Dubai, ecco l'isola a forma di palma

Le Palm Islands sono tre isole artificiali, Palma Jumeirah, Palma Jebel Ali e Palma Deira, antistanti Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Il Pantheon della Roma antica

All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda.

Casa Batllò, Barcellona

Considerata una delle opere più originali del celebre architetto catalano Antoni Gaudí , l'edificio è stato dichiarato, nel 2005, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Giza e le sue Piramidi

Giza deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto.

I trulli pugliesi

I Trulli di Alberobello sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Villa Adriana, Tivoli

Costruita a partire dal 117 d.C. dall’imperatore Adriano, è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell’antichità romana.

Mediateque di Toyo Ito, Sendai

Toyo Ito: quando la comunicazione è come la luce.

lunedì 10 marzo 2014

FRANK O. GEHRY, Casa danzante, Praga

Noto per il suo approccio scultoreo e organico alla progettazione, è tra i massimi esponenti della corrente Decostruttivista. Vive e lavora negli Stati Uniti. 
http://cdn9.prague.fm/wp-content/uploads/dance_house_prague.jpgLa Casa danzante è il soprannome dato ad un edificio per uffici nel centro di Praga, Repubblica ceca, all'indirizzo Rašínovo nábřeží 80, 120 00 Praha 2. Fu progettata dall'architetto croato, nato nella Repubblica Ceca, Vlado Milunić in cooperazione con il canadese Frank Gehry. La posizione scelta era un posto vacante sul lungofiume, nel quartiere di Nové Mesto. L'edificio che occupava precedentemente quel luogo era stato distrutto durante i bombardamenti di Praga nel 1945. La costruzione ebbe inizio nel 1994 e terminò nel 1996.
Lo stile fortemente non convenzionale creò delle controversie al tempo della costruzione. Il presidente ceco Václav Havel, che visse per decenni vicino al sito, ha supportato il progetto, sperando che l'edificio divenisse un centro di attività culturali.
Originalmente chiamato Fred and Ginger (da Fred Astaire e Ginger Rogers) la casa ricorda vagamente una coppia di ballerini. Lo stile costruttivo sta tra il Neobarocco, il Neogotico e l'Art Nouveau, stili architettonici per i quali Praga è famosa.
http://www.praga.be/files/casa-danzante-dal-basso-800x587.jpgIl piano originale che proponeva un centro culturale non venne realizzato. Al settimo piano si trova un ristorante francese con una magnifica vista della città. Tra gli altri occupanti la casa alcune compagnie multinazionali. Data la collocazione su di una strada molto trafficata l'edificio è dotato di una circolazione forzata d'aria, che rende l'interno più confortevole per gli occupanti.
http://artearti.net/assets/channel_images/2624/casa_danzante.jpgQuesta soluzione è stata guidata soprattutto da una considerazione di tipo estetico: le finestre allineate avrebbero evidenziato che l'edificio ha due piani in più, pur avendo la stessa altezza di quelli ottocenteschi adiacenti. Esse, inoltre, non devono essere percepite, nella volontà del progettista, come delle semplici forme su una superficie piana, ma dare l'effetto della tridimensionalità, di qui l'idea di telai sporgenti come cornici di quadri.
Anche le sinuose modanature della facciara rendono più confusa la prospettiva, attenuando il contrasto con le costruzioni circostanti.

Seguendo la tradizione di Praga, in cui molti edifici sono sormontati da cupole e cuspidi, Gehry ha coronato l'edificio in muratura con una decorazione scultorea composta da nastri di rete metallica intrecciati. In quest'alternarsi di vuoti e pieni, nella convessità della facciata e nell'aggetto degli elementi di superficie pare che l'edificio vibri davvero, come se fosse stato ideato proprio pensando a dei ballerini.

IEOH MING PEI, Louvre la Piramide d'ingresso

Ieoh Ming Pei  è un architetto cinese naturalizzato statunitense.
File:PiramideLouvre.JPGHa vinto il Premio Pritzker nel 1983 e l'11 dicembre 1992 il Presidente George H. W. Bush gli ha conferito la Medaglia presidenziale della libertà. È stato uno degli ultimi grandi maestri dell'architettura modernista. Lavora con le forme astratte, usando la pietra, il calcestruzzo, il vetro e l'acciaio. Pei è uno degli architetti di maggior successo del XX secolo.
Pei è nato a Canton, nella provincia di Guangdong in una nota famiglia di Suzhou. Suo padre, banchiere di primo piano, fu in seguito direttore della Banca di Cina e governatore della Banca Centrale di Cina. La residenza della famiglia è ora parte del patrimonio mondiale dell'umanità, classificata tra i Classici Giardini di Suzhou. La casa viene chiamata Giardino del Leone della Foresta, ed è caratterizzata da molte sculture di pietra scavate naturalmente dall'acqua. Pei amava il modo in cui gli edifici si combinavano con la natura, e in particolare i giochi di luci e ombre.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/b/b2/Louvre_di_notte.JPGLa sua prima educazione avvenne alla Saint John's University di Shanghai e successivamente al St. Paul's College, Hong Kong, prima di trasferirsi negli Stati Uniti per studiare architettura, all'età di 18 anni. Iniziò alla University of Pennsylvania prima di ricevere la laurea in architettura dal Massachusetts Institute of Technology nel 1940. Lo stesso anno fu premiato con l'Alpha Rho Chi Medal, il MIT Travelling Fellowship, la AIA Gold Medal. Si iscrisse alla Harvard Graduate School of Design due anni dopo; poco dopo servì al National Defense Research Committee a Princeton, New Jersey.
Nel 1944 tornò ad Harvard, dove conseguì nel 1946 il master in Architettura e rimase lavorando come assistente. Ricevette il Wheelwright Traveling Fellowship nel 1951 e fu naturalizzato statunitense nel 1954.  Il grande Louvre, la più estesa istituzione museale del mondo, definito "il museo dei musei", ha trovato un funzionale adeguamento per accogliere lo sbalorditivo numero di visitatori, grazie al progetto dell'architetto Ieoh Ming Pei, originario della Cina.
Concepito e a lungo utilizzato come dimora reale, il Louvre da tempo non presentava spazi flessibili e idonei ad ospitare i servizi ed i percorsi richiesti da un moderno e funzionale museo.
Il programma d'adeguamento, promulgato nel 1981 dall'allora Presidente della Repubblica francese Francois Mitterand, prevedeva la modernizzazione del monumento nazionale e la sua integrazione con la città di Parigi, senza pregiudicarne l'integrità storica e culturale.
Il progetto di Pei risponde a queste istanze con un intervento che prevede due fasi suddivise nel tempo.

La prima, iniziata nel 1983, riguarda la sistemazione del nuovo ingresso principale, sotto la vasta superficie della corte centrale, il cortile Napoleone, ricavato da Pei tramite un'addizione sotterranea di 46.000 metri quadrati che, smistando la folla dei visitatori tramite tre braci di collegamento alle tre ali del museo, ospita una serie di servizi tecnici indispensabili: ingresso, servizi, informazioni, ristoro, un auditorium, laboratori e due gallerie per esposizioni temporanee.
A questa fase è corrisposto il contemporaneo adattamento ed allestimento del'edificio disposto ad U intorno al cortile centrale.
La conclusione di questa fase può essere indicata nel 30 marzo 1989, data dell'inaugurazione ufficiale della Piramide di vetro.

http://www.todaroarchitect.com/inputoutput/wp-content/uploads/2014/01/Parigi-La-Piramide-del-Louvre-Ieoh-Ming-Pei-%C2%A9-Todaro-Architect37.jpgLa Piramide principale è fondamentalmente una complessa struttura d'acciaio, alta ventuno metri, inguainata in vetro riflettente: un vetro leggermente tinto, estratto dall'industria Saint-Gobain in modo da essere compatibile con la pietra di color miele delle secolari facciate del grande Louvre.
Essa costituisce una sorta di lungo ingresso a portico che ritarda l'entrata alle gallerie principali: le due piramidi più piccole, invece, forniscono ulteriore luce e ventilazione agli spazi sotterranei.
La seconda fase, conclusasi nel 1993, ha previsto la riconversione ad area espositiva del'ala Richelieu, già occupata dagli uffici del Ministero delle Finanze, incrementando di ben 36.000 metri quadrati la superficie calpestabile del Grande Louvre.
Lo stratagemma di diffondere luce naturale nello spazio interrato dell'ingresso principale tramite una piramide di vetro, attorniata da altre tre di grandezza minore, ha reso l'intervento di Pei uno dei più discussi in Europa.
http://www.vivi-areaindustriale.mn.it/Portals/0/Articles/Redazione/cultura/louvre.jpg

