralmente questo avviene attraverso dei diaframmi, simili a quelli della macchina fotografica, attivati da fotocellule della parete sud e del pozzo di illuminazione al suo centro rivestito di alabastro. In questo modo lo spazio interno è reso suggestivo da una luce non diffusa né concentrata in poche aperture, ma che entra negli ambienti attraverso piccoli e numerosi fasci luminosi che conferiscono un carattere quasi sacrale allo spazio.
 L'’intera facciata Sud è disegnata come un moucharabieh, un disegno forte e legato alla tradizione, ma, come è moderno l'edificio è moderno anche il modello interpretativo e la tecnologia usata. Dobbiamo considerare che ci troviamo a Parigi e che la scelta di utilizzare un tale sistema poteva rivelarsi una grandissima contraddizione: gli inverni sono freddi e poco luminosi mentre il sole estivo non è certo quello del Nord Africa. Probabilmente sono state anche le considerazioni del progettista che ha avuto l'’intuizione di rendere gli elementi decorativi (molto simili a quelli che troviamo nell' Alhambra di Granada il quadrato, il cerchio, il pentagono, la stella figure generate da una rotazione) mobili.
Il vantaggio di utilizzare una facciata costituita da centinaia di elementi che ruotano è proprio quella di modulare l’ingresso della luce durante le varie ore del giorno e delle stagioni. Gli elementi sono costituiti da dischi di metallo di varie forme e grandezze ed attivati da cellule foto-sensibili che rivelando i cambiamenti delle condizioni di luminosità ne correggono continuamente la forma, rendendo la struttura un curtain-wall in costante movimento.
All’' esterno invece questo rende l’immagine del prospetto diversa durante tutto l’arco della giornata. L’edificio, non soltanto grazie alla presenza dei diaframmi fotografici, rivela una stretta e convincente relazione tra architettura e cinema. Ha una energia tale che, visitandolo, si ha l’impressione di entrare nella inquadratura di un film. Questo aspetto è sottolineato anche dalle parole di Nouvel:

« La sequenza dei passaggi tra diversi volumi e livelli d’illuminazione, a seconda delle diverse traiettorie al suo interno, può essere vista come una serie di angolazioni e aperture di un obbiettivo fotografico. »

15 - Institut du Monde Arabe, Parigi | Jean Nouvel | Pianta 4

La Piramide Cestia

La Piramide Cestia ,o Piramide di Caio Cestio è una piramide di stile egizio che si trova a Roma, vicino a Porta San Paolo e al cimitero acattolico.
Fu costruita tra il 18 e il 12 a.C.come tomba per Caio Cestio Epulone; è in calcestruzzo, con cortina di mattoni e copertura di lastre di marmo di Carrara; è alta 36,40 metri con una base quadrata di circa 30 metri di lato e si leva su una piattaforma di cementizio.
La piramide fu costruita in soli 330 giorni, forse anche meno. Infatti Caio Cestio nel testamento dispose espressamente che gli eredi gli innalzassero il sepolcro piramidale entro tale termine, pena la perdita della ricca eredità, come ricorda l'iscrizione scolpita sul fianco orientale del monumento: opus absolutum ex testamento diebus CCCXXX, arbitratu (L.) Ponti P. f. Cla (udia tribu), Melae heredis et Pothi l(iberti). Gli eredi si affrettarono ad eseguire la disposizione testamentaria, tanto che, sembra, completarono la costruzione della piramide con qualche giorno di anticipo.
All'interno di questa montagna di calcestruzzo vi è un'unica camera sepolcrale, di 5,95 × 4,10 ed alta 4,80 metri, la cui cubatura costituisce poco più dell'1% del volume complessivo del monumento. Su entrambi i lati verso oriente e verso occidente, a due terzi dell'altezza, è incisa nel rivestimento l'iscrizione che registra il nome e titoli di Cestio; sul solo lato orientale, a circa un terzo dell'altezza, sono descritte le circostanze della costruzione del monumento.
Una comparazione della forma con le Piramidi di Giza rivela che la resistenza strutturale del calcestruzzo ha permesso di costruire la piramide romana ad un angolo molto più acuto di quelle dell'Egitto. La forma più slanciata ha permesso che la Piramide Cestia raggiungesse un'altezza maggiore con la stessa quantità di materiale.
Il monumento era posto lungo la Via Ostiense, era circondato da una recinzione in blocchi di tufo, oggi parzialmente in vista, aveva 4 colonne agli angoli (di cui sono state rialzate quelle dal lato opposto dell'Ostiense) e due statue del defunto ai lati della porta.
La camera sepolcrale con volta a botte – originariamente murata al momento della sepoltura, come nelle piramidi egizie – è dipinta in bianco, con sottili cornici e figure decorative (sacerdotesse ed anfore alle pareti, 4 figure di Nike sulla volta) di stile pompeiano. È relativamente ben conservata, ma completamente nuda, e sulla parete di fondo, dove doveva esserci il ritratto del defunto, ora c'è un buco, praticato da scavatori alla ricerca di tesori.
La presenza di un monumento funebre in forma di piramide a Roma si deve probabilmente al fatto che l'Egitto era divenuto provincia romana alcuni anni prima, nel 30 a.C., e la cultura sontuosa di questa nuova provincia stava venendo di moda anche a Roma.
Nel III secolo la piramide di Cestio fu incorporata nelle Mura Aureliane, delle quali venne a costituire un bastione, e l'attuale accesso corrisponde ad una posterula che immetteva su una strada secondaria – il cui basolato è in vista – in direzione dell'emporio sul Tevere. Questa circostanza costituisce, presumibilmente, la ragione per cui il monumento si salvò dalle spoliazioni che afflissero nei secoli tutti i marmi di rivestimento dei monumenti antichi.
Nel Medioevo, la credenza popolare identificava la Piramide come "meta Remi", collegandola con un'altra piramide indicata come "meta Romuli", molto simile e coeva, esistente sino al 1499 nel rione di Borgo, riportata nella Pianta della città di Roma di Alessandro Strozzi del 1474, e demolita nel XVI sec. da Alessandro VI per l'apertura della nuova strada di Borgo Nuovo.
Per il riferimento fantasioso alle origini della fondazione di Roma - oltre che per la sua forma - la Piramide Cestia fu molto ammirata dai viaggiatori, in particolare nel Seicento, e godette comunque di costante attenzione da parte dell'amministrazione pontificia: nel 1663 furono intrapresi degli scavi per ordine di Alessandro VII, che ne fece incidere la memoria sulla facciata; all'esterno furono trovate le basi di due statue dedicate a Cestio e fu scavata un'apertura nella piramide stessa, scoprendo la camera sepolcrale - che, come detto sopra, fu trovata vuota e già visitata da tombaroli, chissà quando. Esiste anche un progetto del Borromini per trasformare la cella funeraria in chiesa, che non ebbe seguito. Ancora alla fine del potere temporale, comunque, la Piramide era oggetto di manutenzione conservativa: vi fu installato il primo parafulmine, che c'è ancora.