La basilica di San Pietro in Vaticano (nome esatto completo papale basilica maggiore di San Pietro in Vaticano) è una basilica cattolica della Città del Vaticano, cui fa da coronamento la monumentale piazza San Pietro.
È la più grande delle quattro basiliche papali di Roma, spesso descritta come la più grande chiesa del mondo e centro del cattolicesimo. Non è tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi romana poiché tale titolo spetta alla basilica di San Giovanni in Laterano che è anche la prima per dignità essendo
Madre e Capo di tutte le Chiese dell'Urbe e del Mondo.
In quanto Cappella Pontificia, posta in adiacenza del Palazzo Apostolico,
la basilica di San Pietro è la sede delle principali manifestazioni del
culto cattolico ed è perciò in solenne funzione in occasione delle
celebrazioni papali, ad esempio per il Natale, la Pasqua, i riti della Settimana Santa, la proclamazione dei nuovi papi e le esequie di quelli defunti, l'apertura e la chiusura dei giubilei e le canonizzazioni dei nuovi Santi. Sotto il pontificato di Pio IX ospitò le sedute del Concilio Vaticano I e sotto papa Giovanni XXIII e Paolo VI quelle del Concilio Vaticano II.
La costruzione dell'attuale basilica di San Pietro fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel 1667.
Si tratta tuttavia di una ricostruzione, dato che nello stesso sito,
prima dell'odierna basilica, ne sorgeva un'altra risalente al IV secolo, fatta costruire dall'imperatore romano Costantino I sull'area del circo di Nerone e di una contigua necropoli dove la tradizione vuole che san Pietro, il primo degli apostoli di Gesù, fosse stato sepolto dopo la sua crocifissione.
Oggi è possibile solo immaginare l'imponenza di questo edificio,
immortalata soltanto in alcune raffigurazioni artistiche: l'impianto,
arricchito nel corso dei secoli con preziose opere d'arte, era suddiviso
in cinque navate con copertura lignea e presentava analogie con quello della basilica di San Paolo fuori le mura, aveva 120 altari di cui 27 dedicati alla Madonna.
Sotto papa Niccolò V (1447-1455), la basilica costantiniana, sopravvissuta ai saccheggi e agli incendi subiti dalla città dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, fu interessata da un progetto di sostanziale trasformazione, affidato a Bernardo Rossellino, che prevedeva il mantenimento del corpo longitudinale a cinque navate coprendolo con volte a crociera
sui pilastri che dovevano inglobare le vecchie colonne, mentre veniva
rinnovata la parte absidale con l'ampliamento del transetto, l'aggiunta
di un coro, che fosse la prosecuzione logica della navata e di un vano
coperto a cupola all'incrocio tra transetto e coro.
Questa configurazione forse influì in qualche modo sul successivo progetto di Bramante per un rinnovamento totale dell'edificio, che infatti inizialmente conservò quanto già costruito.
I lavori cominciarono intorno al 1450,
ma con la morte del papa non ebbero ulteriore sviluppo, e furono
sostanzialmente fermi durante i pontificati successivi. Una parziale
ripresa dei lavori si ebbe tra il 1470 e il 1471 sotto la direzione di Giuliano da Sangallo, che preparò un progetto di ristrutturazione complessiva per Paolo II, ma senza ulteriore seguito.
Nel 1505 le fondazioni e le murature del coro absidale erano alzate fino a un'altezza di 1,75 m circa.
Bramante
Il cantiere fu riaperto da Giulio II che probabilmente intendeva proseguire i lavori intrapresi da Niccolò V. Tuttavia nel 1505, forse dietro consiglio di Michelangelo,
al probabile fine di dare un grandioso contorno al mastodontico
mausoleo che aveva concepito per la propria sepoltura, e comunque
all'interno di un clima culturale pienamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa, Giulio II decise la costruzione di una nuova colossale basilica.
Il pontefice consultò i maggiori artisti del tempo, tra cui fra Giovanni Giocondo che inviò da Venezia un progetto a cinque cupole ispirato alla basilica di San Marco.