RICARDO BOFILL , United Airlines

<a rel=nofollow target=hiddenIframe href=/download.php?id=./images/albums/userpics/10002/Ch0023.jpg>Download</a>~© Marshall Gerometta CTBUH~1~279~800Ricardo Bofill (Barcellona, 5 dicembre 1939) è un architetto e urbanista spagnolo di origini ebraiche.
Sua madre Maria Levi è infatti un’ebrea di origine veneziana. Suo padre era un architetto e costruttore, il che gli ha consentito di entrare nel mondo dell’edilizia sin da giovane. Del resto la sua famiglia ha una certa tradizione nel campo: probabilmente, per via paterna, discende da Guillem Bofill, costruttore della cattedrale di Girona nel 1404. 
Bofill è nato a Barcellona, dove ha studiato al Liceo Francese e poi alla Escuela Técnica Superior de Arquitectura. Nel 1955 viaggia in Grecia per conoscere direttamente l’architettura classica. Nel 1957, espulso per ragioni politiche dalla scuola di architettura di Barcellona, si trasferì in Svizzera e si iscrisse all’Università di Ginevra dove si laureò nel 1959.
Nel 1963 creò il suo studio di architettura che ha fra i suoi membri anche dei sociologi oltre che architetti e ingegneri. Grazie a questa équipe professionale, Bofill era in condizione di affrontare con naturalezza progetti di diversa natura in parti molto differenti del mondo. Nel 1978 aprì un secondo studio a Parigi.
http://img.archilovers.com/projects/c_383_9c45313d-bc4a-4c7b-bef4-2c65eb9dc5ee.jpgBofill è considerato uno dei massimi rappresentanti del postmoderno. Nei suoi disegni mantiene la chiarezza di linee tipica del moderno, ma abbandonando le forme pure. Nei suoi edifici sono incorporati elementi classici come colonne e archi che risultano immediatamente comprensibili e piacevoli esteticamente e strutturalmente. Bofill è autore di un’estesa opera teorica. Fra i molti libri che ha pubblicato si segnalano Espacio y vida (Spazio e vita), La ciudad del arqutecto (La città dell’architetto) e El dibujo de la ciudad (Il disegno della città). Nel corso della carriera Bofill ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Nel 1983 è stato chiamato dalla Graham Foundation a tenere delle lezioni a Chicago. Nel 1985 fu eletto membro onorario dell’Istituto Americano di Architettura negli Stati Uniti.
Ancorato sull'argine del fiume Chicago questo edificio di 50 piani di uffici rappresenta una pietra miliare climatica nelle opere di Ricardo Bofill " Taller de Arquitectura". È stato progettato in stile "Classico moderno" utilizzando granito bianco reale portoghese e la parete divisoria in vetro grigio-argento.
La tradizione americana della costruzione del grattacielo, ha suggerito la necessità di stabilire un dialogo tra la classicità dell'architettura in pietra e gli edifici di vetro ad alta tecnologia. Il risultato è una facciata che rivela un disegno di proporzioni classiche, che ricorda il campanile di Giotto nel Duomo di Firenze, diviso in diversi livelli collegati da colonne. Un tempio classicamente proporzionato incorona la parte superiore.
http://www.architetturaeviaggi.it/moduli/galleria/america/2013_nor.jpg
L'edificio è sorto per migliorare la vista panoramica sulla città, attraverso un'evidente predominanza di vetro ed esprime l'aspirazione a inscrivere se stessa nel contesto urbano esistente e rende il proprio contributo distintivo a skyline di Chicago.
Particolare attenzione per il dettaglio e l'aspetto del piano terra che ospita un atrio di 18 m di altezza in marmo grigio e bianco; un grande muro dipinto da un pittore di fama mondiale Antonio Tapies, un granito nero  e lussureggianti piantagioni di alberi di bambù.
Il progetto premiato nel 1992 Lighting Istituto di Chicago come  "Premio al merito per l'impianto di illuminazione".
L'edificio divenne la sede aziendale di United Airlines nel 2007. Microsoft è un inquilino principale nell'edificio, che occupa più piani.

KENZO TANGE, Stadio Olimpico di Yoyogi

http://www.dailyartfixx.com/wp-content/uploads/2009/08/yoyogi-national-gymnasium-kenzo-tange.jpgKenzō Tange  è stato un architetto e urbanista giapponese. È considerato uno dei principali personaggi dell'architettura del Novecento.
Kenzō Tange è cresciuto a Imabari sull'isola di Shikoku. Sono i lavori di Le Corbusier che lo portano ad iscriversi alla Facoltà di architettura di Tokyo nel 1935. Una volta laureato entra nello studio di Kunio Maekawa, un discepolo di Le Corbusier, dove lavora per quattro anni.
Nel 1946 diventa professore all'Università di Tokyo e crea il Laboratorio Tange dove ha come collaboratori Sachio Otani, Fumihiko Maki, Koji Kamiya, Takashi Asada, Arata Isozaki, Kisho Kurokawa e Taneo Oki. Nel 1949 vince il concorso per la realizzazione del Memoriale della Pace a Hiroshima. Nel 1951 partecipa ai CIAM a Londra dove incontra Le Corbusier, Walter Gropius, e altri importanti architetti dell'epoca.
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/35/Yoyogi_national_1st_gymnasium_20120103.jpgFra le principali influenze, sono da rilevare Le Corbusier, e quindi il Movimento Moderno, e poi il passato classico di Michelangelo. Anche l'architettura tradizionale giapponese ha avuto una grande importanza nella sua opera, reinterpretata con i materiali moderni come il calcestruzzo, di cui un buon esempio è la Prefettura di Kagawa a Takamatsu (1958). A partire dagli anni sessanta, si dedica maggiormente all'urbanistica e progetta il Piano per Tokyo, una megastruttura costruita nella baia, formata da isole artificiali collegate alla terra ferma da ponti.
La maggior parte dei suoi progetti si trova in Giappone, ma anche in Italia ha realizzato diverse opere: a Bologna le torri del quartiere fieristico (1972), a Catania il quartiere Librino (1971) e a Napoli il Master Plan per il Centro Direzionale di Napoli (1995). A Milano è l'autore del progetto urbanistico del Quartiere Affari di San Donato Milanese (1990-99) dove ha realizzato la sede BMW-Italia (1998) e la torre AGIP (1999). 
http://www.fivb.org/EN/volleyball/competitions/WorldCup/2011/men/img/A4.jpgHa ricevuto numerosi riconoscimenti in diversi paesi, fra i quali la medaglia d'oro del RIBA, dell'AIA e dell'Accademia francese di architettura, e nel 1987 il premio Pritzker, il maggior riconoscimento a livello mondiale per l'architettura.
Lo Yoyogi National Gymnasium  è un impianto sportivo polivalente situato nel quartiere Shibuya di Tokyo. 
È un impianto polivalente, costruito negli anni sessanta del XX secolo per ospitare le competizioni di nuoto e tuffi dei Giochi olimpici di Tokyo 1964.
In seguito è stato destinato ad ospitare le partite di pallavolo, pallacanestro, e alcuni incontri di arti marziali. Nel corso degli anni è stato anche sede di molti concerti di artisti famosi, in particolare la nota idol giapponese Ayumi Hamasaki ha organizzato qui gran parte dei suoi concerti nella capitale.
Nel 2006 e nel 2010 vi si sono svolti gli MTV Video Music Awards Japan.
Ha ospitato i Campionati mondiali di judo 2010.
 http://manueloka.com/koken/storage/cache/images/000/901/IMG-5901-2,large.jpg?1387859065

domenica 9 marzo 2014

Centro nazionale d'arte e di cultura Georges Pompidou, Parigi

http://www.artslife.com/wp-content/uploads/2013/05/centre_pompidou_Parigi.jpgIl Centro nazionale d'arte e di cultura Georges Pompidou si trova a Parigi, in Rue Beaubourg 19: è conosciuto, in francese, anche come Beaubourg. L'edificio è opera dello studio Piano & Rogers.
Il Centro nacque dalla volontà di Georges Pompidou, presidente della repubblica francese dal 1969 al 1974, che volle creare nel cuore di Parigi un'istituzione culturale interamente dedicata all'arte moderna e contemporanea a cui si affiancassero anche libri, design, musica, cinema. Per questo il Centro comprende una grande biblioteca pubblica, la Bibliothèque publique d'information, il Musée national d'art moderne, e IRCAM, un centro, quest'ultimo, dedicato alla musica e alle ricerche acustiche. Collocato all'interno dell'edificio è anche il Centro del design industriale. La struttura è aperta al pubblico dal 31 gennaio 1977.
http://www.richardrogers.co.uk/Asp/uploadedFiles/image/0099_Pompidou/Pompidou%20MP/99_0140_2_mp.jpgAttualmente custodisce una collezione di circa 70 mila opere, in cui accanto alle arti visive trovano posto il design, l'architettura, la fotografia e le opere multimediali. Queste opere vengono proposte attraverso forme espositive costantemente rinnovate e vengono spesso accompagnate da cicli di conferenze, incontri, dibattiti, concerti e spettacoli.

http://static.panoramio.com/photos/large/82895339.jpgOgni anno il Centro organizza una trentina di esposizioni monografiche o tematiche, raccogliendo in mostre temporanee anche materiale proveniente da altre collezioni.

