Dubai, ecco l'isola a forma di palma

Le Palm Islands sono tre isole artificiali, Palma Jumeirah, Palma Jebel Ali e Palma Deira, antistanti Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Il Pantheon della Roma antica

All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda.

Casa Batllò, Barcellona

Considerata una delle opere più originali del celebre architetto catalano Antoni Gaudí , l'edificio è stato dichiarato, nel 2005, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Giza e le sue Piramidi

Giza deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto.

I trulli pugliesi

I Trulli di Alberobello sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Villa Adriana, Tivoli

Costruita a partire dal 117 d.C. dall’imperatore Adriano, è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell’antichità romana.

Mediateque di Toyo Ito, Sendai

Toyo Ito: quando la comunicazione è come la luce.

mercoledì 5 novembre 2014

Auditorium Parco della Musica, Roma

http://www.ppbb.it/staging/wp-content/uploads/2012/01/aara71.jpgL'auditorium Parco della Musica è un complesso multifunzionale di Roma, realizzato per ospitare eventi musicali e culturali di varie tipologie. Fu inaugurato il 21 aprile 2002 con l'apertura della Sala Sinopoli; il 21 dicembre dello stesso anno fu poi aperto il resto del complesso e inaugurata la Sala Grande (intitolata a Santa Cecilia), con un concerto diretto da Myung-Whun Chung.
Nel 2012 l'Auditorium è stato teatro di 1.290 eventi per un totale di 1.001.661 visitatori, imponendosi come prima struttura culturale europea per numero di visitatori e come seconda al mondo dopo il Lincoln Center di New York.
Si sviluppa su un'area di 55.000 m² nel quartiere Flaminio, tra la Villa Glori, la collina dei Parioli e il Villaggio Olimpico, ed è stato progettato dall'architetto italiano Renzo Piano.
http://www.yeshotelrome.com/hotels-accommodation/wp-content/uploads/2013/03/Auditorium_Parco_della_Musica_cavea_Rome.jpgI volumi principali del complesso sono costituiti dalle tre sale da concerto, allocate in edifici di diverse dimensioni, con una forma che richiama quella di uno scarabeo; le tre sale sono coperte con lastre di piombo e disposte a raggiera intorno a un anfiteatro all'aperto, la cavea, che può accogliere circa 3.000 spettatori. Lo spazio circostante, dove le costruzioni non superano l'altezza della cavea, è occupato da altre strutture - ambienti di servizio, studi di registrazione, sale prove - mentre attorno all'insieme degli edifici corre un vasto terrazzo praticabile. Da qui, tra la sala Santa Cecilia e la sala Sinopoli, sono visibili i resti della villa romana venuti in luce durante la costruzione del complesso (la cui scoperta comportò una sostanziale modifica del progetto originario di Piano), i cui reperti sono esposti in un piccolo museo ricavato sotto la cavea.
Oltre alle tre sale da concerto la struttura comprende anche il Teatro Studio, tre diversi studi di registrazione, e il foyer (che in realtà è l'atrio comune alle sale). Sono stati aperti un bar, un bar-caffetteria e (con accesso anche alla strada) un bar-ristorante e una grande libreria. Il complesso ospita anche gli uffici della Fondazione Musica per Roma, che gestisce la struttura, e dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia, della quale è sede principale.  
http://vegobarocco.ru/wp-content/uploads/2013/07/013_auditorium_parco_della_musica_1.jpgLe tre sale sono esternamente formate da una base in mattone e dalla sala vera e propria, rivestita esternamente con listelli in piombo. Le sale sono state così battezzate:
  • Sala Santa Cecilia, in onore della patrona della musica, con 2756 posti a sedere;
  • Sala Sinopoli, in onore al direttore d'orchestra Giuseppe Sinopoli, con 1133 posti;
  • Sala Petrassi (già Sala Settecento), in onore al compositore contemporaneo Goffredo Petrassi, con 673 posti;
  • Teatro Studio, con 300 posti.
A queste si aggiunge la cavea di 3000 posti, intitolata a Luciano Berio.

Gli esterni 
http://www.tafter.it/wp-content/uploads/2009/09/auditorium-parco-della-musica-roma.jpgIl nuovo auditorium di Roma è uno dei vanti dell'amministrazione cittadina. A più di sessant'anni dalla demolizione della sala dell'Augusteo, la Capitale ha ritrovato una sala ideata espressamente per la musica classica. Renzo Piano, vincitore del concorso a inviti del 1993, ha lavorato in sinergia con Jürgen Reinhold dello studio Müller-BBM di Monaco di Baviera, che si è preoccupato di dotare le tre sale di un'acustica ottimale, e con l'architetto paesaggista Franco Zagari che si è occupato della consulenza urbanistica e degli spazi esterni.
Dal punto di vista urbanistico, una volta che la sagoma della nuova struttura ebbe preso forma ci si rese conto che, a causa delle dimensioni enormi, il complesso risultava fuori scala rispetto al tessuto urbanistico circostante. Un'ulteriore difficoltà derivò dalla necessità di modificare radicalmente il progetto a causa dei ritrovamenti archeologici: ad esempio, due dei tre "scarabei" furono traslati a Ovest, fino a sfiorare il viadotto di Corso Francia che taglia in due il Villaggio Olimpico, con la necessità di adottare alcuni accorgimenti relativi alla viabilità come, ad esempio, la chiusura al traffico automobilistico di viale De Coubertin.
http://www.auditorium.com/Auditorium_Commerciale/gallery/cavea/immagine%20fiera%20fiori%20283.jpgPer quanto riguarda le tecniche di costruzione, il cantiere ebbe vicende molto travagliate, sulle cui responsabilità è ancora in corso una vertenza giudiziaria (in corso d'opera il contratto con la ditta aggiudicataria fu risolto e fu indetta una nuova gara d'appalto). Ne è conseguita una forte lievitazione dei costi, sulla quale si sono concentrate critiche e accuse da parte della Corte dei conti.
L'area del Villaggio Olimpico, scelta dal consiglio comunale di Roma nel 1992 dopo un annoso dibattito non era considerata da tutti ideale, non solo per le dimensioni e la conformazione del terreno, ma anche per la distanza dalla metropolitana (la stazione più vicina si trova in piazzale Flaminio) e dalle direttrici del trasporto pubblico. Il progetto risentì anche di una situazione legislativa piuttosto precaria, poiché all'epoca non erano ancora entrate in vigore le nuove disposizioni comunitarie in materia d'impatto ambientale e le norme sulle opere pubbliche confluite nella "legge Merloni". Nel 1995 e nel 1997 il Consiglio superiore dei lavori pubblici emise dei pareri fortemente critici, che furono minimizzati dal sindaco di Roma Francesco Rutelli, che in quell'occasione fu sostenuto della stampa e da larga parte dell'opinione pubblica.
Altro problema irrisolto sono i parcheggi; i pochi parcheggi, all'interno dell'auditorium, sono considerati troppo cari dal pubblico, scoraggiandone l'uso. Pertanto le auto in sosta per i concerti invadono il quartiere del Villaggio Olimpico.

Gli interni
Una volta inaugurato nella sua integrità, l'auditorium ha incontrato sia consensi che critiche, soprattutto da parte degli architetti: in particolare, è stata criticata la scelta dei materiali per i rivestimenti (mattonelle di terracotta color ocra e lastre di travertino).
http://figure-ground.com/data/rome_auditorium/0021.jpgLe critiche alla sala grande si sono concentrate sull'inadeguatezza del riscaldamento e sulla difficile accessibilità. Non essendo stato possibile intervenire nel sottosuolo, la sala insiste su un piano molto elevato rispetto al piano di campagna, e per raggiungere le gallerie sono a disposizione solo due ascensori. Altre critiche sono state rivolte all'insufficienza dei servizi igienici e dell'aerazione, nei momenti di massima affluenza.
A cinque anni dall'inaugurazione, alcuni sostengono che una sala da oltre 2.700 posti sia sovradimensionata rispetto alle esigenze effettive del pubblico abituale dei concerti di musica classica: a parte poche occasioni (ad esempio, il Festival Abbado dell'ottobre 2005), sono numerose le poltrone che restano vuote. I costi elevatissimi richiesti per la manutenzione della gigantesca struttura hanno poi portato la società a cui è affidata la gestione dell'auditorium ad autofinanziarsi, cedendo i locali per manifestazioni come mostre, congressi, convegni, sfilate di moda e piste di pattinaggio. Dall'ottobre 2006, la "Città della Musica" ospita anche la Festa del cinema, che ha visto l'installazione di numerosissimi stand interni ed esterni e un'affluenza di pubblico notevole. Queste manifestazioni hanno tuttavia luogo in sale e ambienti che mal si prestano a questo genere di funzioni, con il rischio di favorire il veloce degrado delle strutture.

