
Nel luogo in cui sorge il duomo un tempo si trovavano l'antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile, l'arcivescovo Antonio de' Saluzzi, sostenuto dalla popolazione, promosse la ricostruzione di una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città. Per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti: Santa Maria Maggiore venne demolita per prima, Santa Tecla in un secondo momento, nel 1461-1462 (parzialmente ricostruita nel 1489 e definitivamente abbattuta nel 1548).


Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque e il 19 luglio 1391 venne deliberato l'ingrossamento dei quattro pilastri centrali. Tuttavia c'era una crescente preoccupazione per la stabilità dell'intera struttura, per via di insufficienti masse inerziali da contrapporre all'azione delle spinte. Così nel settembre dello stesso anno venne interrogato il matematico piacentino Gabriele Stornaloco per definire la sezione trasversale e l'alzato, attraverso una precisa diagrammazione geometrica e cosmologica (lo Stornaloco era anche un astronomo e cosmografo). Il 1º maggio 1392 si scelse la forma delle navate progressivamente decrescenti per un'altezza massima di 76 braccia.
Progetto

Dal 1452 al 1481 fu a capo del cantiere Giovanni Solari, che per i primi due anni fu affiancato anche dal Filarete. Seguirono Guiniforte Solari, figlio di Giovanni, e Giovanni Antonio Amadeo, che con Gian Giacomo Dolcebuono costruì il tiburio nel 1490. Alla morte dell'Amadeo (1522) i successivi maestri fecero varie proposte "gotiche", tra le quali quella di Vincenzo Seregni di affiancare la facciata da due torri (1537 circa), non realizzata.
Nel 1567 l'arcivescovo Carlo Borromeo impose una ripresa solerte dei lavori, mettendo a capo della Fabbrica Pellegrino Tibaldi, che ridisegnò il presbiterio, che venne solennemente riconsacrato nel 1577 anche se la chiesa non era ancora terminata.

Nel XVII secolo la direzione dei lavori vide la presenza dei migliori architetti cittadini, quali Lelio Buzzi, Francesco Maria Ricchino (fino al 1638), Carlo Buzzi (fino al 1658) e i Quadrio. Nel frattempo nel 1628 era stato fatto il portale centrale e nel 1638 i lavori della facciata andavano avanti, con l'obiettivo di creare un effetto a edicole ispirato a Santa Susanna di Roma. A tal fine pervennero nel XVIII secolo i disegni di Luigi Vanvitelli (1745) e Bernardo Antonio Vittone (1746).
Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madunina di rame dorato, destinata a diventare il simbolo della città. Lo schema della facciata di Buzzi venne ripreso a fine secolo da Luigi Cagnola, Carlo Felice Soave e Leopoldo Pollack. Quest'ultimo diede inizio alla costruzione del balcone e della finestra centrale.
Nel 1805, su istanza diretta di Napoleone, Giuseppe Zanoia avviò i lavori per il completamento della facciata, in previsione dell'incoronazione a re d'Italia. Il progetto venne finalmente concluso nel 1813 da Carlo Amati. Tra gli scultori che vi lavorarono nei primi anni dell'Ottocento, si può ricordare Luigi Acquisti.
Architettura

Il duomo ha una pianta a croce latina, con piedicroce a cinque navate e transetto a tre, con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. All'incrocio dei bracci si alza, come di consueto, il tiburio. L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italiana, ma questo viene in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del gotico lombardo.
La struttura portante è composta dai piloni e dai muri perimetrali rinforzati da contrafforti all'altezza degli stessi piloni. Questa è una caratteristica che differenzia il duomo milanese dalle cattedrali transalpine, limitando, rispetto al gotico tradizionale, l'apertura dei finestroni (lunghi e stretti) e dando all'insieme (a eccezione dell'abside) una forma prevalentemente "chiusa", dove la parete è innanzitutto un elemento di forte demarcazione, sottolineata anche dall'alto zoccolo di tradizione lombarda. Viene così a mancare lo slancio libero verso l'alto. Ciò è evidente anche se si considera che guglie e pinnacoli non hanno funzione portante, infatti vennero sporadicamente aggiunti nel corso dei secoli, fino al completamento del coronamento nel XIX secolo.