Secondo il pensiero di George Pompidou, l'ubicazione nel centro di Parigi di un nuovo tipo di istituzione culturale, dedicato a tutte le forme di creazione contemporanea, era motivato da una serie di esigenze:
  • il desiderio di frenare il declino di Parigi sulla scena artistica e di mantenere il suo status di importante scenario per l'arte contemporanea a livello mondiale, sempre più contesogli da New York;
  • allo stesso modo, la volontà di aprire la creatività francese verso il mondo e favorire l'espressione di nuove forme d'arte attraverso l'interdisciplinarità;
  • la convinzione che l'arte contemporanea potesse tornare a un più ampio pubblico, a condizione che il governo svolgesse appieno il suo ruolo di mediatore;
  • il desiderio di creare a Parigi un grande monumento che rappresentasse l'architettura della seconda metà del XX secolo, che nella capitale era stata fino a quel momento irrilevante o poco evidente.
http://media-cache-ak0.pinimg.com/736x/13/0a/89/130a897030c9d66f5c03705b323e5b22.jpgQueste aspirazioni, in particolare, generarono accesi dibattiti, riguardanti l'opposizione tra la cultura di massa e la cultura d'élite, le questioni del decentramento culturale e il rapporto tra potere e creatività.
Il Centro Pompidou è stato progettato da Gianfranco Franchini, Renzo Piano, Richard Rogers e Sue Rogers, assieme all'ingegnere britannico Edmund Happold e all'ingegnere strutturista irlandese Peter Rice. Il progetto di questo gruppo di semi-sconosciuti (al tempo) risultò vincente alla gara indetta per realizzare il museo, competizione il cui risultato fu annunciato nel 1971.Il New York Times, in occasione della vittoria da parte di Rogers del Premio Pritzker nel 2007, scrisse che il design del centro "ha rovesciato l'architettura mondiale". Sin dalla sua costruzione, l'edificio audacemente colorato e dalla struttura evidente è divenuto uno dei simboli dell'architettura del XX secolo.I diversi colori delle tubature esterne del prospetto del Centre Pompidou sono differenziati in base al loro utilizzo: quelle gialle per l'elettricità, le rosse per gli ascensori e le scale mobili, verde per l'acqua, blu per l'aria.
 Il Musée National d'Art Moderne (Museo nazionale d'arte moderna) è un museo d'arte moderna, situato al quarto e quinto piano del Centre Pompidou, allestito negli anni 1980 dall'architetto e designer italiana Gae Aulenti.
Il museo espone opere di: Georges Braque, Marc Chagall, Henri Matisse, Pablo Picasso, Maurice Utrillo, Vasily Kandinsky, Joan Miró e altri artisti.

L'Opera di Sidney, Australia

 

Figlio di un rinomato architetto navale di Aalborg, Jørn Utzon a 18 anni comincia a collaborare con suo padre disegnando barche. Si iscrive all'Accademia Reale di Belle Arti di Copenaghen dove studia architettura.   Dopo essersi laureato nel 1942, si trasferisce in Svezia (perché paese neutrale durante la seconda guerra mondiale) a Stoccolma. Parte poi per la Finlandia dove lavora nello studio di Alvar Aalto, che assieme a Gunnar Asplund e Frank Lloyd Wright, influenzerà fortemente il suo lavoro. Alla fine della guerra torna con la sua famiglia in Danimarca e apre il proprio studio. In questi anni viaggia molto, soprattutto in America (Messico, Stati Uniti) e in Asia (Cina, Giappone, India). Nel 1947 lavora per alcuni mesi in Marocco; l'incontro con l'architettura islamica avrà un'influenza decisiva sul suo lavoro.
Nel 1957 vince il concorso per l'opera di Sydney in Australia, dove nel 1962 si trasferisce per seguire meglio il cantiere. Dopo numerosi problemi con la committenza si trova costretto ad abbandonare il progetto nel 1966 e a lasciare l'Australia. Il progetto che ha subito numerose modifiche rispetto al progetto di Utzon, è stato poi ultimato da Peter Hall, David Littlemore e Lionel Todd. L'Opera House è stata inaugurata ufficialmente il 23 ottobre 1973 dalla regina Elisabetta II.
A partire dal 1985 i suoi figli Jan e Kim cominciano a collaborare con lui, e da quando Jørn Utzon si è ritirato proseguono l'attività dello studio Utzon Architects. Sono stati incaricati di seguire lo sviluppo e il restauro dell'Opera di Sydney, e soprattutto di progettare il completamento degli interni.
http://25.media.tumblr.com/tumblr_l4ko36e0UY1qb8342o1_500.jpgDurante la sua carriera Utzon ha conseguito numerosi riconoscimenti internazionali è stato eletto accademico d'onore dell'Accademia delle Arti del Disegno e ha ricevuto la medaglia Alvar Aalto, il Premio Sonning, il Premio Wolf, la Legion d'Onore francese, il Leone d'oro nel 2000e, a coronamento della sua carriera, nel 2003, è stato il vincitore del prestigioso Premio Pritzker.

Muore a Copenhagen il 29 novembre 2008 per un infarto. 

 Il teatro dell'opera di Sydney (la Sydney Opera House) costituisce una delle più significative architetture realizzate nel XX secolo e tale da rappresentare quasi un'icona non solo per la città di Sydney, in cui sorge, quanto per l'Australia stessa.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjRugqzwVOONyhyoLW7_2AEq3TcacK-Kkh9ZRwuvWLCAO4BqOCfg1maKfQhP28-ffQgT8y-jH1UUV-TcGVxwE-1wjcGxleJY4FRbNIImDk4AOiAPbdkwtgz-0yBX1vpg7zIPGbDK-ETKww/s1600/SYDNEY+2.jpgÈ stato progettato dall'architetto danese Jørn Utzon, affiancato per i calcoli strutturali dalla società di ingegneria londinese Arup. 
Situato nella baia di Sydney, dotato di un parco di divertimenti a sud e di un grande parcheggio per le autovetture accessibile da Macquarie Street, ben collegato e vicino all'enorme Sydney Harbour Bridge, l'edificio e i suoi dintorni rappresentano spesso una meta per i turisti che - per la maggior parte senza interesse alcuno per l'opera - affollano l'edificio semplicemente per visitarne la struttura.
Secondo alcuni critici, i gusci a sezione sferica possono ricordare la flottiglia di barche a vela che si reca in crociera nei mari australiani.
L'acustica dell'intera struttura, particolarmente quella del teatro dell'opera, non sempre ha avuto apprezzamento e anzi ha ricevuto critiche fino a essere giudicata insoddisfacente rispetto alla funzione per cui è stata creata.
Vi sono state continue richieste per una ristrutturazione degli spazi, un restyling che preveda lo spostamento del teatro dell'opera alla sala concerto, più grande e più adatta acusticamente, con conseguente spostamento dell'orchestra in una nuova sede.
Il teatro dell'opera venne inaugurato dalla regina Elisabetta II del Regno Unito il 20 ottobre 1973. L'apertura fu trasmessa in televisione, con fuochi d'artificio e l'esecuzione della Nona sinfonia di Beethoven.
Nella sala dei concerti si trova il Grande Organo a Canne, un organo dotato di 10.500 canne, installato nel 1979.
Nel 2007 è entrato a far parte dei Patrimoni dell'Umanità sotto l'egida dell'UNESCO.


http://www.aecmag.com/images/stories/200802/c_remodelling1.jpg


Il sanatorio, Finlandia

 