I lavori furono affidati a Donato Bramante, da qualche anno giunto a Roma da Milano, che superò il confronto con l'architetto di fiducia del pontefice, Giuliano da Sangallo, affermandosi come il più importante architetto dell'epoca, tanto che a lui fu commissionato anche il disegno del vicino Cortile del Belvedere. Il dibattito, non privo di polemiche e rivalità, che si svolse nel corso del 1505,
si imperniava sull'idea di costruire un edificio a perfetta pianta
centrale, condivisa dagli architetti e dagli intellettuali della Curia,
tra cui il neoplatonico Egidio da Viterbo. Bramante non lasciò un unico progetto definitivo della basilica, ma è
opinione comune che le sue idee originarie prevedessero un
rivoluzionario impianto a croce greca (ideale richiamo ai primi
martyria della cristianità), caratterizzato da una grande cupola emisferica posta al centro del complesso. Tale configurazione si può desumere, in parte, dall'immagine impressa su una medaglia del Caradosso coniata per commemorare la posa della prima pietra del tempio, il 18 aprile 1506,
e soprattutto da un disegno ritenuto autografo, detto "piano pergamena"
in cui la ricerca del perfetto equilibrio tra le parti portò lo stesso
architetto a omettere persino l'indicazione dell'altare maggiore, segno
evidente che gli ideali del Rinascimento erano maturati anche
all'interno della Chiesa.
Tale progetto rappresenta un momento cruciale nell'evoluzione
dell'architettura rinascimentale, ponendosi come conclusione di varie
esperienze progettuali e intellettuali e confluenza di molteplici
riferimenti. La grande cupola era ispirata a quella del Pantheon
e doveva essere realizzata in conglomerato cementizio; in generale
tutto il progetto faceva riferimento all'architettura romana antica
nella caratteristica di avere le pareti murarie come masse plastiche
capaci di articolare lo spazio in senso dinamico. I richiami
all'architettura romana erano presenti anche nelle grandi volte a botte
dei bracci della croce. Degni di nota del progetto bramantesco sono
inoltre la soluzione dei quattro pilastri a sostegno della cupola,
nonché il rapporto che aveva voluto creare fra volumi concavi interni
(scavando le pareti come si trattasse di una scultura) e la convessità
esterna. La costruzione della nuova basilica avrebbe inoltre rappresentato la
più grandiosa applicazione degli studi teorici intrapresi da Francesco di Giorgio Martini, Filarete e soprattutto Leonardo da Vinci per chiese a pianta centrale, le cui elaborazioni sono chiaramente ispirate alla tribuna ottagonale della cattedrale di Firenze.
Tuttavia non tutti i disegni di Bramante indicano una soluzione di
pianta centrale perfetta, segno forse che la configurazione finale della
chiesa era ancora questione aperta al momento di cominciare il
cantiere.
Nei lavori in cantiere, infatti, venne mantenuto quanto costruito dal Rossellino
per il coro absidale, anzi proseguendo i lavori della muratura
perimetrale con lesene doriche, in contrasto con il progetto del "piano
pergamena" a cui quindi nel 1506 Bramante e Giulio II
avevano in qualche modo rinunciato. La sola certezza sulle ultime
intenzioni di Bramante e Giulio II è la realizzazione dei quattro
possenti pilastri uniti da quattro grandi arconi destinati a sorreggere
la grande cupola, fin dall'inizio, dunque, elemento fondante della nuova
basilica.
Per poter eseguire tali lavori Bramante fece demolire quasi tutta la
parte presbiterale dell'antica e veneranda basilica, suscitando
polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa, a cui presero parte anche Michelangelo che criticò la distruzione delle colonne e persino Erasmo da Rotterdam. Bramante fu soprannominato "maestro ruinante".
La forte polemica per il gigantismo del progetto, per la distruzione
delle più antiche testimonianze della chiesa e per lo scandalo delle
indulgenze che fin dal 1507
Giulio II aveva accordato a coloro che avessero offerto elemosine per
la costruzione della basilica, continuò anche dopo la morte del papa ed
ebbe un ruolo nella nascita della Riforma protestante di Lutero, che vide i lavori in corso nel suo viaggio a Roma alla fine del 1510.