lunedì 4 agosto 2014

Sfinge di Giza

http://www.hotellasfinge.com/slide/curiosita01.jpgLa Sfinge di Giza è una statua, situata nella Necropoli di Giza, raffigurante una sfinge (essere mitologico con volto umano e corpo di leone accovacciato).
È la più grande statua monolitica tra le sfingi egizie: lunga 73,5 metri, alta 20,22 metri e larga 6 metri di cui solo la testa è 4 metri. Il monumento probabilmente fu ricavato da un affioramento di roccia durante la costruzione delle piramidi di Giza. Stranamente la Grande Sfinge è un monumento isolato, quando, invece, le sfingi successive erano poste in coppia per proteggere l’ingresso di un edificio. In teoria poteva essere scolpita un'altra grande sfinge; infatti, poco distante, a sud, nell’altopiano si erge un’altra collinetta di roccia, ma in pratica non è stato così, forse a causa della troppa distanza.Pare sia stata creata attorno al 2500 a.c.al tempo del faraone Chefren (2520-2494 a.C). 
http://www.fauser.edu/fau/egitto/EgittoWebImages/Sfinge.jpg La Grande Sfinge fu realizzata scolpendo la pietra viva, mentre alcune parti sono state costruite o riparate con l’aggiunta di blocchi di roccia tagliati. Tuttavia lo strato roccioso varia all’interno del monumento. La struttura geologica fu analizzata a metà degli anni ottanta del ventesimo secolo, durante i lavori di Lehner e Hawass, dal geologo K. Lal Gauri dell’Università di Louisville, nel Kentucky. Il risultato fu che il monumento era composto da tre diversi strati rocciosi:
  1. lo strato inferiore del corpo è di pietra calcarea dura ma fragile, di origine più antica;
  2. lo strato mediano, che comprende il nucleo della Sfinge, migliora salendo verso l’alto, ma è in media di pessima qualità; per questo sono presenti numerose crepe;
  3. lo strato superiore, che comprende la testa della Sfinge e il collo, è formato da pietra calcarea dura, che diventa sempre più pura nella testa, permettendo di preservarla meglio nel tempo. 
Testa
Nonostante il tipo di pietra utilizzato per la testa della Sfinge sia di qualità migliore del corpo, il volto è la parte più danneggiata del monumento. La causa, tuttavia, non è solamente da attribuire al deterioramento naturale ma anche all’azione dell’uomo. Infatti, il naso è stato completamente rimosso, mentre la bocca e gli occhi sono stati gravemente danneggiati. Contrariamente a quanto alcuni pensano, il naso della Sfinge non fu distrutto in epoca napoleonica, ma nel XIV secolo, ovvero in epoca ottomana, ad opera dei Mamelucchi dello sceicco Saim-ed-Dahr per motivi di fanatismo islamico, come scrisse lo storico arabo El-Makrizi.
http://www.gigalresearch.com/it/images/sfinge04.jpgIl dubbio e la credenza che siano stati i soldati di Napoleone i colpevoli, scaturì dal fatto che nel 1804, Mayer, proprio a seguito della spedizione Napoleonica, pubblicò vedute dell'Egitto, tra le quali una riproducente la Sfinge con il naso al suo posto. Ma possediamo altre immagini, risalenti al 1737, di Frederick Lewis Norden che già mostrano il colosso privo del naso. Per quanto riguarda la datazione, la testa della Sfinge è sicuramente stata realizzata durante la IV dinastia dell’Antico Regno (2620 a.C.-2500 a.C.).
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d9/Great_Sphinx_with_Stelae.jpgL'identificazione del volto raffigurato, invece, desta molti dubbi. Inizialmente era stato attribuito a Chefren, sovrano della IV dinastia egizia (2560 a.C. – 2540 a.C.). Mark Lehner ha mostrato con modelli al computer, che sovrapponendo il volto della Sfinge alla statua del faraone Chefren la somiglianza era evidente. Tuttavia il risultato di Lehner è stato confutato dalla ricostruzione facciale del detective Frank Domingo della polizia di New York. Secondo recenti studi la statua rappresenterebbe, invece, Cheope, secondo sovrano della IV dinastia (2595 a.C. – 2570 a.C.), e la sua costruzione sarebbe da attribuire al figlio Kheper, a lui succeduto prima di Chefren dal 2570 a.C. al 2560 a.C. In conclusione, dopo numerose ricerche non c’è ancora un’ipotesi inconfutabile, anche se l’archeologia ufficiale continua ad attribuire il volto della Sfinge a Chefren.

Legenda
Uno dei misteri della Sfinge, alimentato dalle leggende popolari, è certamente la presenza di passaggi nascosti al suo interno. Attualmente è nota l'origine di uno di essi soltanto: un breve varco senza uscita dietro la testa, effettuato nel XIX secolo da John Shae Perring e Howard Vyse durante la ricerca di una camera segreta all’interno del corpo. L'ipotesi che all’interno del monumento ci siano camere nascoste non ha riscontri scientifici anche se gli ultimi scavi del 2007 hanno rilevato la presenza di una fitta rete di cunicoli.
La stanza dei registri è una mitica biblioteca sepolta sotto la sfinge di Giza, che secondo alcuni conterrebbe tutta la conoscenza degli antichi Egizi su rotoli di papiro, oltre alla storia del perduto continente di Atlantide.

Necropoli di Giza
http://digilander.libero.it/lorisbagnara/ricerche/articoli/001_geometria_giza/geometria_giza_file/geometria_giza_fig03.gifLa Grande Sfinge è parte integrante dell'ampio complesso funerario di Chefren e si trova lateralmente alla rampa processionale che conduce dal tempio a valle alla Piramide di Chefren a Giza.
Il corpo della Sfinge è posto su una piattaforma di pietra ed è circondato da un recinto roccioso a forma di U, realizzato durante gli scavi per la realizzazione del monumento ricavato con la roccia presente all’interno dell' avvallamento del recinto ed è per questo che esso ha la stessa pessima qualità di pietra.
File:Kahfre valley sphinx.svgInoltre essendo infossata, la sfinge, era soggetta, in passato, ad essere sepolta dalle sabbie del deserto, erosa dalle infiltrazioni d'acqua piovana e dall'aumento della falda freatica dovuta alle esondazioni del Nilo. 
A est della Sfinge sorgono due templi, uno di fronte alle zampe posteriori, battezzato come Tempio della Sfinge, mentre l’altro, il Tempio a valle di Chefren, si trova accanto al primo in direzione sud. Entrambi sono stati costruiti con la medesima roccia del corpo della Sfinge, e per questo sono gravemente danneggiati dall’erosione. Quando fu rinvenuto il Tempio a valle di Chefren, l’ipotesi che la Grande Sfinge fosse stata realizzata dopo la costruzione delle piramidi di Cheope e Chefren ebbe una nuova prova. Infatti, il Tempio era collegato alla Piramide di Chefren tramite una via di accesso in pietra calcarea, che era fornita di canali di drenaggio per l’acqua piovana e, sul lato settentrionale, di un grande fosso, che è tagliato in un angolo del recinto della Sfinge e bloccato con pezzi di granito, per non far defluire l’acqua nel sito. Inoltre il ritrovamento sul lato nord del recinto di tombe appartenenti all'epoca di Cheope e Chefren, avvalora l’ipotesi della realizzazione del monumento durante il loro regno o per lo meno non prima.

Erosione
A causa della pessima qualità di pietra calcarea utilizzata, il corpo della Sfinge è la parte più danneggiata dall'erosione naturale.
Il collo e la parte inferiore del copricapo, oggi mancante, hanno subito per secoli il danneggiamento provocato dalle folate di sabbia, quando il corpo era completamente sommerso dalla sabbia del deserto. Dal collo in giù, l'erosione non fu provocata solo dalla sabbia, poiché la qualità di pietra utilizzata era talmente pessima, che cominciò a deteriorarsi fin dalla costruzione del monumento. Infatti, sono presenti numerose crepe lungo il corpo, che sono datate al tempo della formazione della pietra calcarea stessa. A causa del persistente deterioramento, nel corso del tempo sono state compiute moltissime riparazioni.
Negli anni ottanta numerosi egittologi e geologi, tra cui soprattutto K. Lal Gauri, Mark Lehner e Z. Hassan, hanno studiato la condizione odierna di erosione della Sfinge. Il risultato fu la scoperta che il deterioramento del corpo era causato dal fenomeno di condensa notturna, assorbito per azione capillare, con evaporazione mattutina, che provoca la cristallizzazione dei sali nei pori della roccia e l’erosione in seguito all’espansione dei cristalli. Questo fenomeno è ancora attivo e può avvenire anche sotto strati di sabbia: per questo l'erosione del monumento è continuata nonostante fosse ricoperto dalla sabbia per moltissimi secoli.
Sul corpo della sfinge sono presenti evidenti segni di erosione dovuti all'esposizione continua all'acqua piovana, ipotesi accettata dalla comunità scientifica. L'egittologia ufficiale non sa come spiegare questo fatto, considerando che le ultime piogge in grado di sortire tali effetti nella regione di Giza risalgono alla fine dell'ultima glaciazione.
Ma le piogge non smisero di cadere con l'ultima glaciazione, e le precipitazioni avvennero intense e in più periodi fino a circa il 3.000 a.C. determinando quello che viene definito il periodo neolitico umido.
Si è tentato anche di spiegarne la causa con le esondazioni del Nilo, ma i segni dell'erosione presenti, che presentano un'erosione più marcata in alto e meno marcata in basso, sono incompatibili con quelli che causerebbe un'erosione dovuta all'acqua del fiume, che causerebbe segni di erosione più evidenti alla base della statua.
http://www.memphistours.com/files/large/997138358_Suoni%20e%20Luci.jpg

Moschea dello Scià, Iran

La moschea dello Scià (in persiano: Meidān Naqsh-e jahān, مسجد شاه) è la principale moschea di Isfahan. http://www.voir.it/wp-content/uploads/2013/08/651-iran.jpg
Eretta nel 1629 al lato sud di Piazza Naqsh-e jahàn, una delle piazze più grandi del mondo, il cui complesso è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità nel 1979.
Costruita durante il periodo Safavide, l'edificio è un eccellente esempio di architettura islamica dell'Iran e dell'arte islamica in generale. La moschea è riconosciuta come uno dei più grandi capolavori dell'architettura persiana.
http://www.homeandawayviaggi.com/upload/documenti/Jame20Masjid20Yazd20Iran-522591.jpgCon la caduta dello Scià di Persia nel 1979 e l'istituzione della Repubblica islamica dell'Iran (vedi Rivoluzione islamica), la moschea dello Scià è stata ribattezzata moschea dell'Imam, con riferimento all'imam leader della rivoluzione Ruhollah Khomeyni.
 La moschea fu voluta dallo Shah Abbas I, che nel 1611 ne ordinò l'inizio dei lavori. A quel tempo lo Scià aveva già compiuto 52 anni, per permettergli di vedere compiuta la sua opera si introdusse per la prima volta in Iran la tecnica delle piastrelle già dipinte da assemblare poi secondo il modello prestabilito. Tale scelta fu determinante, infatti le tecniche tradizionali disponibili erano complessi mosaici realizzati con milioni di singole piastrelle, o le decorazioni sono dipinte direttamente sulle pareti (proprio il palazzo di Ali Qapu, sul lato ovest della piazza, possiede decorazioni di questo tipo).
Tramite questa innovazione già nel 1629 (18 anni dopo dall'inizio dei lavori) la moschea fu praticamente terminata, benché i lavori si protrassero fino al 1638.
La pianta asimmetrica della moschea è dovuta a un doppio allineamento: il portale è orientato verso la piazza, la moschea invece in direzione della Mecca. http://cdn2.stbm.it/zingarate/gallery/foto/spagna/i-palazzi-piu-belli-del-mondo/moschea-dello-scia-isfahan.jpeg?-3600
Il portale dell'edificio è alto 27 metri ed è affiancato da due minareti di 42 metri. Tutte le mura dell'edificio sono decorate con tessere di mosaico di sette colori con un notevole effetto ottico.
La porta di accesso, in legno ricoperto da strati di oro e argento, è decorato con alcuni poemi scritti in caratteri calligrafici nasta'liq. La moschea è dotata di 4 iwān o mihrab, dei quali il più grande è quello che indica la direzione della Mecca. Dietro di esso si apre uno spazio ricoperto dalla più grande cupola della città, alta 52 metri.