Gli enormi occhi che sagomano le pareti di mattoni sembrano osservarci. Nel silenzio
Aalto aveva studiato con Armas Lindgren, uno degli esponenti del Romanticismo nazionalista finlandese. All'inizio della sua carriera Aalto sembra esser stato, dal punto di vista ideologico, un classicista; infatti elaborò temi architettonici classici e applicò motivi e riferimenti storici. Nonostante tale aspetto però rimase fedele al funzionalismo durante tutta la sua evoluzione stilistica. Dagli inizi degli anni trenta del 1900, passato il periodo razionale ortodosso, la sua idea di architettura si amplia e, dalla razionalità, arriva a toccare anche temi strettamente tecnici funzionali fino ad arrivare a quelli psicologici. Più avanti poi viene marcato il ruolo di sintesi che compete alle architetture. Viene inserito nella progettazione di un qualsiasi edificio anche la filosofia.
Alle opere mature di Alvar Aalto sono spesso applicati i termini "romantiche", "irrazionali" e "organiche". Questo suggerisce che dopo la sua fase iniziale razionalista egli avesse abbandonato del tutto questo modo di pensare l'architettura; in realtà viene ridefinito da lui stesso il concetto di razionalità. Si può definire questo suo nuovo approccio alla progettazione "Super Razionale". Vengono inseriti da qui nei progetti anche fattori psicologici, intuitivi ed inconsci. Altro importante aspetto del periodo aaltiano maturo è la concezione dell'edificio come ente integrato perfettamente nel contesto. L'edificio non è visto come una struttura isolata dal resto, ma anzi, è come se essa dialogasse con ciò che la circonda.
Altro aspetto importante di questo grande maestro dell'architettura del ventesimo secolo è l'elaborazione della "standardizzazione flessibile", cioè un sistema costruttivo industriale in grado di garantire elasticità e varietà dei prodotti.

La sua arte
L'attività di Aalto spaziava dal design di arredi e oggetti in vetro all'architettura e alla pittura. Dal punto di vista architettonico fu il maggior esponente dell'architettura organica europea, nonché appartenente ad una folta schiera di maestri del movimento moderno insieme a Le Corbusier, Mies van der Rohe e Gropius, tutti appartenenti alla generazione di nati nel decennio del 1880. 
A partire da oggetti piccoli come un cucchiaio, fino ad arrivare al progetto di città (è autore anche dei piani regolatori per Finlandia e Svezia), l'opera di Aalto si caratterizza sotto un suo ricorrente particolare architettonico, il segno della sua "onda", che in finlandese è chiamata aalto come il suo cognome. 
Negli ultimi due decenni del suo mezzo secolo di attività progettuale alcuni critici hanno parlato di una "involuzione classicista" di Aalto, dovuta soprattutto ad un allontanamento dalla linea del neoempirismo scandinavo.

Il sanatorio di Paimio (in finlandese Paimion parantola ) è un sanatorio situato nella cittadina finlandese di Paimio, utilizzato nel passato per la cura della tubercolosi. Con il progetto nel 1928 Alvar Aalto e la moglie Aino vinsero il concorso; l'edificio fu costruito tra il 1929 e il 1933. Per la sua realizzazione parteciparono con propri contributi 48 comuni e 4 città, l'ospedale è situato in mezzo ad una vasta area di colline moreniche ricoperte di boschi, lontano dai centri abitati.
File:Paimio Sanatorium interior.jpgLa struttura generale del sanatorio è costituita da un complesso edilizio per corpi di fabbrica separati: in particolare ci sono le camere dei malati e terrazzi, locali di uso collettivo, Servizi (cucine, caldaie, ecc.),Garage, Abitazioni dei medici e degli operatori.
Il complesso è modellato partendo dall'unità base che è la camera dei malati. L'ala con le camere di degenza è costituita da una stecca lineare e sottile, sorretto da un unico ordine di pilastri, in maniera tale che tutte le stanze abbiano la stessa esposizione a sud-sudest. Al contrario le aule di soggiorno e i relativi terrazzi sono orientate ciascuna in maniera che il panorama sia uno diverso dall'altro e che il malato possa sempre scegliere fra zona d'ombra o soleggiata. I solarium sono di ampiezze varie per favorire liberi raggruppamenti anche per piccoli gruppi di ammalati. La camera è progettata tenendo conto della posizione di riposo orizzontale degli ospiti: le pareti di ogni stanza sono dipinte con un colore neutro, il soffitto, invece, è un po’ più scuro. Dal soffitto colorato il riscaldamento si irradia verso il basso, inoltre un particolare sistema di ricambio dell'aria evita le correnti.

 

 

 