La morte di papa Giulio II (1513), alla quale fece seguito quella dell'architetto (1514), causò forti rallentamenti al cantiere.
Il cantiere dal 1314 al 1546
Dal 1514, come successore di Bramante fu chiamato Raffaello Sanzio con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo.
Dopo la morte di Raffaello, dal 1520 subentrò come primo architetto Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi.
Tutti gli architetti sopra riportati approntarono progetti per
completare la basilica; si creò pertanto un largo dibattito che di fatto
rallentò il cantiere. La maggior parte delle soluzioni proposte per il
completamento dell'edificio, compresa quella di Raffaello prevedevano il
ritorno a un impianto di tipo basilicale, con un corpo longitudinale a
tre navate, mentre solo il progetto di Peruzzi rimaneva sostanzialmente
fedele alla soluzione a pianta centrale. Dopo una ripresa del ritmo dei lavori nel 1525, che permise di terminare la tribuna e portare avanti decisivamente il braccio meridionale (come appare nelle vedute di Maarten van Heemskerck), il Sacco di Roma (1527) fermò il concretizzarsi di questi progetti.
Fu solo sotto papa Paolo III, intorno al 1538, che i lavori furono ripresi da Antonio da Sangallo il Giovane,
il quale, intuendo che non avrebbe potuto vedere la fine dei lavori per
limiti di età, approntò un grandioso e costoso modello ligneo (oggi
conservato nelle cosiddette
sale ottagone che si aprono tra le volte e il sottotetto della basilica) sul quale lavorò dal 1539 al 1546, avvalendosi dell'aiuto di Antonio Labacco,
per illustrare nei minimi dettagli il suo disegno. Il progetto
sangallesco si poneva come una sintesi tra la soluzione a pianta
centrale di Bramante e la croce latina di Raffaello. All'impianto
centrale, caldeggiato anche dal Peruzzi, si innestava infatti un
avancorpo cupolato, affiancato da due altissime torri campanarie; anche la cupola si allontanava dall'ideale classico del Bramante, elevandosi con una volta
a base circolare con sesto rialzato, mitigata all'esterno per farla
apparire a tutto sesto con un doppio tamburo classicheggiante scalare a
pilastri e colonne. Durante il periodo dal 1538 al 1546,
in cui fu responsabile del cantiere, Antonio da Sangallo coprì la volta
del braccio orientale, cominciò le fondazioni del braccio nord,
rinforzò i pilastri della cupola murando le nicchie previste da Bramante
e rialzò la quota di progetto del pavimento creando così le condizioni per la realizzazione delle Grotte Vaticane. Ancora sopravviveva una parte della navata della vecchia basilica
costantiniana, ormai come un'appendice della nuova struttura, dalla
quale fu separata nel 1538
da una parete divisoria ("muro farnesiano"), probabilmente per
ripararla dal rumore e dalle polveri del cantiere. Sangallo fu anche
incaricato del rifacimento del coronamento del campanile medievale che
affiancava l'antica facciata, segno forse che non era stato ancora
decisa definitivamente la completa demolizione delle preesistenze.
Progetto di Michelangelo
Dopo Sangallo, deceduto nel 1546, alla direzione dei lavori subentrò Michelangelo Buonarroti,
all'epoca ormai settantenne. La storia del progetto michelangiolesco è
documentata da una serie di documenti di cantiere, lettere, disegni
dello stesso Buonarroti e di altri artisti, affreschi e testimonianze
dei contemporanei, come Giorgio Vasari.
Malgrado ciò, le informazioni ricavabili spesso sono in contraddizione
tra loro. Il motivo principale risiede nel fatto che Michelangelo non
redasse mai un progetto definitivo per la basilica vaticana, preferendo
procedere per parti.
Tuttavia, dopo la morte di Michelangelo, furono stampate diverse
incisioni nel tentativo di restituire una visione complessiva del
disegno concepito dall'artista toscano, tra cui quelle di Stefano Dupérac, che subito si imposero come le più diffuse e accettate.