Moschea blu, Istanbul

La Sultanahmet camii o Sultan Ahmet camii , è una delle più importanti moschee di Istanbul.
http://images.placesonline.com/photos/41426_istanbul_moschea_blu.jpgDopo la pace di Zsitvatorok e gli sfortunati risultati della guerra con la Persia, il sultano Ahmed I decise di costruire una grande moschea a Istanbul per placare Allah. Questa fu la prima moschea imperiale costruita ad Istanbul dopo la moschea di Solimano, eretta quarant'anni prima. Mentre i suoi predecessori innalzarono moschee con il proprio patrimonio personale, Ahmet I utilizzò denaro pubblico, dal momento che non aveva ottenuto consistenti vittorie militari, provocando il dissenso degli ulema. La moschea fu edificata su parte del sito del Gran Palazzo di Costantinopoli, di fronte ad Hagia Sophia (a quel tempo la più venerata moschea di Istanbul) e all'ippodromo, un altro sito di grande valenza simbolica. La costruzione della moschea iniziò nel 1609: lo stesso sultano diede avvio ai lavori. Era, infatti, sua intenzione che questa moschea divenisse il luogo di culto più importante dell'Impero. Scelse per sovraintendere ai lavori il suo architetto Sedefkar Mehmet Ağa, prima allievo e poi assistente di Sinan. L'organizzazione della costruzione fu meticolosamente descritta in otto volumi ora conservati nella biblioteca del Topkapi.
http://blog.tripwolf.com/it/blog/wp-content/uploads/2011/02/moschea-blu-notte.jpgLa cerimonia di apertura avvenne nel 1617 (benché il cancello della moschea ricordi l'anno precedente) e il sultano poté pregare nel proprio spazio (hünkâr mahfil). I lavori di completamento si conclusero sotto il successore di Ahmet Mustafa I.
http://www.willgoto.com/images/Size3/Turkey_Istanbul_Blue_Mosque_bda42ec9f1744e5c863759d8d97c0e5d.jpg L'immagine della moschea venne stampata sulle banconote da 500 lire in corso negli anni 1953-1976.
Universalmente è conosciuta come la Moschea Blu. Il suo nome deriva dalle 21.043 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola. È infatti il turchese il colore dominante nel tempio. Pareti, colonne e archi sono ricoperti dalle maioliche di İznik (l'antica Nicea), decorato in toni che vanno dal blu al verde. Rischiarate dalla luce che filtra da 260 finestrelle, conferiscono alla grande sala della preghiera un'atmosfera suggestiva quanto surreale. La Moschea Blu, che risale al XVII secolo, è anche l'unica a poter vantare ben sei minareti, superata in questo solo dalla moschea della Ka'ba, alla Mecca, che ne ha sette. Tale particolarità architettonica è dovuta, secondo una storia popolare, ad un fraintendimento: l'espressione delle manie di grandezza del sultano Ahmed I, non potendo eguagliare la magnificenza della moschea di Solimano né quella di Hagia Sophia, non trovò soluzione migliore per cercare di distinguerla che i minareti in oro; L'architetto fraintese però le parole del sultano, capendo "altı" (in turco "sei") anziché "altın" (oro).  Il sultano aveva una loggia privata a piano superiore, che poteva essere raggiunta direttamente a cavallo.

 Consigli
  • L’ingresso ai non musulmani è permesso entrando dal cortile che si affaccia sull’Ippodromo tutti i giorni tranne durante gli orari di preghiera che mutano a seconda della posizione della luna.
  • E’ obbligatorio lasciare le proprie scarpe fuori dalla moschea, negli appositi ripiani: portate con voi un paio di calzini per girare in tranquillità.
  • Ricordatevi sempre che siete all’interno di un luogo di culto: massima discrezione e rispetto del silenzio.
  • Le donne sono invitate a coprirsi il capo con scialle o foulard.
  • La vista migliore della moschea la potete avere entrando dal cortile dalla parte dell’Ippodromo: vi si aprirà uno scorcio assolutamente sublime, soprattutto al tramonto quando la pietra si ammanta di un delicato color miele.
  • Vi consigliamo di tornare anche durante le ore notturne: le luci e il vivace via dei fedeli unito al color cobalto del cielo vi lasceranno senza fiato.
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Torre di Betlemme, Lisbona

http://www.weagoo.com/uploads/card/18439-clipboard01.jpgLa torre di Betlemme o, più correntemente, torre di Belém (in portoghese: torre de Belém) o "torre di San Vincenzo" è una torre fortificata situata nella freguesia di Santa Maria de Belém, nel comune di Lisbona, in Portogallo. Si tratta di un patrimonio mondiale dell'UNESCO (insieme al vicino Monastero dei Jerónimos), simbolo e memoria del ruolo importante che il Portogallo ha giocato nell'era delle grandi esplorazioni. La Torre fu commissionata dal re Giovanni II come parte di un sistema di difesa alla foce del fiume Tago e come porta cerimoniale di Lisbona. La torre fu costruita nei primi anni del XVI secolo ed è un esempio lampante dello stile manuelino portoghese, ma incorpora anche accenni di altri stili architettonici. La struttura è composta da un bastione di 30 metri con quattro torri.
http://static.turistipercaso.it/image/o/o/dscn0590_37564_sfsnt.T0.jpg Nel tardo XV secolo, il Re Giovanni II ha progettato un sistema di difesa per la foce del fiume Tago, con la costruzione della Fortezza di Cascais e della Fortezza São Sebastião di Caparica sul lato sud del fiume. Questi forti non coprivano completamente la foce del fiume e una maggiore tutela era necessaria. Re Giovanni II progettò la torre per completare il sistema difensivo e il re Manuel I terminò la costruzione della torre dopo la morte di re Giovanni II. 
Prima del completamento della torre, la Nau Grande (1100 tonnellate di stazza), ancorata nell'estuario, era stata utilizzata per integrare le difese con le sue bocche da fuoco. La costruzione della torre ha completato il sistema di difesa e fu terminata negli ultimi cinque anni del regno di Manuel. La torre fu costruita tra il 1515 e il 1521 dall'architetto militare Francisco de Arruda e da Diogo de Boitaca, che era anche il primo architetto del vicino monastero dei Jerónimos, partecipando anche alla decorazione della Torre. Questa è stata dedicata al santo patrono di Lisbona, San Vincenzo. Diverse guide sostengono che la torre è stata costruita nel bel mezzo del fiume Tago e ora siede vicino alla riva dopo il terremoto del 1755 che avrebbe deviato il corso del fiume. Ma altri riferimenti, che comprendono sia il ministero portoghese della Cultura che l'Istituto del patrimonio architettonico, affermano che in origine la torre sorgeva su di una piccola isola rocciosa vicino alla riva del Tago, di fronte alla spiaggia di Restelo. Poiché il litorale si è progressivamente spostato verso sud nel corso degli anni, la torre è ormai quasi sulla stessa riva del fiume. http://www.failcaffe.it/wp-content/uploads/2012/09/erasmus-lisbona-2012-2013_172.jpg

Porta di Brandeburgo, Berlino

http://www.cfpupt.it/sites/default/files/Berlino_ArcoDiTrionfo.jpgLa Porta di Brandeburgo è una porta neoclassica di Berlino. Si trova fra i quartieri di Mitte e Tiergarten.
È il monumento più famoso di Berlino ed è conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città stessa e della Germania.
http://www.lsgobetti.it/Viaggi_Istruzione/Berlino_gita/Berlino_Porta_Brandeburgo.jpgVenne costruita a partire dal 1788 ed aperta al traffico il 6 agosto del 1791 da Carl Gotthard Langhans che prese spunto dalla ricostruzione dei Propilei di Atene pubblicata da Leroy nel "Ruines des plus beaux Monuments de la Grèce" nel 1758. Lo stile utilizzato da Langhans è definibile come dorico-romano semplificato, infatti alla base delle colonne sono presenti delle basi e alla fine del fregio compaiono mezze metope, in contrasto con lo stile dorico che prevede colonne senza basi e la parte terminale del fregio risolta con un triglifo. Essa costituisce il punto finale occidentale del viale Unter den Linden presso la Pariser Platz. La porta è alta 26 metri e larga 65. Le colonne doriche in pietra, che a terra hanno un diametro di 1,75 metri, creano 5 punti di passaggio.
Dopo l'abbattimento delle mura cittadine, Johann Heinrich Strack aggiunse nel 1968 ai lati della costruzione centrale due basse costruzioni.
La quadriga, vista notturna
La quadriga sulla sua sommità fu creata nel 1794 da Johann Gottfried Schadow. Napoleone I la trasportò nel 1807 a Parigi, come bottino di guerra. Nel 1814 i prussiani la riportarono indietro, ed aggiunsero la croce di ferro alla corona che sormonta l´asta in mano alla dea della pace.
Durante la Guerra Fredda si trovava a Berlino Est vicino al muro che divise Berlino dal 1961 al 1989.
La costruzione e la quadriga vennero seriamente danneggiate durante la seconda guerra mondiale e restaurate tra il 1956 ed il 1958. Gli stampi originali della quadriga si trovavano fortunatamente ancora nel deposito della fonderia Noack a Berlino ovest. I resti del Muro di Berlino e dei vari sbarramenti nelle vicinanze della porta vennero a mano a mano completamente demoliti. La notte di capodanno del 1989 la quadriga venne di nuovo danneggiata, ma già nel 1991 vennero terminati i lavori di restauro. Attualmente è raffigurata su alcune monete (10, 20 e 50 cent di euro) emesse dalla zecca tedesca. Nel 1963, quando il presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy visitò la porta di Brandeburgo, i sovietici appesero grandi striscioni rossi su di essa per impedirgli di guardare ad Est. Negli anni ottanta, denunciando l'esistenza di due Stati tedeschi, il sindaco di Berlino Ovest Richard von Weizsäcker disse: «La questione tedesca è aperta fino a quando la porta di Brandeburgo resterà chiusa».
 http://itphoto980x880.mnstatic.com/porta-di-brandeburgo_392066.jpg

