L'arco è uno dei tre archi trionfali sopravvissuti a Roma, in via dei Fori imperiali: gli altri due sono l'arco di Tito (81-90 circa) e l'arco di Settimio Severo (202-203). L'arco, come anche quello di Tito, è quasi del tutto ignorato dalle fonti letterarie antiche e le informazioni che si conoscono derivano in gran parte dalla lunga iscrizione di dedica, ripetuta su ciascuna faccia principale dell'attico.
All'epoca della costruzione dell'arco, Costantino non aveva ancora "ufficializzato" la simpatia verso il Cristianesimo, nonostante la tradizione agiografica dell'apparizione della Croce durante la battaglia di Ponte Milvio; l'imperatore, che aveva dato libertà di culto alle popolazioni dell'Impero Romano nel 313, partecipò solo nel 325 al concilio di Nicea. Nonostante la discussa frase instinctu divinitatis ("per ispirazione divina") sull'iscrizione, è verosimile che all'epoca Costantino mantenesse perlomeno una certa equidistanza tra le religioni, anche per ragioni di interesse politico. Tra i rilievi dell'arco sono infatti presenti scene di sacrificio a diverse divinità pagane (nei tondi adrianei) e busti di divinità sono presenti anche nei passaggi laterali, mentre altre divinità pagane erano raffigurate sulle chiavi dell'arco. Significativamente però, tra i pannelli riciclati da un monumento dell'epoca di Marco Aurelio, vennero tralasciati nel reimpiego proprio quelli che si riferiscono al trionfo e al sacrificio capitolino (che oggi sono ai Musei Capitolini), raffiguranti quindi la più alta cerimonia della religione di stato pagana.
Nel 1530 Lorenzino de' Medici venne cacciato da Roma per aver tagliato per divertimento le teste sui rilievi dell'arco, che vennero in parte reintegrate nel XVIII secolo.
Nel 1960, durante i Giochi della XVII Olimpiade di Roma, l'arco di Costantino fu lo spettacolare traguardo della leggendaria maratona vinta a piedi scalzi dall'etiope Abebe Bikila.
Sulla base di scavi condotti nelle fondazioni dell'arco, su uno dei lati, è stata proposta l'ipotesi che il monumento sia stato costruito all'epoca di Adriano e successivamente pesantemente rimaneggiato in epoca costantiniana, con lo spostamento in fuori delle colonne, il rifacimento dell'intero attico, l'inserimento del Grande fregio traianeo sulle pareti interne del passaggio centrale, e l'esecuzione dei rilievi e delle decorazioni riconosciute di epoca costantiniana, sia per mezzo della rilavorazione dei blocchi già inseriti nella muratura, sia con l'inserzione di nuovi elementi. All'originaria decorazione del monumento apparterrebbero dunque i Tondi adrianei.
L'arco è costruito in opera quadrata di marmo nei piloni, mentre l'attico, che ospita uno spazio accessibile, è realizzato in muratura e in cementizio rivestita all'esterno di blocchi marmorei. Sono stati utilizzati indifferentemente marmi bianchi di diverse qualità, reimpiegati da monumenti più antichi, e sono stati riutilizzati anche buona parte degli elementi architettonici e delle sculture della sua decorazione. L'arco misura 21 metri di altezza (con l'attico), 25,70 di larghezza e 7,40 di profondità. Il fornice centrale è largo 6,50 metri e alto 11,45.
La struttura architettonica riprende molto da vicino quella dell'arco di Settimio Severo nel Foro Romano, con i tre fornici inquadrati da colonne sporgenti su alti plinti; anche alcuni temi decorativi, come le Vittorie dei pennacchi del fornice centrale, sono ripresi dal medesimo modello.
La cornice dell'ordine principale è costituita da elementi rettilinei di reimpiego (datati all'età antonina o primo-severiana), integrati da copie costantiniane per gli elementi sporgenti sopra le colonne, più accuratamente scolpiti sulla fronte che sui fianchi. Ancora di reimpiego sono i capitelli corinzi (sempre di epoca antonina), i fusti rudentati in marmo giallo antico e le basi delle colonne (capitelli e basi delle retrostanti lesene sono invece copie costantiniane, mentre i fusti delle lesene, probabilmente di reimpiego, sono stati quasi tutti sostituiti nei restauri settecenteschi). Di epoca domizianea, ma con rilavorazioni successive, è anche il coronamento di imposta del fornice centrale.
Di epoca costantiniana sono invece gli archivolti del fornice centrale e gli elementi lisci (coronamenti e zoccoli, fregio, architrave e basi dell'ordine principale, archivolti e coronamenti di imposta dei fornici laterali), che presentano spesso modanature semplificate e con andamento non precisamente allineato.
Lo schema decorativo dei rilievi si può riassumere in breve così (per gli approfondimenti si rimanda ai paragrafi successivi):
- Nella parte più alta (l'"attico") al centro dei lati maggiori compare un'ampia iscrizione, affiancata da coppie di rilievi dell'epoca di Marco Aurelio, mentre sui lati minori sono collocate lastre pertinenti ad un fregio di epoca traianea (di cui altre lastre si trovano nel passaggio del fornice maggiore). In corrispondenza delle sottostanti colonne sono presenti sculture a tutto tondo dei Daci, in marmo pavonazzetto, sempre di età traianea.
- Al livello inferiore, sui lati principali, sopra i due fornici minori, sono collocate coppie di tondi risalenti all'epoca di Adriano, un tempo incorniciati da lastre di porfido. Sui lati minori allo stesso livello la serie dei tondi adrianei è completata con altri due tondi realizzati in epoca costantiniana.
- Al di sotto dei tondi, è presente un lungo fregio a bassorilievo, scolpito sui blocchi in epoca costantiniana, che prosegue sia sui lati lunghi che su quelli corti.
- Altri bassorilievi si trovano al di sopra degli archi (Vittorie e Fiumi) e sui plinti delle colonne.
L'uso di materiale di recupero di monumenti antichi, che divenne abituale a partire proprio da questi anni, è probabile che fosse dettata, almeno nella scelta di cosa apporre sull'arco, secondo valori più simbolici che pratici: si presero "citazioni" degli altri imperatori molto amati, le cui teste vennero rilavorate per dare loro le sembianze di Costantino, che si proponeva quindi come loro diretto erede. Nello scolpire le nuove teste (oggi in gran parte sostituite nei restauri settecenteschi, con alcune lacune come nei pannelli aureliani) alcune vennero dotate del nimbus (l'antenato dell'aureola), come mostrano alcune tracce superstiti, a simboleggiare l'enfasi posta sulla maiestas imperiale (più tardi sarebbe diventato un simbolo di santità cristiana). Può darsi che nei quattro tondi adrianei con scene di sacrificio le teste raffigurassero anche Licinio o Costanzo Cloro.
I rilievi si dispongono, insieme a quelli appositamente eseguiti all'epoca, in modo simmetrico sulle due facciate (nord e sud) e sui due lati corti (est ed ovest) dell'arco. Come tipico negli archi romani decorati da rilievi, sulla facciata esterna (a sud) prevalgono scene di guerra, mentre sulla facciata interna (a nord), rivolta verso la città, scene di pace.