Michelangelo, ritenendo il costosissimo modello del Sangallo poco
luminoso, troppo artificioso e con richiami all'architettura tedesca
(guglie, risalti, ecc.), rifiutò l'idea del suo predecessore; tornò
pertanto alla pianta centrale del progetto originario, così da
sottolineare maggiormente l'impatto della cupola, ma annullando la
perfetta simmetria studiata da Bramante con la previsione di un pronao.
Non mancarono le critiche, avanzate con forza dai sostenitori del modello di Sangallo, primo fra tutti Nanni di Baccio Bigio
(a sua volta aspirante alla direzione dei lavori), secondo le quali
Michelangelo avrebbe speso più in demolizioni che in costruzioni. Al
fine di prevenire il rischio che dopo la sua morte qualcuno alterasse il
suo disegno, Michelangelo avviò il cantiere in diversi punti della
basilica (con l'esclusione della facciata, dove sorgevano ancora i resti
della basilica paleocristiana), così da obbligare i suoi successori a
continuare la costruzione secondo la sua concezione.
Quindi, all'equilibrio rinascimentale egli contrappose la forza e la
drammaticità che derivavano dal suo genio: innanzitutto, sul lato
orientale disegnò una facciata porticata sormontata da un attico,
dando quindi una direzione principale all'intero edificio; poi, dopo
aver demolito parti già realizzate dai suoi predecessori (come il
deambulatorio previsto dal Sangallo all'estremità delle absidi),
rafforzò ancora le strutture portanti a sostegno della cupola,
allontanandole dalle delicate proporzioni bramantesche. Alla pianta di
Bramante, con una croce maggiore affiancata da quattro croci minori,
Michelangelo sostituì una croce centrata su un ambulacro
quadrato, semplificando quindi la concezione dello spazio interno. In
questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola,
ispirata nella concezione della doppia calotta a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore.
Ciononostante, i sostenitori del progetto di Sangallo avanzarono
ancora critiche sull'operato di Michelangelo, senza perdere occasione
per mettere in cattiva luce il maestro. Nel 1551
un crollo dovuto a un errore tecnico del capomastro di fiducia di
Michelangelo non fece altro che gettare benzina sul fuoco, e i lavori
subirono un'interruzione. Michelangelo presentò le sue dimissioni nel 1562,
allorquando il suo rivale Nanni di Baccio divenne, invischiato com'era
nelle speculazioni relative al cantiere, consulente della commissione.
Nel 1564, alla morte dell'artista, la cupola non era stata ancora terminata e i lavori erano giunti all'altezza del tamburo: fu Giacomo Della Porta (1533 - 1602) a eseguirne il completamento (1588 - 1590),
conferendole un aspetto a sesto rialzato per ridurre le spinte laterali
della calotta. All'epoca del Della Porta risalgono anche le cupole
minori, prive di funzione strutturale, poste intorno a quella maggiore,
la cui concezione fu presumibilmente opera di Jacopo Barozzi da Vignola e Pirro Ligorio.
Secondo alcuni studiosi non sarebbe da escludere l'attribuzione allo
stesso Ligorio dell'attico che corre alla sommità della basilica, che
forse era stato pensato da Michelangelo solo come una semplice
superficie liscia.
Uno studio sul riuso di colonne antiche all'interno della basilica,
recuperate durante la direzione di Michelangelo, ha mostrato che con
ogni probabilità alcune tra le colonne di granito grigio presenti nel
transetto e nell'abside di fondo provengono dal Tempio di Venere a Roma.
Il completamento della basilica
Nel 1603 papa Clemente VIII affidò la direzione del cantiere a Carlo Maderno,
il quale dovette affrontare la questione del completamento della
basilica. Le intenzioni del pontefice erano probabilmente quelle di far
coesistere le navate longitudinali dell'antica basilica costantiniana,
con il corpo centrico cinquecentesco, tuttavia, con l'elezione di papa Paolo V nel 1605 prevalse l'orientamento di concludere la pianta centrale di Michelangelo con un nuovo corpo longitudinale.
Consapevole di questi desideri Maderno approntò un disegno, forse il
primo suo progetto noto per la basilica di San Pietro, che prevedeva
l'inserimento di uno spazio biassiale giustapposto a quello esistente.