Ponte Vecchio, Firenze

http://www.florenceparking.it/wp-content/uploads/2013/04/Viabilit%C3%A0-in-zona-ponte-vecchio-a-firenze.jpgIl Ponte Vecchio è uno dei simboli della città di Firenze ed uno dei ponti più famosi del mondo. Attraversa il fiume Arno nel suo punto più stretto, dove nell'antichità esisteva un guado.
 Il primo attraversamento sull'Arno doveva trovarsi leggermente più a monte dell'odierno ponte, sulla prosecuzione del cardo maximo delle attuali via Roma-via Calimala, ovvero nell'attuale piazza del Pesce. Doveva risalire a poco dopo la fondazione della città, ovvero alla metà del I secolo a.C., e avere un andamento obliquo rispetto alla corrente, per meglio sostenere la spinta delle piene. Sondaggi effettuati nell'alveo del fiume alla fine degli anni cinquanta hanno infatti rivenuto due larghe fondazioni in calcestruzzo riferibili in tutta probabilità al primo ponte romano.
http://static.guide.supereva.it/guide/toscana_meravigliosa/storia-e-arte-del-ponte-vecchio-di-firenze/big_negozipontevecchiofirenze.jpgTale passerella dovette essere consolidata e allargata verso il 123, quando Adriano promosse la costruzione della via Cassia Nuova, che attraversava la città e che corrispondeva verosimilmente, sulla sponda sud, alle vie de' Bardi e di San Niccolò. Il ponte aveva già forse piloni in muratura, mentre la travatura doveva essere, come di consueto, in legno. Il primo ponte romano dovette andare distrutto verso il VI-VII secolo, per l'incuria e le guerre dell'epoca barbarica, oltre che per probabili danni legati ad alluvioni. 
Difficile è ipotizzare quanti ponti siano stati travolti dalle frequenti inondazioni dell'Arno e quanti ricostruiti. Tra le scarse tracce documentarie ne esiste una del 972 in cui il vescovo Sichelmo conferiva a padre Domenico d'Orso la chiesa di Santa Felicita "non lunge da capo di ponte de fluvio Arno". Giovanni Villani parlò di un ponte costruito sotto Carlo Magno, ed è forse nel IX o X secolo che l'attraversamento ebbe la posizione attuale.

Primo ponte
Sicuramente un ponte nelle attuali posizioni venne rifatto dopo un crollo nel 1177. Studi novecenteschi sui resti nelle testate e nei piloni dimostrano che esso poggiava su residui più antichi, come travi in rovere della seconda metà del X secolo. 
http://firenze.repubblica.it/images/2013/12/13/172058748-96b32552-eec5-4f3f-8434-dcdb219f07bb.jpgDanneggiato nel 1222 e nel 1322, fu spazzato via dall'alluvione del 1333, una delle più violente che si ricordino. Dopo la costruzione dei "lungarni", il ponte venne ricostruito, a tre valichi, nel 1345 ed è considerato opera di Taddeo Gaddi o di Neri di Fioravante.
Nel 1442 l'autorità cittadina per salvaguardare la pulizia e il
decoro, impose ai macellai di riunirsi nelle botteghe sul Ponte Vecchio per renderli un po' isolati dai palazzi e dalle abitazioni del centro. La disposizione mirava soprattutto ad eliminare le consuete, maleodoranti tracce lasciate dai barroccini dei beccai lungo le strade fino all'Arno durante il trasporto degli scarti più minuti delle lavorazioni delle carni, scarti che potevano ora disperdersi direttamente, senza alcun danno, nella sottostante corrente del fiume. Da quel momento il ponte divenne il mercato della carne ed i beccai, divenuti in seguito proprietari delle botteghe, per ottenere più spazio, vi aggiunsero in modo disordinato delle stanzette aggettanti sul fiume puntellandole con pali di legno. Nel 1565 l'architetto Giorgio Vasari costruì per Cosimo I il "corridoio vasariano", con lo scopo di mettere in comunicazione il centro politico e amministrativo a Palazzo Vecchio con la dimora privata dei Medici, Palazzo Pitti. Il corridoio sopraelevato, lungo circa un chilometro e costruito in soli cinque mesi, parte da Palazzo Vecchio, passa dalla Galleria degli Uffizi, costeggia il lungarno Archibusieri, passa quindi sopra le botteghe del lato est (sinistro) del ponte, aggira alla sua estremità la torre dei Mannelli, sostenuto da beccatelli e prosegue sulla riva sinistra fino a Palazzo Pitti.
Le botteghe dei macellai furono poi occupate da orafi e gioiellieri per ordine di Ferdinando I nel 1593 che mal gradiva un commercio poco nobile e con odori sgradevoli sotto le finestre del corridoio sospeso.
Il Ponte Vecchio fu visitato da Hitler, Mussolini e le gerarchie naziste e fasciste in occasione del viaggio dei tedeschi in Italia del 1938 in cerca di alleanze. Per quella circostanza furono aperti i tre finestroni panoramici al centro del Corridoio Vasariano. In seguito alla ritirata delle truppe naziste, questo fu l'unico ponte di Firenze che non venne fatto saltare dai tedeschi nel 1944 nel corso della seconda guerra mondiale, ciò grazie anche al provvidenziale intervento del rappresentante tedesco a Firenze Gerhard Wolf, il quale nel dopoguerra ottenne per questo ed altri meriti la cittadinanza onoraria di Firenze e che è ricordato con una targa apposta sul ponte medesimo. Furono però pesantemente danneggiati i punti di accesso al ponte, le zone di via Por Santa Maria, via Guicciardini e borgo San Jacopo che oggi sono così incongruamente moderne per via della frettolosa ricostruzione dei primi anni cinquanta. Il Corridoio Vasariano nei convulsi giorni della liberazione rimase l'unico modo di spostarsi fra nord e sud della città, come è testimoniato anche nell'episodio dedicato a Firenze nel film Paisà di Roberto Rossellini, dove la protagonista passa in incognito da una spoglia Galleria degli Uffizi piena di statue antiche impacchettate.

