Il Museo Ebraico di Berlino (Jüdisches Museum Berlin) è il più grande museo ebraico in Europa. In due edifici, uno dei quali è un ampliamento appositamente progettato dall’architetto Daniel Libeskind, una collezione permanente e svariate esposizioni temporanee raccontano due millenni di storia degli ebrei in Germania. Due millenni di storia degli ebrei in Germania presenta la Germania dal punto di vista della minoranza ebraica. La collezione comincia con sale dedicate agli insediamenti medievali lungo il Reno, in particolare a quelli di Spira, Worms e Magonza. Il periodo barocco è osservato attraverso gli occhi di Glickl bas Judah Leib (1646-1724, conosciuta anche come Glückl von Hameln), che ha lasciato un diario in cui racconta dettagliatamente la propria vita di donna d’affari ebrea ad Amburgo. Segue uno spazio dedicato all’eredità intellettuale e personale del filosofo Moses Mendelssohn (1729-1786); a queste due figure si accompagnano ritratti di ebrei di ogni condizione sociale. L’epoca dell’emancipazione nel XIX secolo si presenta all’insegna dell’ottimismo, di successi e prosperità, ma non mancano momenti di disillusione e battute d’arresto testimoniati dagli oggetti esposti. Il XX secolo si apre con i soldati ebrei tedeschi che combattono per il proprio paese durante la Prima guerra mondiale. Nella sezione dedicata al periodo nazista, particolare attenzione è rivolta al modo in cui gli ebrei reagirono alla discriminazione crescente, ad esempio fondando scuole e associazioni ebraiche. Dopo la Shoah 250 000 sopravvissuti attendono nei campi profughi di poter emigrare; allo stesso tempo si vanno formando piccole comunità ebraiche nella Germania dell’Ovest e in quella dell’Est. La collezione si conclude con l’emigrazione in Germania di 200 000 ebrei provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica: si apre un capitolo nuovo, ancora da scrivere, della vita degli ebrei in Germania. Originariamente il museo aveva sede in un edificio sito in Oranienburger Straße, ma venne chiuso nel 1938 dal regime nazista. L'idea di riaprire il museo iniziò a circolare nel 1971. Nel 1975 venne fondato un comitato per promuovere tale progetto, il cui primo embrione si ebbe dopo una mostra sulla storia ebraica tenutasi a Berlino nel 1978. Nel 1999 al museo venne finalmente riconosciuta la propria autonomia come istituzione ed ebbe anche una propria sede definitiva. Il palazzo che ospita il museo è stato progettato da Daniel Libeskind e ultimato proprio nel 1999, mentre l'inaugurazione ufficiale è avvenuta nel 2001.
L'edificio che ospita il museo si distingue notevolmente dalla tipologia solita dei musei: non risponde a nessuna criterio di funzionalità poiché la linea guida seguita per la realizzazione del progetto è stata quella di raccontare la storia degli ebrei, in particolare degli ebrei in Germania. L'edificio stesso può essere considerato un'opera d'arte, poiché mescola architettura e scultura.
Libeskind ha battezzato il suo progetto between the lines (tra le linee) e nei punti in cui le due linee si intersecano si formano zone vuote, o voids, che attraversano l’intero museo. L'edificio visto dall'alto ha la forma di una linea a zig-zag e per questa ragione è stato soprannominato blitz, che in tedesco significa fulmine. La forma dell'edificio ricorda una stella di David decomposta e destrutturata. L'edificio è interamente ricoperto da lastre di zinco e le facciate sono attraversate da finestre molto sottili e allungate, più simili a squarci o ferite che a vere e proprie finestre, disposte in modo casuale.