Nel progetto erano comprese due grandi cappelle, che fungevano da
raccordo tra l'ambulacro cinquecentesco e il corpo longitudinale. La
pianta assumeva una forma scalare, restringendosi sensibilmente verso la
facciata della chiesa; quest'ultima era aperta da un grande atrio, che
introduceva un ulteriore asse trasversale nella composizione.
Per il completamento della basilica fu probabilmente indetto un
concorso, del quale non è però pervenuta alcuna prova documentaria.
Oltre al Maderno, vi parteciparono Flaminio Ponzio, Girolamo Rainaldi, Orazio Torriani, Giovanni Antonio Dosio, il Cigoli, Niccolò Branconio e Domenico Fontana, ma a vario titolo si registrano anche le proposte di Fausto Rughesi, Giovanni Paolo Maggi e Martino Ferrabosco.
Tra questi prevalse Carlo Maderno, il cui progetto fu tradotto in un modello ligneo tra l'aprile e il novembre 1607.
Nel progetto definitivo Maderno mantenne le cappelle di raccordo tra la
navata e la pianta centrale previste nel suo primo disegno, ma eliminò
sia la composizione biassiale del braccio est, sia l'arco trionfale che
doveva fungere da collegamento tra la nuova navata e il nucleo
michelangiolesco; in ogni caso la distinzione tra le parti fu rimarcata
da un lieve risalto tra la volta a botte della crociera e quella della
navata. L'opera, realizzata a partire dal 1608, mutò radicalmente il progetto di Michelangelo e attenuò l'impatto della cupola sulla piazza
antistante. Le campate trasformarono la chiesa in un organismo a tre
navate, con profonde cappelle inserite lungo le mura perimetrali. Nel
clima della Controriforma la pianta fu così ricondotta a una croce latina;
come è stato osservato, si trattava di una tipologia capace di ospitare
un maggior numero di fedeli, che trasformava la chiesa in uno
"strumento di culto di massa".
Le navate laterali furono coperte con cupole a pianta ovale, incassate
nel corpo della basilica e caratterizzate all'esterno solo da piccole lanterne,
per le quali è nota anche la proposta del Ferrabosco, non realizzata,
di chiuderle, alla sommità del tetto, per mezzo di numerose cupole
ornamentali a pianta ottagonale.
Contestualmente alla costruzione della navata, Maderno pose mano anche alla facciata, dove riprese l'ordine gigante
previsto da Michelangelo, reinterpretandolo però su un unico piano
prospettico, senza il marcato avanzamento del pronao centrale. A lavori
praticamente ultimati, per volontà di papa Paolo V, alla facciata vennero aggiunti i corpi dei campanili laterali. Nel prospetto fatto incidere da Matteo Greuter nel 1613,
Maderno raffigurò quella che forse è la facciata definitiva del
prolungamento, con le torri campanarie caratterizzate da due esili
edicole, aperte da serliane
timpanate e sormontate da un coronamento a lanterna. Tuttavia la
costruzione dei campanili -di cui è noto anche il progetto del
Ferrabosco- si interruppe nel 1622 e le due torri, rimaste incomplete al primo ordine, finirono per aumentare le dimensioni orizzontali della facciata, che per questo apparve sproporzionata e piatta, malgrado il tentativo, tipicamente barocco,
di rafforzarne la plasticità in corrispondenza dell'asse centrale
mediante un uso graduale di pilastri, colonne e avancorpi aggettanti.
Successivamente la questione dei campanili fu ripresa da Gian Lorenzo Bernini. Approvato il progetto e dato inizio alla costruzione, si manifestarono preoccupanti problemi statici alle fondazioni
che decretarono la sospensione dei lavori e l'abbattimento di quanto
eseguito fino ad allora.
Le colonne dell'unico campanile in parte
realizzato vennero però reimpiegate per le facciate delle chiese di Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Montesanto di piazza del Popolo.
Nel tentativo di dare slancio al severo prospetto, Gian Lorenzo
Bernini, autore della piazza antistante alla basilica, eseguì una serie
di trasformazioni: limitò alla sola parte centrale la scalinata
d'ingresso alla chiesa e, davanti ai due archi che avrebbero dovuto
sostenere i suddetti campanili, scavò il terreno sottostante, portando
il nuovo piano di calpestio quanto più possibile vicino al livello della piazza.