lunedì 17 giugno 2013

Il Colosseo, Roma

File:Colosseo-1.JPGOriginariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio o semplicemente come Amphitheatrum, è il più grande anfiteatro del mondo. È situato nel centro della città di Roma. In grado di contenere fino a 50.000 spettatori, è il più importante anfiteatro romano, nonché il più imponente monumento della Roma antica che sia giunto fino a noi. È conosciuto in tutto il mondo come simbolo della città di Roma e dell'Italia.
L'anfiteatro è stato edificato su un'area al limite orientale del Foro Romano. La sua costruzione fu iniziata da Vespasiano nel 72 d.C. e fu inaugurato da Tito nell'80, con ulteriori modifiche apportate durante il regno di Domiziano. Non più in uso dopo il VI secolo, l'enorme struttura venne variamente riutilizzata nei secoli, anche come cava di materiale. Il nome "Colosseo", che deriva dalla vicina statua del Colosso di Nerone, si diffuse solo nel Medioevo. Ben presto l'edificio divenne simbolo della città imperiale, espressione di un'ideologia in cui la volontà celebrativa giunge a definire modelli per lo svago del popolo. Oggi è un simbolo della città e una delle sue maggiori attrazioni turistiche.
Era usato per gli spettacoli di gladiatori e altre manifestazioni pubbliche (spettacoli di caccia, rievocazioni di battaglie famose, e drammi basati sulla mitologia classica). La tradizione che lo vuole luogo di martirio di cristiani è destituita di fondamento. Esprime con chiarezza le concezioni architettoniche e costruttive romane della prima Età imperiale, basate rispettivamente sulla linea curva e avvolgente offerta dalla pianta ellittica e sulla complessità dei sistemi costruttivi. Archi e volte sono concatenati tra loro in un serrato rapporto strutturale.
L'edificio forma un'ellisse di 527 m di perimetro, con assi che misurano 187,5 e 156,5 m. L'arena all'interno misura 86 x 54 m, con una superficie di 3.357 m². L'altezza attuale raggiunge 48,5 m, ma originariamente arrivava a 52 m.
Il Colosseo, come tutto il Centro storico di Roma, le Zone extraterritoriali della Santa Sede in Italia e la Basilica di San Paolo fuori le mura, è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell'umanità dall'UNESCO nel 1980. Nel 2007 il complesso è stato anche inserito fra le Nuove sette meraviglie del mondo, a seguito di un concorso organizzato da New Open World Corporation .
Oggi le sue condizioni di salute appaiono preoccupanti, visto che studi sulla sua struttura hanno evidenziato oltre 3.000 lesioni e un esteso stato fessurativo. Inoltre, nel 2012 è avvenuta la scoperta di un'inclinazione di 40 cm della struttura, probabilmente a causa di un cedimento della platea di fondazione su cui poggia.
La sua costruzione iniziò nel 70 sotto l'imperatore Vespasiano, della dinastia flavia. I lavori furono finanziati, come altre opere pubbliche del periodo, con il provento delle tasse provinciali e il bottino del saccheggio del tempio di Gerusalemme (70 d.C.). L'area scelta era una vallata tra la Velia, il colle Oppio e il Celio, in cui si trovava un lago artificiale (lo stagnum citato dal poeta Marziale) fatto scavare da Nerone per la propria Domus Aurea. Questo specchio d'acqua, alimentato da fonti che sgorgavano dalle fondazioni del Tempio del Divo Claudio sul Celio, venne ricoperto da Vespasiano con un gesto "riparatorio" contro la politica del "tiranno" Nerone che aveva usurpato il terreno pubblico, e destinato ad uso proprio, rendendo così evidente la differenza tra il vecchio ed il nuovo principato. Vespasiano fece dirottare l'acquedotto per uso civile, bonificò il lago e vi fece gettare delle fondazioni, più resistenti nel punto in cui sarebbe dovuta essere edificata la cavea. Vespasiano vide la costruzione dei primi due piani e riuscì a dedicare l'edificio prima della propria morte nel 79. L'edificio era il primo grande anfiteatro stabile di Roma, dopo due strutture minori o provvisorie di epoca giulio-claudia (l'amphiteatrum Tauri e l'amphiteatrum Caligulae) e dopo ben 150 anni dai primi anfiteatri in Campania.
Il figlio e successore di Vespasiano, Tito, aggiunse il terzo e quarto ordine di posti e inaugurò l'anfiteatro con cento giorni di giochi, nell'80. Poco dopo, il secondo figlio di Vespasiano, l'imperatore Domiziano, operò importanti modifiche, completando l'opera ad clipea (probabilmente degli scudi decorativi in bronzo dorato), aggiungendo forse il maenianum summum in ligneis e realizzando i sotterranei dell'arena: dopo il completamento dei lavori non fu più possibile tenere nell'anfiteatro delle naumachie (rappresentazioni di battaglie navali), che invece le fonti riportano per l'epoca precedente. 
http://www.umbriaecultura.it/wp-content/uploads/2015/04/colosseo.jpgContemporaneamente all'anfiteatro furono costruiti alcuni edifici di servizio per i giochi: i ludi (caserme e luoghi di allenamento per i gladiatori, tra cui sono noti il Magnus, il Gallicus, il Matutinus e il Dacicus), la caserma del distaccamento dei marinai della Classis Misenensis (la flotta romana di base a Miseno) adibiti alla manovra del velarium (castra misenatium), il summum choragium e gli armamentaria (depositi delle armi e delle attrezzature), il sanatorium (luogo di cura per le ferite dei combattimenti) e lo spoliarum un luogo in cui venivano trattate le spoglie dei gladiatori defunti in combattimento.
Il Colosseo era circondato da un'area di rispetto pavimentata in travertino.
La facciata esterna (alta fino a 48,50 m) è in travertino e si articola in quattro ordini, secondo uno schema tipico di tutti gli edifici da spettacolo del mondo romano: i tre registri inferiori con 80 arcate numerate, rette da pilastri ai quali si addossano semicolonne, mentre il quarto livello (attico) è costituito da una parete piena, scompartita da paraste in corrispondenza dei pilastri delle arcate. Nei tratti di parete tra le lesene si aprono 40 piccole finestre quadrangolari, una ogni due riquadri (nei riquadri pieni dovevano trovarsi i clipei bronzei), e immediatamente sopra il livello delle finestre vi sono collocate tre mensole sporgenti per ogni riquadro, nelle quali erano alloggiati i pali di legno che venivano utilizzati per aprire e chiudere il velarium, il telo di copertura che riparava gli spettatori, manovrato da un distaccamento di marinai della flotta di Miseno e probabilmente ancorato a terra alla serie di cippi inclinati che ancora oggi è visibile, in parte, esternamente al limite della platea basamentale in travertino (visibili quelli sul lato verso il Celio).
Al secondo e terzo livello gli archi sono bordati da una parapetto continuo, in corrispondenza del quale le semicolonne presentano un dado come base.
Le semicolonne e le lesene dei quattro ordini hanno a partire dal basso capitelli tuscanici, ionici, corinzi e corinzi a foglie lisce. I primi tre ordini ripetono la medesima successione visibile sulla facciata esterna del teatro di Marcello.
Le raffigurazioni monetarie ci tramandano la presenza di quattro archi alle terminazioni delle assi dell'ellisse della pianta, ornati da un piccolo protiro marmoreo.
All'interno la cavea con i gradini per i posti degli spettatori era interamente in marmo e suddivisa, tramite praecinctiones o baltea (fasce divisorie in muratura), in cinque settori orizzontali (maeniana), riservati a categorie diverse di pubblico, il cui grado decresceva con l'aumentare dell'altezza. Il settore inferiore, riservato ai senatori e alle loro famiglie, aveva gradini ampi e bassi che ospitavano seggi di legno (subsellia); sulla balaustra del podio venivano iscritti i nomi dei senatori a cui i posti inferiori erano riservati.
Seguivano il maenianum primum, con una ventina di gradini di marmo, il maenianum secundum, suddiviso in imum (inferiore) e summum (superiore), ancora con circa sedici gradini in marmo, e infine il maenianum summum, con circa undici gradini lignei all'interno del portico colonnato che coronava la cavea (porticus in summa cavea): i resti architettonici di quest'ultimo appartengono ai rifacimenti di epoca severiana o di Gordiano III. Sui gradini sotto il colonnato prendevano posto le donne, alle quali, da Augusto in poi, fu sempre vietato di mescolarsi ad altri spettatori. Il posto peggiore era sul terrazzo sopra il colonnato, solo con posti in piedi, destinato alle classi infime della plebe.
Verticalmente i settori erano scanditi da scalette e dagli accessi alla cavea (vomitoria), ed erano protetti da transenne in marmo (risalenti ai restauri del II secolo).
http://www.hotelfororomano.com/wp-content/gallery/gallery-fori-colosseo/colosseo.jpgAlle due estremità in corrispondenza dell'asse minore, precedute esternamente da un avancorpo, si trovavano due palchi riservati agli alti personaggi ospitati nei due palchi oggi scomparsi. Uno, a forma di "S", era destinato all'imperatore, ai consoli e alle vestali; l'altro al praefectus urbi e a altri dignitari.
Gli spettatori raggiungevano il loro posto entrando dalle arcate loro riservate. Ciascuna delle 74 arcate per il pubblico era contraddistinta da un numerale, inciso sulla chiave di volta, per consentire agli spettatori di raggiungere rapidamente e ordinatamente il proprio posto. Da qui si accedeva a scale incrociate che portavano a una serie simmetrica di corridoi anulari coperti a volta. Immettono ciascuna in un ampio settore comprendente tre cunei, scompartito da pilastri. Il percorso aveva le pareti rivestite in marmo e presentava una decorazione a stucco sulla volta, ancora quella originale di epoca flavia. Il palco meridionale, che ospitava l'imperatore, aveva anche un altro accesso più diretto, attraverso un criptoportico che dava direttamente all'esterno.
Dodici arcate erano riservate ai Senatori e immettevano in corridoi che raggiungevano l'anello più interno: da qui con una breve scala si raggiungeva il settore inferiore della cavea. Anche questi passaggi erano rivestiti di marmo.
Le altre arcate davano accesso alle numerose scale a una o due rampe che portavano ai settori superiori. Le pareti erano qui rivestite di intonaco, anche sulle volte.
L'arena ellittica (86 x 54 m) presentava una pavimentazione parte in muratura e parte in tavolato legno, e veniva ricoperta da sabbia, costantemente pulita, per assorbire il sangue delle uccisioni. Era separata dalla cavea tramite un alto podium di circa 4 m, decorato da nicchie e marmi e protetto da una balaustra bronzea, oltre la quale erano situati i sedili di rango.
Sotto l'arena erano stati realizzati ambienti di servizio, articolati in un ampio passaggio centrale lungo l'asse maggiore e in dodici corridoi curvilinei, disposti simmetricamente sui due lati. Qui si trovavano i montacarichi che permettevano di far salire nell'arena i macchinari o gli animali impiegati nei giochi e che, in numero di 80, si distribuivano su quattro dei corridoi: i resti attualmente conservati si riferiscono ad un rifacimento di III o IV secolo. Tuttavia è ancora possibile fare un confronto con i sotterranei dell'Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, realizzato dagli stessi architetti del Colosseo, in modo da avere un'idea di come potevano essere in epoca romana i sotterranei del Colosseo: a Pozzuoli infatti sono tuttora visibili gli ingranaggi che i Romani utilizzavano per sollevare le gabbie contenenti belve feroci sull'arena.
Le strutture di servizio sottostanti all'arena erano fornite di ingressi separati:
gallerie sotterranee all'estremità dell'asse principale davano accesso al passaggio centrale sotto l'arena, ed erano utilizzate per l'ingresso di animali e macchinari;
due ingressi monumentali con arcate sull'asse maggiore davano direttamente nell'arena ed erano destinate all'ingresso dei protagonisti dei giochi (la pompa), gladiatori ed animali troppo pesanti per essere sollevati dai sotterranei;
l'arena era accessibile per gli inservienti anche da passaggi aperti nella galleria di servizio che le correva intorno sotto il podio del settore inferiore della cavea. Alla galleria si arrivava dall'anello più interno, lo stesso che utilizzavano i senatori per raggiungere i propri posti.
http://www.romeguide.it/xfotogallery/foto_visite_guidate/temp_284/284x5.jpgL'edificio poggia su una piattaforma in travertino sopraelevata rispetto all'area circostante. Le fondazioni sono costituite da una grande platea in tufo di circa 13 m di spessore, foderata all'esterno da un muro in laterizio.
La struttura portante è costituita da pilastri in blocchi di travertino, collegati da perni: dopo l'abbandono dell'edificio si cercarono questi elementi metallici per fonderli e riutilizzarli, scavando i blocchi in corrispondenza dei giunti: a questa attività si devono i numerosi fori ben visibili sulla facciata esterna. I pilastri erano collegati da setti murari in blocchi di tufo nell'ordine inferiore e in laterizio superiormente. La struttura era sorretta da volte e archi, sfruttati al massimo per ottenere sicurezza e praticità. All'esterno è usato il travertino, come nella serie di anelli concentrici di sostegno alla cavea. In queste pareti anulari si aprono vari archi, decorati da paraste che li inquadrano. Le volte a crociera (tra le più antiche del mondo romano) sono in opus caementicium e spesso sono costolonate tramite archi incrociati in laterizio, usato anche nei paramenti. I muri radiali, oltre i due ambulacri esterni, sono rafforzati da blocchi di tufo.
Un complesso sistema di adduzione e smaltimento idrico consentiva la manutenzione dell'edificio e alimentava le fontane poste nella cavea per gli spettatori.