Anfiteatro romano, Verona

L'Arena di Verona è un anfiteatro romano situato nel centro storico di Verona, icona della città veneta insieme alle figure di Romeo e Giulietta. Si tratta di uno dei grandi fabbricati che hanno caratterizzato l'architettura ludica romana ed è l'anfiteatro antico con il miglior grado di conservazione, grazie ai sistematici restauri realizzati dal seicento ad oggi.
http://th02.deviantart.net/fs70/PRE/i/2013/242/2/c/arena_di_verona__italy_by_pixolero-d628718.jpgDurante il periodo estivo viene utilizzato per il celebre festival lirico e vi fanno tappa numerosi cantanti e band.
http://farm1.static.flickr.com/186/472487498_961fbe0e22.jpgLa mancanza di fonti scritte circa l'inaugurazione dell'anfiteatro rende molto difficile fornire una cronologia sicura, tanto che in passato, da diversi studi, sono emerse date molto differenti, un periodo di tempo che va dal I al III secolo, anche se ormai è dimostrato che non può essere stato costruito dopo il I secolo. Lo storico Pirro Marconi propendeva in particolare per la costruzione tra il secondo ed il terzo decennio del I secolo, cioè tra la fine del periodo augusteo e l'inizio di quello tiberiano, mentre più recentemente Luigi Beschi propendeva per la metà dello stesso secolo.
Per datare l'Arena la si può confrontare con l'anfiteatro di Pola, dato che quest'ultimo è il più simile a quello veronese, sia per l'aspetto stilistico che per quello tecnico, ed inoltre appartiene alla stessa area geografica e culturale: le somiglianze sono tali da far pensare che i due siano opera dello stesso architetto e delle stesse maestranze. Per l'anfiteatro di Pola in genere la costruzione viene datata nel periodo augusteo, per cui è probabile che l'Arena sia stata realizzata all'incirca negli stessi anni.
Altri elementi per una datazione vengono forniti dalla testa di un gladiatore a grandezza naturale, realizzata in tufo: la testa è racchiusa in un elmo nel quale si aprono due fori rotondi, dai quali si intravedono gli occhi. La celata è costituita da due parti che si uniscono esattamente nella metà del viso: queste paragnatidi partono all'altezza delle orecchie abbastanza sottili ma si ampliano fino a coprire tutto il viso, tranne gli occhi. Esse sembrano tenute insieme tramite due corregge incrociate sotto il mento. Questo tipo di elmo si diffonde alla fine dell'età augustea, ovvero circa tra il 10 ed il 20 d.C., e già dopo il 40 questo tipo di elmo si modifica ancora: questo riduce l'arco di tempo in cui può essere stato costruito l'anfiteatro, tra la fine del regno di Augusto fino all'inizio di quello di Claudio. Considerando che le statue venivano realizzate alla fine della costruzione dell'edificio si può supporre che l'Arena fosse già completa verso il 30 d.C., come conferma lo storico Pirro Marconi. Oltre all'elmo anche altre decorazioni sembrano portare a questo periodo la datazione della costruzione dell'anfiteatro.
http://www.camillotrevisan.it/anfite/figura15.gifNel 1450, durante il dominio veneto, vennero compilati nuovi statuti aventi alcune disposizioni riguardanti l'Arena.
Inoltre viene confermata la disposizione che obbliga le prostitute a risiedere nell'Arena. Questo è il più antico documento ufficiale in cui l'edificio viene definito memorabile, e a partire da questo periodo i letterati iniziano la sua esaltazione, mentre la cultura rinascimentale spinge a un sempre più approfondito interessamento per essa con analisi critiche e storiche del monumento, studiato anche da personalità del calibro di Giovan Francesco Caroto e Andrea Palladio: architetti e artisti che cercarono anche soluzioni valide a garantire la conservazione dell'Arena. Importante fu il riscatto di parte dell'ipoteca a vantaggio dell'Università dei Cittadini, grazie al quale nel 1537 si poté sancire l'allontanamento delle prostitute dagli arcovoli, che furono affittati ad artigiani e commercianti. A metà del XVI secolo Bra, la grande piazza su cui si affaccia l'anfiteatro, cominciò un lento processo di rinnovamento, così nel 1568 si deliberò il restauro dello stesso anfiteatro, che si trovava in condizioni di trascuratezza, anche se i lavori furono interrotti già nel 1575 per via della grave pestilenza che aveva colpito Verona. Nel 1586 il Comune poté finalmente riscattare interamente l'Arena dall'Università dei Cittadini.
http://www.shakespeareinitaly.it/arenacintaesterna.JPGNel 1651 iniziarono dei lavori di restauro che vennero interrotti nel 1682, ma si ebbero altri interventi significativi nel 1694 e nel 1699, con il restauro parziale della gradinata. Nei primi anni del XVIII secolo le manutenzioni straordinarie vennero arrestate per poter iniziare opere di scavo archeologiche all'interno dell'Arena: le ricerche iniziarono nel 1710 con Ottavio Alecchi, che scoprì il pozzo centrale e il canale ellittico che fronteggia il primo gradino, che notò essere anticamente coperto da lastre di pietra aventi al centro, a distanza fissa, un foro circolare dal diametro di 7 cm. Nel 1728 Scipione Maffei pubblicò il testo Degli anfiteatri e in particolare del veronese all'interno del quale critica gli scavi nella cavea che ha alterato la configurazione originale interna del monumento. Per la stesura del lavoro il Maffei condusse un'attenta ricerca storica e un'indagine del monumento, anche attraverso scavi archeologici durante i quali si erano verificati alcuni ritrovamenti. I problemi archeologici che individuò furono:
  • la suddivisione della gradinata in meniani e in cunei;
  • il coronamento della parte superiore interna con una loggia;
  • la collocazione e l'altezza del podio che calcolò in 1,53 metri, quale fu poi ricostruito;
  • le funzioni dei condotti sotterranei, che nega possano essere stati utilizzati per allagare l'Arena;
  • il pozzo centrale, fino allora pensato come sostegno per il velarium, ma da lui pensato come sistema di scolo delle acque piovane.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/9b/Disegno_Arena_bis.jpgDal settembre 1728 al luglio 1729 si svolsero gli importanti lavori di sgombero dello strato di terra (120 cm) che ricoprivano il piano dell'arena, mentre dal 1731 al 1735 venne restaurata e consolidata l'Ala. I lavori poi ripresero con vigore solamente nel 1761, quando furono affidati i compiti di scavo, di rilevamento dell'ellisse, dell'euripio e del podio, oltre alla realizzazione di un modello fino al secondo ordine di vomitori per la giusta ricollocazione dei gradini per avviare la radicale revisione del lavoro precedentemente compiuto senza impegno critico. I lavori vennero interrotti nel 1772 per mancanza di fondi, ripresero quindi nel 1780 e si interruppero nuovamente tre anni dopo.
 L'anfiteatro veronese sorse a circa 70–80 m dalle mura repubblicane della città, di fronte all'angolo formato dalla cinta cittadina a meridione. Questo evidenzia il fatto che non era stato previsto nel progetto originario della città, come ad esempio il theatrvm Veronense, anche perché la metà del I secolo a.C. (quando venne rifondata la città all'interno dell'ansa dell'Adige), fu un periodo di guerre civili, e non era quindi realistica la costruzione di un edificio tanto imponente vicino alle mura della città, che avrebbe indebolito, se non addirittura reso inutile, il sistema difensivo: si conclude quindi che l'opera venne costruita in un periodo di pace, che coincide quasi sicuramente con l'inizio dell'età imperiale. A prova di questo, nel III secolo, in un periodo di crisi, anarchia militare e di invasioni barbariche, l'imperatore Gallieno sentì il bisogno di costruire una nuova cinta muraria che includeva anche l'Arena.
Il fatto che l'opera venne costruita esternamente alle mura significa che lo spazio interno era stato ormai quasi completamente edificato. Questa caratteristica, inoltre, impose anche la rivisitazione della viabilità, dato che nell'anfiteatro affluivano decine di migliaia di persone, provenienti dalla città, dall'agro e dai centri vicini, e avrebbero intasato le porte che conducevano ad esso (tra l'altro la via Postumia, che entrava a porta Borsari, era una strada già molto trafficata): vennero quindi rifatte porta Leoni e porta Borsari, e vennero probabilmente creati due nuovi sbocchi minori all'altezza dell'anfiteatro. L'orientamento di quest'ultimo, inoltre, rende particolarmente evidente il collegamento con la città, nonostante sia stato costruito postumo: esso è in asse con il reticolo urbano, in particolare l'asse maggiore è parallelo ai cardini, mentre l'asse minore è parallelo ai decumani. Questo orientamento parallelo a quello della città si spiega principalmente con la necessità di collegare le fognature dell'anfiteatro con il sistema cittadino.
Da notare, inoltre, che la posizione esterna alla cinta muraria consentiva un afflusso facilitato da parte dell'agro e da altre città. Gli spettacoli si tenevano a distanze abbastanza lunghe gli uni dagli altri, dato il loro alto costo, per cui era normale che arrivassero anche abitanti di altre città ad assistervi.

Architettura
L'elemento base della pianta dell'anfiteatro è costituito dall'ellisse dell'arena (lo spazio centrale in cui si svolgevano gli spettacoli), che fu quasi sicuramente tracciata sul terreno all'inizio dei lavori: il perimetro esterno dell'anfiteatro si ottenne poi tracciando una linea concentrica a quella dell'arena. Questa ellisse base venne ottenuta con quattro cerchi, di cui i due minori (posti lungo l'asse maggiore) ottenuti suddividendo il semiasse maggiore in cinque parti di 25 piedi l'una, due delle quali altro non sono che il raggio preso all'estremità dello stesso asse maggiore. La curva maggiore invece ha un raggio di sette parti da 25 piedi, con il centro all'estremità del prolungamento esterno.
http://static.turistipercaso.it/image/v/verona/verona_tgfc7.T0.jpgL'arena misura 75,68 m x 44,43 m, ovvero 250 x 150 piedi romani, dunque una cifra tonda, a conferma della semplicità del modulo base utilizzato, con un rapporto tra asse maggiore e asse minore di 5 a 3. La cavea è invece larga 39,40 m, ovvero 125 piedi, mentre le dimensioni massime dell'anfiteatro (asse maggiore x asse minore) sono di 152,43 m x 123,23 m, ovvero 520 x 420 piedi romani.
L'anfiteatro sorgeva su di una lieve prominenza artificiale (mentre oggi si trova sotto il normale livello stradale), e le sue fondazioni erano costituite da una platea in opera cementizia. Tra l'anello più esterno e la base del podio vi è un dislivello di 1,60 m. Il drenaggio delle acque, molto importante per un'opera di tali dimensioni, era assicurato da tre cloache anulari poste sotto il pavimento di altrettante gallerie concentriche, che non erano altro che la struttura portante del primo piano. Altre due cloache erano poste lungo gli assi maggiore e minore della struttura, e portavano le acque di scarico fino all'Adige (tra l'altro, una di queste è stata esplorata per circa cento metri). Questo sistema di fogne era molto efficiente, anche per via delle grandi dimensioni: l'altezza si mantiene costantemente sui due metri. Esse furono costruite con tratti di muratura a ciottoli legati con malta, e alternati a file orizzontali di tre mattoni, mentre grandi lastre di pietra fungono da copertura. Una tecnica simile era stata utilizzata per la messa in opera dell'impianto fognario cittadino.