Le pareti esterne sono animate da una fitta massa di semipilastri polistili che sono coronati in alto, al di sotto delle terrazze, da un ricamo di archi polilobati sormontati da cuspidi. Le finestre ad arco acuto sono piuttosto strette, poiché come si è detto le pareti hanno funzione portante.
La copertura a terrazze (pure in marmo) è un unicum nell'architettura gotica, ed è sorretta da un doppio ordine incrociato di volte minori. In corrispondenza dei pilastri si leva una "foresta" di pinnacoli, collegati tra di loro da archi rampanti. In questo caso i pinnacoli non hanno funzione strutturale, infatti risalgono quasi tutti alla prima metà del XIX secolo. Nei disegni antichi e nel grande modello del 1519 di Bernardo Zenale (Museo del Duomo) si vede una cresta centrale che doveva evidenziare ancora maggiormente la forma triangolare, sia lungo la navata che il transetto, raccordandosi al tiburio, e che venne esclusa dal progetto nel 1836.
Facciata

Cinque campiture fanno intuire la presenza della navate, con sei contrafforti (doppi alle estremità e attorno al portale centrale) sormontati da guglie. La costruzione della facciata cominciò nel 1590, sotto la direzione dell'architetto Pellegrini, in stile tardomanierista, continuando poi nella prima metà del Seicento sotto la direzioni del Richini e di Carlo Buzzi. Risalgono a quel periodo i cinque portali e parte delle finestre soprastanti, con il coronamento a timpano spezzato. La decorazione a bassorilievo dei portali venne scolpita ai tempi dell'arcivescovo Federico Borromeo su disegni del Cerano. I basamenti dei contrafforti centrali sono decorati da rilievi seicenteschi, con telamoni disegnati da Carlo Buzzi. I rilievi sui basamenti dei contrafforti laterali sono invece del XVIII e XIX secolo. A partire dalla metà del Seicento infatti lavori procedettero a rilento a causa dell'acceso dibattito sulla scelta del progetto da adottare. La conclusione, in stile neogotico, avvenne a partire dal 1805 su ordine di Napoleone. A tale epoca appartengono i tre finestroni neogotici, realizzati su progetto del Soave e poi dell'Amati. Le statue di Apostoli e Profeti sulle mensole sono tutte ottocentesche. Del primo decennio dell'Ottocento sono le due statue neoclassiche che ornano la balaustra del finestrone centrale, la Legge mosaica dell'Acquisti e la Legge di Cristo di Camillo Pacetti. Alcuni studiosi sostengono che questa statua sia stata fra le principali fonti di ispirazione per la realizzazione della newyorkese Statua della Libertà. L'ultimo atto di completamento è costituito dalle porte in bronzo, novecentesche. È del 1906 quella centrale, dalle leggere linee neogotiche, mentre le altre quattro furono realizzate nel dopoguerra.
Si va dal Tardo Rinascimento del Tibaldi, al Barocco di Francesco Maria Ricchino, al neogotico napoleonico dell'Acquisti. Nel 1886 la 'Grande Fabbrica' indisse un concorso internazionale per un integrale rifacimento della facciata in stile gotico e nell'ottobre del 1888 la giuria scelse Giuseppe Brentano come vincitore, un giovane allievo di Boito. Il progetto, concepito a modello delle cattedrali francesi, è ancora visibile nella navata destra del Duomo. Pur essendo già ordinati i marmi e predisposti i lavori, anche a causa della prematura morte del Brentano la realizzazione del progetto venne congelata. In seguito, le forti polemiche che insorsero al momento dello smantellamento dei portali barocchi finirono per bloccarlo del tutto. L'unica parte del progetto realizzata, il portale bronzeo del Pogliaghi, fu adattato con un'aggiunta alla cornice seicentesca.