venerdì 14 giugno 2013

Tempio di Zeus, Olimpia, Grecia

Il tempio di Zeus ad Olimpia, nell’Elide, venne costruito in stile dorico tra il 470 e il 456 a.C., si ritiene tradizionalmente su progetto dell'architetto Libone di Elide.
Il santuario di Zeus ad Olimpia era il più famoso santuario del mondo antico, alla confluenza dei fiumi Cadeo e Alfeo, in un’area che, come attestano i reperti archeologici, era stata ininterrottamente popolata tra il 2880 e il 1100 a.C. e che divenne zona cultuale in età tardo-micenea, epoca alla quale sembrano risalire le prime testimonianze del culto di Pelope, mitico fondatore dei Giochi olimpici. Come tutti i santuari anche quello di Olimpia si componeva di vari edifici: il Philippeion, una tholos del IV secolo a.C. fatta erigere da Filippo il Macedone e terminata da Alessandro, uno stadio nel quale a partire dal 776 a.C. si svolgevano ogni quattro anni i più importanti fra i giochi panellenici, accompagnati, come avveniva a Delfi, da gare artistiche e letterarie, e l’importantissimo tempio di Era, la struttura più antica del santuario in cui l'ordine dorico fa la sua prima comparsa in forme mature.
Il tempio di Zeus (64,2 m di lunghezza, 24,6 m di larghezza e alto 20 m) fu eretto secondo Pausania con il ricavato del bottino ottenuto a seguito della vittoria su Pisa, in Elide (circa 470 a.C.).
Il tempio, periptero esastilo, con 13 colonne sui lati lunghi, presenta un crepidoma rialzato di tre metri dal piano con alti gradini (l’ultimo, più alto, di 0,56 m) e con rampa di accesso sulla fronte. L’interno ha due colonne in antis sul pronao e sull’opistodomo e il vano della cella è tripartito da due file di colonne doriche. Le correzioni ottiche sono presenti nelle colonne dei lati lunghi, inclinate di circa 60 mm, ma assenti sulla fronte, eccezion fatta per le colonne d’angolo che partecipano del sistema laterale. Fu costruito con calcare conchiglifero locale e coperto con stucco colorato per nascondere le imperfezioni, come era comune nell'architettura greca. Il manto di copertura del tetto e la decorazione scultorea, giunta in gran parte fino a noi, erano invece in marmo. All’interno una scala immetteva ad una galleria rialzata dalla quale era possibile ammirare la statua crisoelefantina di Zeus, opera di Fidia posta nella cella, tra i due colonnati, in epoca successiva all'erezione dell'edificio.
Di quello che viene ritenuto il maggior complesso scultoreo appartenente allo stile severo ci sono rimaste quasi tutte le statue frontonali (42), le metope dei due vestiboli (12, 6 su ciascun fregio) e alcuni dei gocciolatoi a forma di testa di leone, alcuni originali e altri sostituzioni scolpite in epoca successiva. L'uniformità stilistica della decorazione ha portato all’attribuzione della progettazione e della sovrintendenza dell’opera ad un unico artista anonimo definito Maestro di Olimpia. La composizione delle figure dei frontoni, con statue in movimento, in piedi, accosciate, e reclinate, mostra il superamento della rigidità di più antichi schemi in direzione di un maggiore equilibrio dinamico che si accompagna ad una raggiunta coerenza tematica e compositiva. Nei frontoni come nelle metope, le figure divine, centrali non solo a livello compositivo, non sono avvertite dagli umani che vivono la loro tragica vicenda, non vi partecipano, ma ne segnano, per noi osservatori, l'atmosfera psicologica ed emotiva che si allenta allontanandosi dal centro della scena.
Le 12 metope narrano le fatiche di Eracle come un graduale passaggio dalla giovinezza alla maturità senza alcun accento favolistico, ma in una chiave drammatica volta ad esaltare nell'eroe le virtù etiche: la lotta solitaria di Eracle contro i nemici dell'intera umanità simbolizza la progressiva maturazione lungo il cammino della vita e la presenza silenziosa di Atena presagisce la premiazione della virtù con la vittoria e l'immortalità.
Frontone Est
La scena sul frontone orientale raffigura i preparativi per la gara di corsa su carri tra Pelope e Enomao , le cui statue affiancano quella centrale di Zeus. Il tema è legato alle origini mitiche del santuario e il momento raffigurato è quello del giuramento prima della gara: i due protagonisti, Enomao con la sposa al fianco e Pelope con al fianco Ippodamia, la figlia di Enomao, sono figure isolate, esprimenti il raccoglimento nell'attesa e una silenziosa tensione che sembra comunicarsi alle proprie compagne e agli altri personaggi, servi e spettatori.
Sul frontone occidentale, sottoposto a importanti restauri già in epoca antica, Lapiti e Centauri combattono alle nozze di Piritoo, presiedute dalla figura centrale di Apollo. Ai suoi lati, Piritoo e Teseo guidano due gruppi di lapiti; verso gli estremi del frontone anziane donne sdraiate si nascondono per sottrarsi alla lotta. In opposizione alla raccolta intimità del frontone orientale la Centauromachia, tema comune nella Grecia del V secolo a.C., favorisce l'animazione e il ritmo turbinoso del racconto, ma non si discosta dalla corsa dei carri nell'intento etico e celebrativo. Questa alternanza tra stasi e azione, ritmo e pensiero sembra essere cifra distintiva dell'intero complesso, presente sia nelle metope, sia nei frontoni.