Esterno
 L'aspetto del monumento è oggi piuttosto diverso rispetto a quello originale, in particolare per via della mancanza dell'anello esterno, che sarebbe stata la vera facciata monumentale, compito oggi svolto dalla fronte interna. L'unico tratto rimasto in piedi della cinta esterna è la cosiddetta Ala, composta da quattro archi. Questo anello non aveva una funzione importante, ma serviva da facciata monumentale all'opera: le sue arcate riflettevano esattamente gli ambienti vuoti sottostanti la cavea, mentre gli enormi pilastri riassumevano e ultimavano le linee di forza che provenivano dall'interno. La sovrapposizione di tre ordini di arcate rendeva esplicita all'esterno l'esistenza delle due gallerie e del porticato superiore, mentre gli architravi concludevano le volte delle gallerie interne. In questo modo i complessi volumi interni trovano all'esterno un'espressione estetica e spaziale.
http://residencexperia.com/MediaFiles/Images/t5_verona_l_arena_di_verona__4e388e2d2cd76_20110803_015421.jpgI collegamenti tra facciata e la costruzione retrostante sono dati solo dalle fondamenta comuni e dalle volte a botte della terza galleria e di quella soprastante. La facciata è composta da tre ordini sovrapposti di arcate, realizzata interamente con blocchi ben squadrati di una pietra molto comune nella provincia di Verona, il calcare rosso ammonitico. Le arcate del primo ordine sono alte 7,10 m, quelle del secondo 6,30 m, mentre quelle del terzo 4,50 m: questa disposizione delle altezze accentua, se visto dal basso, l'impressione dello slancio verticale. I pilastri del primo ordine sono larghi 2,30 m e profondi 2,15 m (quindi quasi quadrati), e su di essi una lesena si conclude con un capitello di ordine tuscanico, al livello della cornice. Gli archi si appoggiano su due semicapitelli, e si concludono sul lato della lesena, poco sopra la sua metà. Al di sopra dei capitelli tuscanici si trova una fascia di blocchi che, sopra ogni arcata, portano il numero di ingresso (oggi sono presenti quelli dal LXIV al LXVII, anche se attorno all'anfiteatro sono disposti altri blocchi con la numerazione), quindi un secondo fascio di blocchi uguali al precedente, che sostengono la cornice superiore. Dato che le arcate, e quindi gli ingressi, erano 72, considerando la numerazione di quelli superstiti dell'Ala si può evincere che il numero I doveva essere quello dell'ingresso ovest, a conferma della maggiore importanza di quel settore. La numerazione degli ingressi procedeva in senso antiorario.
Il secondo ordine della facciata è praticamente uguale al primo, se si esclude la minore altezza. Nel terzo ordine vi è invece qualche piccola differenza: i capitelli sono sempre di ordine tuscanico, però sono assenti le lesene, mentre la cornice è costituita da una trabeazione conclusa da un fregio ed un'ulteriore cornice. All'interno si trovavano poi delle mensole utilizzate per sostenere le travi del portico, e certamente non per sostenere il velario, come hanno pensato alcuni studiosi (anche perché con il suo enorme peso le mensole avrebbero potuto sostenerlo solo se poste esternamente).
L'utilizzo dello stesso ordine in tutti gli ordini è tipico di altri anfiteatri, come quello di Nîmes o di Pola.

Interno
Partendo dall'interno dell'anfiteatro e muovendo lungo l'asse delle gallerie si trovano un massiccio in opera cementizia a 6,80 m dal margine esterno della cavea e quindi la prima galleria, larga 3 m ed alta 3,60 m, seguita dopo 11,18 m dalla seconda, larga 3,30 m ed alta 9,10 m, ed quindi la terza galleria a 14,45 m dalla seconda, larga 4,30 m ed alta 8,15 m. Sopra la galleria più esterna ne sorgeva un'altra (delle stesse dimensioni), che, a sua volta, reggeva il portico della cavea.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjTilcbRaT1DXWTLZeezDpKH_DFtODCBa4GbG-nkN2YTam2JaO1OdL76BDmH-sAmV0wER4QDWXXRyOCKPk2nmWvby2O2PzTqpRRmMtiEOy-FtaDiA7nBZXRbp5tnmgO3-0CzHdVoTaxmzP-/s1600/IMG_0447.JPGQueste tre gallerie concentriche andavano a formare quattro settori. Partendo sempre dall'interno, tra l'arena e la prima galleria è presente il primo ordine di gradinate, il maenianum. Il primo corridoio anulare, detto praecinctio, poggiava sulla volta della prima galleria, e separava il secondo ordine di gradinate, tra prima e seconda galleria. Sopra la volta della seconda galleria vi era quindi il secondo corridoio anulare, che separava il secondo dal terzo ordine di gradinate. A questo punto le scale che portano ai vomitori hanno un andamento più complesso ed iniziano ad incrociarsi. Vi era quindi un terzo corridoio anulare che separava terzo e quarto ordine di gradinate. Dopo si alzava un portico, in corrispondenza della galleria più esterna, il cui tetto poggiava sul colonnato antistante la cavea da una parte, e su delle mensole (ancora visibili sull'Ala) dall'altra. L'ingresso più monumentale dell'anfiteatro è posto ad ovest dell'edificio, quindi verso porta Borsari e la via Postumia: qui la volta centrale è alta il doppio delle altre e giunge fin sotto le gradinate della cavea. Il settore ovest doveva quindi essere il più importante, come sembra confermare anche la diversa disposizione delle scale d'accesso rispetto al settore est: nel primo settore (quello ovest) gli ambienti sono simmetrici, in questo modo i corridoi sono realizzati rettilinei e conducono dunque gli spettatori direttamente agli ordini inferiori delle gradinate, mentre nel settore est i corridoi sono piuttosto irregolari, e la maggior parte delle persone veniva incanalato verso gli ordini di gradinate superiori. Al contrario, nel settore ovest la maggior parte degli ospiti era incanalato verso gli ordini inferiori. Inoltre, dall'ingresso monumentale, entrava probabilmente la processione che inaugurava i giochi.

domenica 3 agosto 2014

Duomo, Milano

http://www.truemilan.com/wp-content/uploads/Duomo_milano1.jpgIl duomo di Milano, monumento simbolo del capoluogo lombardo, è dedicato a Santa Maria Nascente ed è situato nell'omonima piazza nel centro della metropoli. Per superficie, è la quarta chiesa d'Europa, dopo San Pietro in Vaticano, San Paolo a Londra e la cattedrale di Siviglia. È la chiesa più importante dell'arcidiocesi di Milano ed è sede della parrocchia di Santa Tecla nel Duomo di Milano. 
Nel luogo in cui sorge il duomo un tempo si trovavano l'antica cattedrale di Santa Maria Maggiore, cattedrale invernale, e la basilica di Santa Tecla, cattedrale estiva. Dopo il crollo del campanile, l'arcivescovo Antonio de' Saluzzi, sostenuto dalla popolazione, promosse la ricostruzione di una nuova e più grande cattedrale (12 maggio 1386), che sorgesse sul luogo del più antico cuore religioso della città. Per il nuovo edificio si iniziò ad abbattere entrambe le chiese precedenti: Santa Maria Maggiore venne demolita per prima, Santa Tecla in un secondo momento, nel 1461-1462 (parzialmente ricostruita nel 1489 e definitivamente abbattuta nel 1548).
http://www.italy-travel-vacation.com/Milano/Big/Immagine%20011.jpgLa nuova chiesa, a giudicare dai resti archeologici emersi dagli scavi nella sacrestia, doveva prevedere originariamente un edificio in mattoni secondo le tecniche del gotico lombardo. Nel gennaio 1387 si gettarono le fondazioni dei piloni, opere colossali che erano state già progettate su disegno l'anno precedente. Durante il 1387 si continuarono gli scavi delle fondazioni e si continuarono i piloni. Ciò che fu fatto prima del 1386 venne tutto disfatto o quasi.Nel corso dell'anno il Signore Gian Galeazzo Visconti, assunse il controllo dei lavori, imponendo un progetto più ambizioso. Il materiale scelto per la nuova costruzione divenne allora il marmo di Candoglia e le forme architettoniche quelle del tardo gotico di ispirazione renano-boema. Il desiderio di Gian Galeazzo era infatti quello di dare alla città un grandioso edificio al passo con le più aggiornate tendenze europee, che simboleggiasse le ambizioni del suo Stato, che, nei suoi piani, sarebbe dovuto diventare il centro di una monarchia nazionale italiana come era successo in Francia e in Inghilterra, inserendosi così tra le grandi potenze del continente. Gian Galeazzo mise a disposizione le cave e accordò forti sovvenzioni ed esenzioni fiscali: ogni blocco destinato al Duomo era marchiato AUF (Ad usum fabricae), e per questo esente da qualsiasi tributo di passaggio. Come testimonia il ricco archivio conservatosi fino ai giorni nostri, il primo ingegnere capo fu Simone d'Orsenigo, affiancato da altri maestri lombardi, che nel 1388 iniziarono i muri perimetrali. Nel 1389-1390 il francese Nicolas de Bonaventure venne incaricato di disegnare i finestroni. 
http://datastorage02.maggioli.it/data/docs/illuminazione.architetti.com/Duomo_Milano_04.jpgA dirigere il cantiere vennero chiamati architetti francesi e tedeschi, come Jean Mignot, Jacques Coene o Enrico di Gmünd, i quali però restavano in carica per pochissimo tempo, incontrando una scoperta ostilità da parte delle maestranze lombarde, abituate a una diversa pratica di lavoro. La fabbrica andò quindi avanti in un clima di tensione, con numerose revisioni, che nonostante tutto diedero origine a un'opera di inconfondibile originalità, sia nel panorama italiano che europeo.
Inizialmente le fondazioni erano state preparate per un edificio a tre navate, con cappelle laterali quadrate, i cui muri divisori potessero fare anche da contrafforti. Si decise poi di fare a meno delle cappelle, portando il numero delle navate a cinque e il 19 luglio 1391 venne deliberato l'ingrossamento dei quattro pilastri centrali. Tuttavia c'era una crescente preoccupazione per la stabilità dell'intera struttura, per via di insufficienti masse inerziali da contrapporre all'azione delle spinte. Così nel settembre dello stesso anno venne interrogato il matematico piacentino Gabriele Stornaloco per definire la sezione trasversale e l'alzato, attraverso una precisa diagrammazione geometrica e cosmologica (lo Stornaloco era anche un astronomo e cosmografo). Il 1º maggio 1392 si scelse la forma delle navate progressivamente decrescenti per un'altezza massima di 76 braccia.