Il museo non ha un ingresso dalla strada, ma vi si accede dall'adiacente Berlin-Museum. Una scala e un sentiero sotterraneo collegano i due edifici, questo a simboleggiare quanto la storia ebraica e quella tedesca siano collegate e connesse fra loro. La scala conduce ad un sotterraneo, composto di tre corridoi, denominati assi che simboleggiano i diversi destini del popolo ebraico: l'asse dell'Olocausto conduce ad una torre che è stata lasciata vuota, denominata la Torre dell'Olocausto; l'asse dell'Esilio conduce ad un giardino quadrato esterno, denominato Giardino dell'Esilio, racchiuso fra 49 colonne; l'asse della continuità, collegato agli altri due corridoi, che rappresenta il permanere degli ebrei in Germania nonostante l'Olocausto e l'Esilio. Questo asse conduce ad una scala, che a sua volta conduce alla costruzione principale. L'entrata al museo è stata intenzionalmente resa difficile e lunga, per infondere nel visitatore le sensazioni di sfida e di difficoltà che sono distintive della storia ebraica.
Berlin-Museum
Il Berlin-Museum, noto anche come Kollegienhaus, fu costruito nel 1735 su progetto di Philipp Gerlach. Fu utilizzato per un lungo periodo come Corte d'Appello prussiana. Durante la Seconda guerra mondiale venne parzialmente distrutto e la sua ricostruzione venne iniziata nel 1963 e l'edificio venne adibito a museo della storia di Berlino. Questo perché, a seguito della costruzione del Muro, la parte ovest della città era rimasta priva di numerosi musei. Oggi fa parte del Jüdisches Museum e ospita il caffè, il punto informazioni, gli uffici, oltre ad essere utilizzato come spazio per esposizioni.
Giardino dell'Esilio
Il Giardino dell'Esilio è una superficie esterna al museo, cui si accede attraverso l'asse dell'esilio. È una superficie quadrata circondata da 49 colonne di cemento alte sei metri, in modo tale che dall'esterno non si possa vedere nulla. Il numero delle colonne è simbolico, infatti serve a ricordare l'anno di nascita dello stato d'Israele, il 1948, un'altra colonna, quella centrale, rappresenta invece Berlino ed è riempita all'interno di terreno proveniente da Gerusalemme. Sulla sommità delle colonne sono stati piantati alberi di olivagno. Essi sono il simbolo della pace e della speranza di un ritorno in patria. Ma significano anche che, come gli alberi riescono a mettere radici in spazi così impervi come la cavità di un pilastro, così anche coloro che sono esiliati in una lontana terra straniera possono trovare la ragione per continuare a vivere in un'altra patria. Libeskind ha voluto fare in modo che il visitatore provasse la stessa sensazione di straniamento e disagio che hanno provato gli ebrei esiliati, e per questo motivo ha costruito il piano di calpestio inclinato di sei gradi, di modo che camminando tra i pilastri si provi la sensazione di una mancanza di equilibrio.
Torre dell'Olocausto
La Torre dell'Olocausto è posta alla fine dell'asse della morte e vi si accede aprendo una porta spessa e molto pesante. È una struttura completamente vuota, buia, non climatizzata (dunque fredda d'inverno e calda d'estate), che viene illuminata solo dalla luce indiretta del giorno che penetra da una stretta feritoia posta in alto. Impossibile vedere fuori e capire dove si è; attutiti si sentono i rumori provenienti dall'esterno. Evidente e palpabile il significato simbolico che vuole ricreare la condizione degli ebrei deportati che non sapevano in quale luogo si trovavano e non potevano avere notizie. Simbolici diventano anche una scaletta metallica a circa due metri e mezzo dal pavimento usata per la manutenzione della copertura (mezzo di salvezza ma irraggiungibile come lo è stata per molti) e i fori nella parete per far entrare l'aria.
Foglie cadute
10 000 volti in acciaio punzonato sono distribuiti sul pavimento dello Spazio Vuoto della Memoria, l'unico spazio vuoto dell'edificio di Libeskind in cui è possibile entrare. L’artista israeliano Menashe Kadishman ha dedicato la sua opera non soltanto alle vittime della Shoah, ma a tutte le vittime di guerra e violenze. I visitatori sono invitati a camminare sui volti e ad ascoltare il fragore prodotto dalle lastre di metallo che sbattono l'una contro l'altra e contro le persone che passano. Il frastuono e l'angoscia per tutti quei morti fanno desiderare di uscire al più presto dalla sala.
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