Tempio di Era, Olimpia, Grecia

L'Heràion di Olimpia è un tempio greco eretto intorno al 600 a.C. Si tratta di uno dei più antichi templi dorici, uno dei primi peripteri e sicuramente il più antico con dei resti ancora leggibili e capaci di far comprendere la conformazione generale dell'edificio, anche in alzato.
File:Olympia - Temple of Hera 3.jpgÈ stato uno dei primi edifici costruiti presso il santuario di Zeus ad Olimpia. L'edificio è localizzato nella parte nord del recinto dell'area sacra della città e fu dedicato ad Era, una delle divinità più importanti della religione greca, anche se è probabile che in origine fosse dedicato a Zeus o ad entrambi. Fu probabilmente distrutto da un terremoto nel IV secolo a.C. e ricostruito. L'Heraion aveva anche la funzione di conservare le corone d'alloro che avrebbero coronato i vincitori dell'Olimpiade.
Nel 1877 vi venne trovato l'Hermes con Dioniso, capolavoro di Prassitele, oggi nel locale Museo archeologico.
Pur appartenendo ad un periodo arcaico, il grande edificio presentava tutti gli elementi canonici del tempio greco: il naos , il peristilio intorno alla cella, il pronao e l'opistodomo entrambi in antis (con due colonne tra i muri laterali. La cella era tripartita dal colonnato interno, secondo una soluzione che diventerà comune, ma aveva colonne molto vicine alle pareti e alternativamente riunite ad esse con muri divisori a formare una serie di "cappelle" laterali; inoltre, non c'era corrispondenza tra le colonne interne e quelle esterne del peristilio.
Il tempio con 6 colonne doriche sul fronte (periptero esastilo) e 16 colonne sul fianco si presentava molto lungo, venendo a formare le considerevoli dimensioni di 18,76 m per la facciata e 50,01 m per i lati. Si venne così a creare un insolito rapporto tra lunghezza e larghezza, che venne ridotto al rapporto di "analogia" di 1 a 2, nell'architettura del periodo classico dei secoli successivi. Le colonne sono alte 5,20 metri ed il tempio, posto su un unico gradone, doveva apparire piuttosto basso mettendo in risalto l'enorme mole del vicino tempio di Zeus, realizzato successivamente.
Gli intercolumni insolitamente larghi hanno fatto pensare alla presenza di architravi lignei sui quali fossero fissate metope in bronzo. Probabilmente, infatti, l'edificio era originariamente costruito in mattoni crudi per le murature e legno per colonne e parte della trabeazione confermando la tradizionale ipotesi dell'origine lignea di tutto il linguaggio architettonico degli ordini greci, e del dorico in particolare, avanzata fin da Vitruvio e rappresentando comunque un'importante testimonianza della transizione dal tempio in legno a quello in pietra.Pausania, che visitò il tempio nel 176 a.C., nella sua Periegesi della Grecia attesta la presenza nell'opistodomos, di una colonna di legno di quercia, superstite di quelle originarie che erano progressivamente sostituite da altre lapidee, grazie alle donazioni al santuario, determinando una grande varietà di stili, diametri e materiali, tutt'oggi rilevabile dai reperti: le colonne più antiche (VI secolo a.C.) appaiono tozze e dotate di abaco ed echino molto aggettanti, mentre le più recenti sono più esili, avendo un diametro di base minore rispetto a quelle precedentemente descritte, e possiedono capitelli meno aggettanti. Inoltre alcune sono monolitiche ed altre divise in molti rocchi. Il pavimento era realizzato in una sorta di rudimentale coccio-pesto. Le tegole del rivestimento del tetto, di cui rimangono alcuni frammenti, erano in terracotta come le antefisse e l'acroterio policromo. Le colonne superstiti sono state rialzate durante la riscoperta e gli scavi archeologici tedeschi.
Nei pressi del tempio è stata ritrovata una testa di Era, forse appartenente al colossale simulacro della dea conservato nella cella e posto accanto ad una similare statua di Zeus, e un frammento di acroterio a disco probabilmente facente parte della decorazione frontonale mentre non è stata ritrovata alcuna delle altre sculture ricordate da autori, come il frontone con l'altorilievo di una sfinge.

Tempio di Apollo, Thermos, Grecia

Il tempio situato in un luogo originariamente impervio fu costruito nel VII secolo a.C., ma avrà forma definita nel III secolo a.C., secolo a cui risale anche la cinta muraria con torri di difesa, costruita per proteggere il santuario (sede di una confederazione) e il relativo tesoro. Il prestigio del santuario accrebbe e questo fatto divenne in qualche modo la causa della propria rovina, fu distrutto nel 218 a.C. dal nipote di Alessandro Magno per impossessarsi delle ricchezze del tesoro. Le conoscenze riguardanti il santuario ci arrivano da Polibio (una fonte romana del II secolo d.C. che narra delle guerre del Peloponneso, tra Atene e Sparta, descrivendo i luoghi delle battaglie).
Si trova entro un recinto (Temenos dal greco τέμενος: area sacra di pertinenza al tempio, determinata in vari modi da una linea di divisione entro la quale non si poteva accedere se armati o costruire edifici secolari; verrà ripreso dai romani con il Pomelio, i nomi greci tradotti dal latino ci sono pervenuti tramite Vitruvio).
Il tempio è collocato in un angolo a sud-est, mentre il resto del Temenos è occupato da due Stoâi (Stoâ, ovvero un porticato ligneo aperto che ospitava i pellegrini), si sviluppavano soprattutto in lunghezza ed erano molto estesi per il grande afflusso di fedeli, questo è il primo esempio di Stoâ. Successivamente furono edificati in pietra. Il largo spazio serviva per la deposizione dei doni da parte dei fedeli e, in altri casi, era il punto di convergenza delle processioni.
Fra il 630 e il 620 a.C. presentava due muri della cella molto lunghi, così come la peristasi. In questa fase si individua il Tempio C. (quello descritto da Polibio). L'area fu scavata e venne scoperto un altro tempio, anteriore al Tempio C, che venne chiamato Megaron B, perché la forma della pianta rimanda a quella del megaron a terminazione arrotondata circondato da colonne. Venne successivamente scoperto un secondo strato che presentava un'altra costruzione, detta Megaron A. Non è un tempio ma un megaron ampliato privo di colonne perimetrali, del periodo miceneo.
Solo quando la religione divenne antropomorfa vennero aggiunte le colonne intorno al santuario, nell' VIII secolo a.C. La III fase è riferita al tempio ruotato rispetto al Megaron B con cella molto allungata e peristasi costituita da colonne lignee, con caratteri molto arcaici, come l'eccessiva forma allungata del tempio in disaccordo con la peristasi. L'altro problema è costituito dalla presenza di una fila di colonne centrali, a causa della trave di carico (esigenza strutturale), e il numero dispari di colonne, con ingresso laterale e non assiale; questa è però una situazione non funzionale in quanto la statua della divinità, posta sul fondo, non è immediatamente visibile, nonostante venga leggermente spostata verso destra.
La copertura era in argilla, con lastre di 110 x 90cm, con parti terminali risvoltate. Si definisce come "tetto corinzio", perché gli abitanti di Corinto usarono per primi questo metodo e gli abitanti di Thermos avevano origini corinzie. Vennero usate anche le ceramiche di Corinto nelle metope (poste tra due travi in funzione di riempimento, potevano essere lastre di argilla decorata, o in pietra o, come ad Atene, in marmo).

mercoledì 12 giugno 2013

Tempio di Nettuno e Tempio di Hera, Paestum

Tempio di Nettuno e Tempio di Hera, Paestum 

File:Veduta di Paestum 2010.jpgPaestum Antica città della Campania situata presso il litorale tirrenico, a sud di Salerno: fu uno dei centri principali della Magna Grecia. Le tracce più antiche di insediamento umano nel sito risalgono al Paleolitico; più consistenti sono le testimonianze relative all'età del Bronzo (vedi cultura di Gaudo). Intorno al 600 a.C., coloni greci provenienti da Sibari vi fondarono una città, cui diedero il nome di Posidonia, ed edificarono il grande santuario di Era poco a nord, presso la foce del fiume Sele. Alla fine del V secolo a.C. Paestum fu conquistata dai lucani, sotto i quali visse un periodo di prosperità e raggiunse la massima espansione territoriale; nel 273 a.C. i romani vi stabilirono una propria colonia, cambiando il nome della città con quello attuale. In età imperiale Paestum iniziò una lunga e progressiva decadenza, fino al definitivo abbandono, nell'VIII secolo, a causa dell'impaludamento della zona.
La città, di cui è nota l'intera estensione, è stata solo parzialmente riportata alla luce attraverso gli scavi archeologici. Delimitata da imponenti mura (V-III secolo a.C.), esibisce lungo la direttrice del cardo romano gli edifici principali: a nord si trova il tempio di Atena (un tempo creduto tempio di Cerere) del 500 ca. a.C. Al centro si estende l'area pubblica, di due epoche distinte: sull'agorà della città greca si affacciavano 'Ecclesiasterion(costruzione per le riunioni dell'assemblea) del V secolo a.C. e un importante edificio a forma di sacello (forse luogo di culto o tomba dei fondatori della città). La città romana, invece, aveva qui il suo foro, con il comizio (per le riunioni dell'assemblea), il tempio della Triade Capitolina (Capitolium), la basilica; alle spalle del foro si ergevano l'anfiteatro (I secolo a.C.) e un ginnasio ellenistico con una grande piscina. A sud era situato il grande santuario urbano di Era, con due magnifici templi dedicati alla dea, la cosiddetta "Basilica", del 540 ca. a.C., e quello chiamato "di Nettuno", del 460 a.C. I due templi, insieme a quello di Atena, costituiscono un complesso eccezionale, anche per l’ottimo stato di conservazione degli edifici, che sono fra i più alti esempi dell'ordine dorico in Occidente. A ovest sono stati scavati vari isolati dell'impianto ortogonale, con abitazioni di età ellenistico-romana. L’intera area archeologica della città è stata inclusa dall’UNESCO nell’elenco dei siti di interesse mondiale, da salvaguardare come patrimonio dell’umanità. Nei pressi della città, alla foce del Sele, si possono ammirare i resti del santuario di Era (Heraion), uno dei più importanti santuari greci su suolo italico. L’area sacra comprendeva, oltre a vari edifici secondari, un tempio maggiore e un edificio più piccolo, il cosiddetto Tesoro, decorato da uno straordinario fregio con metope scolpite oggi conservate al Museo).