Frattanto, nel 1611 fu data per la prima volta la benedizione papale dalla nuova loggia; nel 1614 si lavorò alla volta a botte della navata centrale, mentre nel 1615
fu demolito il muro divisorio che divedeva la vecchia basilica dalla
nuova. Nello stesso tempo si procedette alla realizzazione delle volte
delle cappelle laterali e nel 1616 fu conclusa la Confessione. Nel contempo numerose maestranze lavorarono all'apparato decorativo, iniziato già nel 1576
con il rivestimento a mosaico della cappella Gregoriana e proseguito,
tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, con la decorazione
musiva della grande cupola e della cappella Clementina.
Nella definizione dell'apparato ornamentale ebbero un ruolo
fondamentale Gian Lorenzo Bernini e i suoi aiuti, che lavorarono
all'ottagono sotto la cupola e al rivestimento dell'involucro
maderniano.
La basilica, completata con le grandi statue alla sommità della facciata, fu consacrata da papa Urbano VIII nel 1626.
Il colonnato
La sistemazione della piazza fu realizzata da Gian Lorenzo Bernini, sotto Alessandro VII, tra il 1657 ed il 1667.
La soluzione finale tenne conto di problemi liturgici, simbolici e
delle emergenze architettoniche preesistenti. Lo spazio antistante alla
basilica fu suddiviso in due parti: la prima, a forma di trapezio
rovescio con il lato maggiore lungo la facciata, la quale, grazie al
particolare effetto prospettico, assumeva dimensioni meno imponenti; la
seconda di forma ovale con l'imponente colonnato architravato sormontato
da sculture.
Per realizzare il suo progetto Bernini demolì la torre dell'orologio innalzata solo pochi anni prima da Martino Ferrabosco sul lato nord della piazza e pose in asse con la via di Borgo Nuovo il portone in bronzo che conduceva, tramite la Scala Regia, alla Cappella Sistina e ai Palazzi Vaticani; creò così un suggestivo percorso che accompagnava lo spettatore dalle anguste e articolate strade della "Spina di Borgo"
alla grandiosità della piazza San Pietro, tagliandola però in maniera
asimmetrica, sul lato nord, così da offrire suggestivi e sempre nuovi
scorci verso la facciata della basilica e rendendo nuovamente la cupola michelangiolesca l'elemento di spicco dell'intera composizione. Le aspirazioni del Bernini furono comunque stravolte con lo sventramento del quartiere di Borgo e l'apertura dell'attuale via della Conciliazione (1936-1950), che resero la facciata della basilica una monumentale quinta al termine di un lungo asse rettilineo.
La basilica di San Pietro è uno dei più grandi edifici del mondo: lunga ben 218 m e alta fino alla cupola 133,30 m, la superficie totale è di circa 23.000 m quadrati.
L'edificio è interamente percorribile lungo il suo perimetro, benché sia collegato ai Palazzi Vaticani mediante un corridoio sopraelevato disposto lungo la navata destra e dalla Scala Regia a margine della facciata su Piazza San Pietro; due corridoi invece lo uniscono all'adiacente Sacrestia.
Nonostante questo aspetto tradisca l'idea di una costruzione isolata al
centro di una vasta piazza, come probabilmente l'aveva pensata Michelangelo Buonarroti,
la presenza di passaggi sopraelevati, che non interferiscono con il
perimetro della basilica, permette ugualmente di cogliere la complessa
articolazione del tempio. L'esterno, in travertino, è caratterizzato dall'uso di un ordine gigante oltre il quale è impostato l'attico. Questa configurazione si deve sostanzialmente a Michelangelo Buonarroti e fu mantenuta anche nel corpo longitudinale aggiunto da Carlo Maderno.
Invece, lungo le navate, presso i 45 altari e nelle 11 cappelle che
si aprono all'interno della basilica, sono ospitati diversi capolavori
di inestimabile valore storico e artistico, come diverse opere di Gian Lorenzo Bernini e altre provenienti dalla chiesa paleocristiana, come la
statua bronzea di san Pietro (n. 89), attribuita ad Arnolfo di Cambio.