Progetto
Nel 1393 fu scolpito il primo capitello dei pilastri, su disegno di Giovannino de' Grassi, il quale curò un nuovo disegno per i finestroni e fu ingegnere generale fino alla morte nel 1398. Gli successe nel 1400 Filippino degli Organi, che curò la realizzazione dei finestroni absidali. Dal 1407 al 1448 egli fu responsabile capo della costruzione, che portò a termine della parte absidale e il piedicroce, chiuso provvisoriamente dalla facciata ricomposta di Santa Maria Maggiore. Nel 1418 fu consacrato l'altare maggiore da papa Martino V.
Dal 1452 al 1481 fu a capo del cantiere Giovanni Solari, che per i primi due anni fu affiancato anche dal Filarete. Seguirono Guiniforte Solari, figlio di Giovanni, e Giovanni Antonio Amadeo, che con Gian Giacomo Dolcebuono costruì il tiburio nel 1490. Alla morte dell'Amadeo (1522) i successivi maestri fecero varie proposte "gotiche", tra le quali quella di Vincenzo Seregni di affiancare la facciata da due torri (1537 circa), non realizzata.
Nel 1567 l'arcivescovo Carlo Borromeo impose una ripresa solerte dei lavori, mettendo a capo della Fabbrica Pellegrino Tibaldi, che ridisegnò il presbiterio, che venne solennemente riconsacrato nel 1577 anche se la chiesa non era ancora terminata.
http://i.static.duomomilano.it/variants/4/6/7/f/467f9b91-6568-49ca-b0fd-0a7883e403b7_medium.jpgPer quanto riguarda la facciata il Tibaldi disegnò un progetto nel 1580, basato su un basamento a due piani animato da colonne corinzie giganti e con un'edicola in corrispondenza della navata centrale, affiancata da obelischi. La morte di Carlo Borromeo nel 1584 significò l'allontanamento del suo protetto che lasciò la città, mentre il cantiere veniva preso in mano dal suo rivale Martino Bassi, che inviò a Gregorio XIV, papa milanese, un nuovo progetto di facciata.
Nel XVII secolo la direzione dei lavori vide la presenza dei migliori architetti cittadini, quali Lelio Buzzi, Francesco Maria Ricchino (fino al 1638), Carlo Buzzi (fino al 1658) e i Quadrio. Nel frattempo nel 1628 era stato fatto il portale centrale e nel 1638 i lavori della facciata andavano avanti, con l'obiettivo di creare un effetto a edicole ispirato a Santa Susanna di Roma. A tal fine pervennero nel XVIII secolo i disegni di Luigi Vanvitelli (1745) e Bernardo Antonio Vittone (1746).
Tra il 1765 e il 1769 Francesco Croce completò il coronamento del tiburio e la guglia maggiore, sulla quale fu innalzata cinque anni dopo la Madunina di rame dorato, destinata a diventare il simbolo della città. Lo schema della facciata di Buzzi venne ripreso a fine secolo da Luigi Cagnola, Carlo Felice Soave e Leopoldo Pollack. Quest'ultimo diede inizio alla costruzione del balcone e della finestra centrale.
Nel 1805, su istanza diretta di Napoleone, Giuseppe Zanoia avviò i lavori per il completamento della facciata, in previsione dell'incoronazione a re d'Italia. Il progetto venne finalmente concluso nel 1813 da Carlo Amati. Tra gli scultori che vi lavorarono nei primi anni dell'Ottocento, si può ricordare Luigi Acquisti.

Architettura
http://i.static.duomomilano.it/variants/e/e/a/8/eea859d3-7fd9-471d-b007-1609f5a211c3_medium.jpgLo stile del Duomo, essendo frutto di lavori secolari, non risponde a un preciso movimento, ma segue piuttosto un'idea di "gotico" mastodontico e fantasmagorico via via reinterpretata. Nonostante ciò, e nonostante le contraddizioni stilistiche nell'architettura, il Duomo si presenta come un organismo unitario. La gigantesca macchina di pietra infatti affascina e attrae l'immaginazione popolare, in virtù anche della sua ambiguità, fatta di ripensamenti, di discontinuità e, talvolta, di ripieghi. Anche il concetto di "autenticità" gotica, quando si pensa a come in realtà gran parte delle strutture visibili risalga al periodo neogotico, per non parlare delle frequenti sostituzioni, è in realtà una storpiatura della stessa essenza del monumento, che va visto invece come un organismo architettonico sempre in continua e necessaria ricostruzione.
Il duomo ha una pianta a croce latina, con piedicroce a cinque navate e transetto a tre, con un profondo presbiterio circondato da deambulatorio con abside poligonale. All'incrocio dei bracci si alza, come di consueto, il tiburio. L'insieme ha un notevole slancio verticale, caratteristica più transalpina che italiana, ma questo viene in parte attenuato dalla dilatazione in orizzontale dello spazio e dalla scarsa differenza di altezza tra le navate, tipico del gotico lombardo.
La struttura portante è composta dai piloni e dai muri perimetrali rinforzati da contrafforti all'altezza degli stessi piloni. Questa è una caratteristica che differenzia il duomo milanese dalle cattedrali transalpine, limitando, rispetto al gotico tradizionale, l'apertura dei finestroni (lunghi e stretti) e dando all'insieme (a eccezione dell'abside) una forma prevalentemente "chiusa", dove la parete è innanzitutto un elemento di forte demarcazione, sottolineata anche dall'alto zoccolo di tradizione lombarda. Viene così a mancare lo slancio libero verso l'alto. Ciò è evidente anche se si considera che guglie e pinnacoli non hanno funzione portante, infatti vennero sporadicamente aggiunti nel corso dei secoli, fino al completamento del coronamento nel XIX secolo.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4a/Duomo_di_Milano,_Dach_seitlich.jpgI contrafforti hanno forma di triangoli e servono per contenere le spinte laterali degli archi. Il basamento è in muratura, come pure le parti interne delle pareti e degli altri elementi, mentre nei pilastri è stata usata un'anima di serizzo; anche le vele delle volte sono in mattoni. Il paramento a vista, che ha anche un ruolo portante, non solo di rivestimento, è invece in marmo di Candoglia bianco rosato con venature grigie: la cava, fin dall'epoca di Gian Galeazzo Visconti, è ancora di proprietà della Fabbrica del Duomo.
Le pareti esterne sono animate da una fitta massa di semipilastri polistili che sono coronati in alto, al di sotto delle terrazze, da un ricamo di archi polilobati sormontati da cuspidi. Le finestre ad arco acuto sono piuttosto strette, poiché come si è detto le pareti hanno funzione portante.
La copertura a terrazze (pure in marmo) è un unicum nell'architettura gotica, ed è sorretta da un doppio ordine incrociato di volte minori. In corrispondenza dei pilastri si leva una "foresta" di pinnacoli, collegati tra di loro da archi rampanti. In questo caso i pinnacoli non hanno funzione strutturale, infatti risalgono quasi tutti alla prima metà del XIX secolo. Nei disegni antichi e nel grande modello del 1519 di Bernardo Zenale (Museo del Duomo) si vede una cresta centrale che doveva evidenziare ancora maggiormente la forma triangolare, sia lungo la navata che il transetto, raccordandosi al tiburio, e che venne esclusa dal progetto nel 1836.

Facciata
La facciata testimonia di per sé la complessa vicenda edilizia del complesso del Duomo, con la sedimentazione di secoli di architettura e scultura italiana.
Cinque campiture fanno intuire la presenza della navate, con sei contrafforti (doppi alle estremità e attorno al portale centrale) sormontati da guglie. La costruzione della facciata cominciò nel 1590, sotto la direzione dell'architetto Pellegrini, in stile tardomanierista, continuando poi nella prima metà del Seicento sotto la direzioni del Richini e di Carlo Buzzi. Risalgono a quel periodo i cinque portali e parte delle finestre soprastanti, con il coronamento a timpano spezzato. La decorazione a bassorilievo dei portali venne scolpita ai tempi dell'arcivescovo Federico Borromeo su disegni del Cerano. I basamenti dei contrafforti centrali sono decorati da rilievi seicenteschi, con telamoni disegnati da Carlo Buzzi. I rilievi sui basamenti dei contrafforti laterali sono invece del XVIII e XIX secolo. A partire dalla metà del Seicento infatti lavori procedettero a rilento a causa dell'acceso dibattito sulla scelta del progetto da adottare. La conclusione, in stile neogotico, avvenne a partire dal 1805 su ordine di Napoleone. A tale epoca appartengono i tre finestroni neogotici, realizzati su progetto del Soave e poi dell'Amati. Le statue di Apostoli e Profeti sulle mensole sono tutte ottocentesche. Del primo decennio dell'Ottocento sono le due statue neoclassiche che ornano la balaustra del finestrone centrale, la Legge mosaica dell'Acquisti e la Legge di Cristo di Camillo Pacetti. Alcuni studiosi sostengono che questa statua sia stata fra le principali fonti di ispirazione per la realizzazione della newyorkese Statua della Libertà. L'ultimo atto di completamento è costituito dalle porte in bronzo, novecentesche. È del 1906 quella centrale, dalle leggere linee neogotiche, mentre le altre quattro furono realizzate nel dopoguerra.
Si va dal Tardo Rinascimento del Tibaldi, al Barocco di Francesco Maria Ricchino, al neogotico napoleonico dell'Acquisti. Nel 1886 la 'Grande Fabbrica' indisse un concorso internazionale per un integrale rifacimento della facciata in stile gotico e nell'ottobre del 1888 la giuria scelse Giuseppe Brentano come vincitore, un giovane allievo di Boito. Il progetto, concepito a modello delle cattedrali francesi, è ancora visibile nella navata destra del Duomo. Pur essendo già ordinati i marmi e predisposti i lavori, anche a causa della prematura morte del Brentano la realizzazione del progetto venne congelata. In seguito, le forti polemiche che insorsero al momento dello smantellamento dei portali barocchi finirono per bloccarlo del tutto. L'unica parte del progetto realizzata, il portale bronzeo del Pogliaghi, fu adattato con un'aggiunta alla cornice seicentesca.

Torre Pendente, Pisa

http://www.stamptoscana.it/wp-content/uploads/old/pisa_comune_di_pisa.jpgLa cosiddetta torre pendente di Pisa (chiamata semplicemente torre pendente o torre di Pisa, a Pisa la Torre) è il campanile della cattedrale di Santa Maria Assunta, nella celeberrima piazza del Duomo di cui oggi è il monumento più famoso per via della caratteristica pendenza.
Si tratta di un campanile a sé stante alto circa 56 metri fuori terra (58,36 metri considerando il piano di fondazione), costruito nell'arco di due secoli, tra il dodicesimo e il quattordicesimo secolo. Pesante 14.453 tonnellate, vi predomina la linea curva, con giri di arcate cieche e sei piani di loggette. La sua pendenza è dovuta a un cedimento del terreno verificatosi già nelle prime fasi della costruzione. L'inclinazione dell'edificio attualmente misura 3,97° rispetto all'asse verticale. La torre di Pisa rimane in equilibrio perché la verticale che passa per il suo baricentro cade all'interno della base di appoggio. La torre, è gestita dall'Opera della Primaziale Pisana,  ente ONLUS che gestisce tutti i monumenti della piazza del Duomo di Pisa. È stata proposta come una delle sette meraviglie del mondo moderno.

Costruzione
I lavori iniziarono il 9 agosto 1173 (anno 1174, secondo il calendario pisano, in cui l'anno iniziava il 25 marzo). Come era solito fare con i fari e con le costruzioni adiacenti al mare in genere, le fondamenta vennero lasciate a riposare per un anno intero. Alcuni studi tra i più recenti attribuiscono la paternità del progetto a Diotisalvi, che nello stesso periodo stava costruendo il battistero.
Le analogie tra i due edifici sono infatti molte, a partire dal tipo di fondazioni. Altri suggeriscono invece Gherardi, mentre secondo il Vasari i lavori furono iniziati da Bonanno Pisano. La tesi del Vasari, oggi ritenuta priva di fondamento, fu invece ritenuta valida soprattutto dopo il ritrovamento nelle vicinanze del campanile di una pietra tombale col nome del Bonanno, che oggi si trova murata nell'atrio dell'edificio; inoltre nell'Ottocento fu rinvenuto sempre nei dintorni un frammento epigrafico di materiale rosa, probabilmente un calco su cui venne fusa una lastra metallica, che attualmente trova collocazione sullo stipite della porta di ingresso dell'edificio. Su tale frammento si legge, ovviamente rovesciato: "cittadino pisano di nome Bonanno".
Tale calco con tutta probabilità era relativo alla porta regia del Duomo, distrutta durante l'incendio del 1595. La prima fase dei lavori fu interrotta a metà del terzo piano, a causa del cedimento del terreno su cui sorge la base del campanile. La cedevolezza del terreno, costituito da argilla molle normalconsolidata, è la causa della pendenza della torre e, sebbene in misura minore, di tutti gli edifici nella piazza.
I lavori ripresero nel 1275 sotto la guida di Giovanni di Simone e Giovanni Pisano, aggiungendo alla costruzione precedente altri tre piani. Nel tentativo di raddrizzare la torre, i tre piani aggiunti tendono ad incurvarsi in senso opposto alla pendenza. Il campanile fu completato alla metà del secolo successivo, aggiungendo la cella campanaria.

Restauri
Dalla sua costruzione a oggi lo strapiombo è sostanzialmente aumentato, ma nel corso dei secoli ci sono stati anche lunghi periodi di stabilità o addirittura di riduzione della pendenza. Nel corso dell'Ottocento il campanile fu interessato da importanti restauri, che portarono, ad esempio, all'isolamento del basamento della torre. I lavori, effettuati sotto la direzione di Alessandro Gherardesca, contribuirono a sfatare definitivamente la teoria, sostenuta da alcuni studiosi dell'epoca, secondo la quale il campanile sarebbe stato pensato pendente sin dalla sua origine.
http://www.ioamoiviaggi.it/wp-content/uploads/2012/06/torre-di-pisa-vista-da-sotto.jpgDifatti, i saggi del terreno effettuati durante i restauri portarono alla luce la presenza di una notevole quantità di acqua sotterranea che rendeva cedevole il terreno. Per far fronte a questo problema, fu aspirata acqua del sottosuolo con l'ausilio di pompe, ma ciò favorì il fenomeno della subsidenza e il conseguente aumento della pendenza della torre. Negli ultimi decenni del XX secolo l'inclinazione aveva subito un deciso incremento, tanto che il pericolo del crollo si era fatto concreto. Nel 1993 lo spostamento dalla sommità dell'asse alla base era stato valutato in circa 4,47 metri, ovvero circa 4,5 gradi.
Durante i lavori di consolidamento, iniziati nel 1990 e terminati alla fine del 2001, la pendenza del campanile è stata ridotta tramite cerchiatura di alcuni piani, applicazione temporanea di tiranti di acciaio e contrappesi di piombo (fino a 900 tonnellate) e sottoescavazione, riportandola a quella che presumibilmente doveva avere 200 anni prima. La base è stata inoltre consolidata e secondo gli esperti questo consentirà di mantenere in sicurezza la torre per almeno altri tre secoli, permettendo così l'accesso ai visitatori. 
http://teatriemusei.ovest.com/_img_sez/2034-2-grande-1-scale-torre-di-pisa.jpgDal marzo 2008 la torre ha raggiunto il livello definitivo di consolidamento sotto il profilo dell'inclinazione, tornato a essere di 3,97°, con uno spostamento alla cima del campanile di quasi mezzo metro e tale valore dovrebbe rimanere inalterato per almeno altri 300 anni. Il successo dell'operazione è legato al nome di Michele Jamiolkowski, benemerito docente del Politecnico di Torino e presidente del Comitato internazionale per la Salvaguardia della Torre di Pisa dal 1990 al 2001, a quello di Carlo Viggiani, docente del Dipartimento di ingegneria geotecnica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e presidente del Comitato internazionale per la conservazione dei monumenti e dei siti storici e a quello di J. B. Burland, professore del Dipartimento di ingegneria civile dell'Imperial College di Londra.
Dopo vent'anni, il 22 aprile 2011 sono terminati i lavori di restauro delle superfici lapidee, sia negli esterni che negli interni. La struttura del campanile incorpora due stanze. Una alla base della torre, nota come sala del Pesce, per via di un bassorilievo raffigurante un pesce. Tale sala non ha soffitto, essendo di fatto il cavo della torre. L'altra invece è la cella campanaria, al settimo anello. Delimitata dalle mura del camminamento superiore, è anch'essa a cielo aperto e al centro, tramite un'apertura, è possibile vedere il pian terreno della torre. Sono inoltre presenti tre rampe di scale: una ininterrotta dalla base fino al sesto anello, dove si esce all'esterno; una, a chiocciola più piccola che porta dal sesto anello al settimo; infine una ancor più piccola, sempre a chiocciola, che porta dal settimo anello alla sommità.

Big Ben, Londra

http://www.globeholidays.net/Europe/England/London/Media/London_Big_Ben.jpgIl Big Ben è la campana della Elizabeth Tower (Torre della [regina] Elisabetta), posizionata all'angolo nord-est del Palazzo di Westminster, conosciuto anche come House of Parliament, a Londra. Tradizionalmente il nome viene riferito, per estensione, anche all'orologio e all'intera torre dell'orologio, alta 96,3 m e costruita in stile neogotico. Il nome ufficiale della torre è diventato Elizabeth Tower a fine giugno 2012, in occasione del giubileo di diamante della regina Elisabetta; in precedenza, la torre era nota semplicemente come Clock Tower (torre dell'orologio).
Ufficialmente il nome della campana (una delle cinque dell'orologio) è "Great Bell"; non si hanno notizie certe riguardo all'origine del nome "Big Ben", ma esistono due teorie in merito. La prima sostiene che il nome derivi da Sir Benjamin Hall, membro della Camera dei Comuni e supervisore dei lavori per la ricostruzione del Palazzo di Westminster. La seconda sostiene invece che il nome derivi dal nome del campione dei pesi massimi di pugilato Benjamin Caunt, che combatté il suo ultimo incontro nel 1857. Si pensa che la campana dovesse originariamente esser chiamata "Royal Victoria" in onore della regina Vittoria.
http://www.repubblica.it/images/2011/10/09/171701500-b798a31c-b2e0-443e-80a1-8c195834d560.jpgLa campana originale pesava 16,3 tonnellate, ed era stata fusa il 6 agosto 1856.
Dal momento che la torre non era ancora finita, la campana fu montata nel "New Palace Yard". La campana fu quindi trasportata alla torre su un carro trainato da sedici cavalli, con la folle plaudente al suo passaggio. Sfortunatamente, però, si ruppe irreparabilmente mentre veniva posizionata.
La campana fu rifusa il 10 aprile 1858 con un peso di 13,76 tonnellate: è alta 2,2 metri e larga 2,9. Fu issata fino alla Torre dell'Orologio in 18 ore e cominciò a suonare nel mese di luglio 1859. Al momento dell'inaugurazione il Big Ben era la campana più grande delle isole britanniche, fino all'inaugurazione della "Great Paul", del peso di 17 tonnellate.
Il carillon suona ogni quarto d'ora mentre il Big Ben rintocca solamente alle ore; il suo suono è sentito in un raggio di circa due chilometri. L'orologio del Big Ben, ogni volta che comincia un nuovo anno rimane un secondo indietro.
http://fc03.deviantart.net/fs70/i/2013/300/3/5/london_big_ben_by_snowmiku2-d6s06hf.jpgI quadranti misurano 8 metri di diametro, la lancetta delle ore 2,7 metri e quella dei minuti 4,3. L'orologio fu disegnato da Augustus Pugin.
Alla base di ogni quadrante vi è l'iscrizione latina: “DOMINE SALVAM FAC REGINAM NOSTRAM VICTORIAM PRIMAM”, che significa: O Signore, salva la nostra regina Vittoria I. Dal 1994 il Big Ben è illuminato da un sistema di 112 lampadine. Dalla sua entrata in funzione, l'orologio è stato bloccato in tre occasioni. È invece rimasto "muto" (rimanendo cioè funzionante, ma privo del rintocco delle campane) in diverse occasioni, per ragioni di manutenzione: in particolare per due mesi nel 1934, per sei mesi nel 1956 e per circa un mese nel 2007.
Le campane del Big Ben copiano la melodia composta da William Crotch per la torre della chiesa Great St Mary's dell'Università di Cambridge. Il compositore inglese si ispira ad una frase del Messiah di Händel relativa al Salmo 37 Versetti 23 e 24.