La facciata
Larga circa 114,69 m e alta 45,44 m, venne innalzata da Carlo Maderno fra il 1607 e il 1614, ed è articolata mediante l'uso di colonne d'ordine gigante che inquadrano gli ingressi e la
Loggia delle Benedizioni, il luogo dove viene annunziata ai fedeli l'elezione del nuovo papa; al di sotto si trova un altorilievo di Ambrogio Buonvicino, intitolato
Consegna delle Chiavi, del 1614 circa. Nella trabeazione, al di sotto del frontone centrale, è impressa l'iscrizione.
La facciata è preceduta da due statue raffiguranti san Pietro e san Paolo, scolpite rispettivamente da Giuseppe De Fabris e Adamo Tadolini nel 1847 per sostituire quelle precedenti, compiute da Paolo Taccone e Mino del Reame nel 1461. Sulla sommità sono disposte le statue, alte anche oltre 5,7 m, di Gesù, Giovanni Battista e di undici dei dodici apostoli (manca san Pietro). Ai lati della medesima sono collocati due orologi realizzati nel 1785 da Giuseppe Valadier.
Sotto l'orologio di sinistra si trova la cella campanaria al cui
interno sono ospitate le 6 campane: al centro del finestrone la campana
maggiore realizzata dal Valadier nel 1785, ai lati superiori le due campane minori; all'interno, dietro al campanone, il "Campanoncino" del 1725 e dietro la "Rota" del XIII secolo; sopra a queste la "Predica" del XIX sececolo.
La facciata è stata restaurata in occasione del giubileo del 2000, e riportata ai colori originariamente voluti da Maderno.
La navata centrale
L'immenso spazio interno, lungo 187,36 m (la scritta all'ingresso
riporta 837 P.R. che sta per palmi romani), è articolato in tre navate
per mezzo di robusti pilastri sui quali si aprono grandi archi a tutto sesto, alti 23 m e larghi 13. La superficie calpestabile è di 15.160 m quadrati. La navata
centrale è lunga 90 m (dalla controfacciata ai primi pilastri della
cupola), larga 26 m e alta circa 45 m e da sola copre circa
2.500 m quadrati di superficie. È coperta da un'ampia volta a botte e culmina, dietro al colossale
Baldacchino di San Pietro, nella monumentale
Cattedra.
Particolarmente ricercato è il disegno del pavimento marmoreo, in cui
sono presenti elementi provenienti dalla precedente basilica, come il
disco in porfido rosso egiziano sul quale si inginocchiò Carlo Magno
il giorno della sua incoronazione. Il pavimento marmoreo sostituisce
quello precedenti in mattoni e fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini per il giubileo del 1650, assieme alle decorazioni della navata .Diecimila metri quadrati di mosaici rivestono poi le superfici interne e
si devono all'opera di numerosi artisti che operarono soprattutto tra
il Seicento e il Settecento, come Pietro da Cortona, Giovanni De Vecchi, Cavalier d'Arpino e Francesco Trevisani.
Fino all'intersezione col transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri posti sulla destra dell'ingresso, si trovano le statue dei Santi
Le acquasantiere, alte quasi 2 m, furono realizzate tra il 1722 e il 1725 su disegno di Agostino Cornacchini. Constano di due conche in giallo di Siena, opera di Giuseppe Lironi, e due coppie di putti di Francesco Moderati e Giovanni Battista de Rossi.
La cupola
Con oltre 133 m di altezza, 41,50 m di diametro (di poco inferiore però a quello del Pantheon di Roma)
e 537 scalini dalla base dell'edificio fino alla lanterna, la cupola è
l'emblema della stessa basilica e uno dei simboli dell'intera città di Roma.
Poggia su un alto tamburo , definito all'esterno da una teoria di colonne binate e aperto da sedici finestroni rettangolari, separati da altrettanti costoloni. Quattro immensi pilastri, di 71 m di perimetro, sorreggono l'intera struttura, il cui peso è stimato in 14.000 t.
Come detto, la cupola fu costruita in soli due anni da Giacomo Della Porta,
seguendo i disegni di Michelangelo, il quale però forse aveva previsto
una cupola perfettamente sferica, almeno secondo quanto attestato dalle
incisioni di Stefano Dupérac pubblicate poco dopo la morte dell'artista.
Neanche il modello ligneo della cupola, conservato all'interno della
basilica, aiuta a rivelare le vere intenzioni di Michelangelo. Il
modello fu realizzato tra il 1558 e il 1561,
quando i lavori del tamburo erano già stati cominciati, ma fu
successivamente modificato e presenta alcune sostanziali differenze
nella concezione della calotta e degli altri dettagli ornamentali. Del
resto, Michelangelo si era riservato per sé il diritto di apportare
modifiche alla struttura dell'intera basilica, per la quale non è giunto
sino a noi nessun progetto definitivo, quindi la presenza di un modello
non era da considerarsi strettamente vincolante ai fini della
realizzazione dell'opera. Lo dimostrano, ad esempio, i timpani
dei sedici finestroni che segnano il perimetro del tamburo: nel modello
sono tutti di forma triangolare, mentre nella cupola vera e propria
presentano forme curve e triangolari alternate.
In ogni caso, l'attuale configurazione della cupola si deve a Della
Porta, che per prevenire dissesti strutturali la realizzò, tra il 1588 e il 1593,
a sesto rialzato, circa 7 metri più alta rispetto a quella
michelangiolesca, e cinse la base con catene di ferro. Ciò nonostante,
nel corso dei secoli, a causa del manifestarsi di pericolose lesioni,
soprattutto nel tamburo, si resero necessari altri interventi di
consolidamento, a opera dell'ingegnere Giovanni Poleni, con l'inserimento nella struttura del tamburo e della cupola di altre catene.
Dal punto di vista strutturale è costituita da due calotte sovrapposte, secondo quanto già realizzato a Firenze dal Brunelleschi: la calotta interna, più spessa, è quella portante, mentre quella esterna, rivestita in lastre di piombo
ed esposta agli agenti atmosferici, è di protezione alla prima.
Ottocento uomini lavorarono al completamento della cupola che, nel 1593, fu chiusa con la svettante lanterna dotata di colonne binate.
Secondo l'incisione di Dupérac, altre quattro cupole minori,
puramente ornamentali, avrebbero dovuto sorgere attorno alla maggiore
per esaltarne la centralità, tuttavia furono portate a termine solo
quelle sovrastanti le cappelle Gregoriana e Clementina.
La decorazione interna fu realizzata secondo la tecnica del mosaico,
come la maggior parte delle raffigurazioni presenti in basilica:
eseguita dai citati Cavalier d'Arpino e Giovanni De Vecchi per volontà di papa Clemente VIII,
presenta scene col Cristo, gli apostoli e busti di papi e santi. La
scalinata che permette di salire in cima alla cupola ha un particolare
disegno a listoni a sbalzo ed è realizzata in cotto ferentinate.
L'altare papale
Lo spazio sottostante la cupola è segnato dal monumentale
Baldacchino di San Pietro (n. 82), ideato dal genio di Gian Lorenzo Bernini e innalzato tra il 1624 e il 1633. Realizzato col bronzo prelevato dal Pantheon, è alto quasi 30 metri ed è sorretto da quattro colonne tortili a imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio
della vecchia basilica costantiniana, le cui colonne erano state
recuperate e inserite come ornamento nei pilastri della cupola
michelangiolesca. Al centro, all'ombra del Baldacchino, avvolto
dall'immenso spazio della cupola, sorge l'Altare papale, detto di Clemente VIII (che lo consacrò nel 1594), collocato sulla verticale esatta del Sepolcro di San Pietro.
Lungo i quattro immensi pilastri che circondano l'invaso della cupola si trovano le sculture ordinate da Urbano VIII: sono
San Longino (n. 88) di Gian Lorenzo Bernini (1639),
Sant'Elena (n. 84) realizzata da Andrea Bolgi nel 1646,
Santa Veronica (n. 80) di Francesco Mochi (1632), e infine
Sant'Andrea (n. 76) di François Duquesnoy (1640).