Tempio di Era o di Nettuno 
Tra i numerosi edifici superstiti della città greca si è scelto di presentarne uno tra i meglio conservati: il così detto tempio di Nettuno, edificio ammirevole per le sue qualità architettoniche e per il suo eccezionale stato di conservazione, che ne fa uno tra i monumenti più rappresentativi della Magna Grecia. L’edificio, di ordine dorico, databile con buona approssimazione intorno alla metà del V secolo a. C., è un grande tempio periptero esastilo, cioè con la cella circondata da un giro di colonne e con un numero di sei colonne sulle fronti principali. Misura circa metri 25x60 e sorge su un alto crepidoma costituito da tre gradoni, che lo innalza sul piano di campagna e ne aumenta l’imponenza. Il colonnato, come già visto, presenta 6 colonne sui lati brevi e 14 su quelli lunghi; la cella (naos) del tempio è costituita da un vano diviso in tre navate da due file di 7 colonne su due ordini (ampio lo spazio centrale, più angusti quelli laterali); due scale collocate ai lati dell’ingresso, di cui rimangono poche tracce, consentivano l’accesso alle parti alte del tempio, probabilmente in funzione delle operazioni di manutenzione.
L’ingresso del naos è preceduto da un pronao in antis; una struttura analoga (opistodomo) è collocata, simmetricamente, sul lato opposto del naos (ovest), accessibile solo dall’ambulacro interno al colonnato.
I muri perimetrali della cella sono andati quasi del tutto perduti, mentre sussistono in buone condizioni i colonnati interni.
Eccezionalmente integra è, invece, la peristasi esterna del tempio; le 36 colonne doriche, alte circa 9 metri, presentano un fusto molto massiccio e una rastremazione molto accentuata: le colonne hanno infatti un diametro di circa 2 metri alla base e un metro e mezzo in alto. L’entasis è meno accentuata rispetto ad altri edifici dorici del periodo.
L’elevato numero delle scanalature che caratterizza i fusti (in numero maggiore rispetto ad altri templi) è un espediente che conferisce maggiore slancio ascensionale alle colonne e attenua, parzialmente, la sensazione di pesantezza che ci si aspetterebbe da strutture di queste dimensioni.
Sulle colonne, concluse in alto dai canonici echino e abaco che caratterizzano l’ordine dorico, poggia un’alta trabeazione, formata da un architrave liscio e dal fregio con triglifi e metope non scolpite; un cornicione di coronamento fortemente aggettante e i due timpani triangolari sui lati brevi concludono l’edificio.
File:Pianta hera paestum.jpg
Restano poche tracce degli elementi di copertura e della policromia originaria dell’edificio, che doveva presentarsi ai contemporanei interamente rivestito da uno strato pittorico a colori vivaci.
Una fitta serie di ulteriori accorgimenti ottici ed elaborati calcoli matematici per le proporzioni fanno di questo tempio pestano un capolavoro dell’architettura e una delle massime espressioni della cultura e della civiltà greche.
Davanti alla facciata principale (est) sorgono i resti di due grandi altari per i sacrifici, uno coevo al tempio, l’altro databile a età tardo-repubblicana (I sec. a. C.).

Tempio di Atena o tempio di Cerere 

Tempio di Cerere o AtenaCostruito circa cinquant'anni prima del Tempio di Nettuno e 50 anni dopo quello di Hera ha delle particolarità che lo distingue dagli altri due templi e lo rendono uno dei più interessanti dell'architettura greca. Il frontone alto rende questo Tempio unico; il fregio dorico composto di larghi blocchi di calcare è anch'esso di tipo unico. La pianta interna, più semplice di quella degli altri due templi era composta dal pronaos e dalla cella nella quale non ci sono tracce della camera del tesoro (adyton).
Il pronaos aveva otto colonne con capitelli ionici, quattro sul fronte e due su ciascun lato. Delle colonne ioniche del pronaos si vedono solamente le basi e due capitelli ( i più antichi in stile ionico rinvenuti in Italia) sono custoditi nel vicino Museo Archeologico.
Il ritovamento di numerose statuette in terracotta (ex voto) raffiguranti Atena nelle stipi votive prova che il Tempio non era dedicato a Cerere ma alla dea della saggezza e delle arti Atena. Infatti il tempio sorge sulla parte più alta della città, luogo dove sono sempre stati eretti i templi in onore di Atena nelle città greche.

L'Acropoli di Selinunte, Sicilia

L'Acropoli è un altopiano calcareo che a Sud è a strapiombo sul mare, mentre a Nord si restringe fino a m 140. L'insediamento, di forma grossomodo trapezoidale, fu ampliato verso N alla fine del VI secolo a.C. con un formidabile muraglione a gradini (h. m 11 ca.), e circondato da mura - più volte restaurate e modificate - formate da cortine in blocchi squadrati con un riempimento di pietrame (emplècton), e scandite da 5 torri e 4 porte. A Nord, l'acropoli presenta delle fortificazioni (vedi sotto) con contromuro e torri, databili all'inizio del IV sec. a.C.
Presso l'ingresso all'acropoli vi è la cd. Torre di Polluce che fu costruita nel XVI secolo contro i corsari, sui resti di una torre o faro antico.
L' impianto urbano è suddiviso in quartieri da due strade principali (la. m 9) che si incrociano ad angolo retto (quella N-S lu. m 425; quella E-W lu. m 338), intersecate a loro volta - ogni m 32 - da altre vie minori (la. m 5). Questa sistemazione urbanistica - che riproduce quella più antica - risale però al IV sec. a.C. cioè alla Selinunte punica.
Ai primi anni della colonia, invece, sono da attribuire diverse are e piccoli santuari innalzati sull'acropoli, sostituiti circa cinquant'anni più tardi da templi più grandi e duraturi; il primo di essi sembra sia stato il cd. mègaron nei pressi dei Templi B e C.
Ancora incerta resta la localizzazione dell' agorà (che invece altri studiosi ipotizzano che si trovasse a N nell'area del centro abitato).
Davanti al Tempio O si è rinvenuta un' area sacrificale punica - posteriore alla conquista del 409 a.C. - caratterizzata da ambienti costruiti con muretti a secco, all'interno dei quali erano depositati vasi contenenti ceneri, ed anfore a siluro di tipo cartaginese.
Sulla collina dell'acropoli sono stati rinvenuti i resti di numerosi templi di ordine dorico.

Il Tempio O ed il Tempio A  
Di cui restano pochi avanzi: il basamento, qualche rocchio e l'ara - furono costruiti tra il 490 ed il 460 a.C., hanno una struttura pressoché identica tra loro, simile a quella del Tempio E sulla collina orientale. Presentano un peristilio (lu. m 40,20; la. m 16,20) di 6 x 14 colonne (h. m 6,23). L'interno è caratterizzato da un pronao in antis, da una cella con adyton, e da un opistodomo in antis separato dalla cella; la cella era di un gradino più alta del pronao, e l'adyton era di un gradino più alto della cella. Nel muro tra pronao e cella del Tempio A vi erano due scale a chiocciola che portavano alla galleria (o piano) superiore. Il pronao del Tempio A ha un pavimento a mosaico dove sono rappresentati la figura simbolica della dea fenicia Tanit, un caduceo, il sole, una corona ed una testa bovina: esso testimonia il riutilizzo dell'ambiente in epoca punica come luogo religioso o come abitazione. Il Tempio O era dedicato a Poseidon, piuttosto che non ad Atena (Moscati); il Tempio A ai Dioscuri, piuttosto che non ad Apollo (Moscati).
A m 34 ad E del Tempio A vi sono i resti dell' ingresso monumentale all'area: si tratta di un propileo con pianta a forma di T, consistente in un corpo avanzato rettangolare (di m 13 x 5,60) con peristilio di 5 x 12 colonne, ed in un altro corpo pure rettangolare (di m 6,78 x 7,25).
Superata la strada E-W si entra nella seconda area sacra, posta a N della precedente. Prima di giungere al Tempio C, a S di esso, vi è un Sacello (Mègaron) (lu. m 17,65; la. m 5,50), che risale al 580-570 a.C., avente la struttura arcaica del mègaron, forse destinato a conservare le offerte dei fedeli. Privo di pronao, ha l'entrata ad E che dà direttamente nella cella (al centro della quale vi sono due basi per le colonne lignee che sostenevano il tetto), racchiusa in fondo da un adyton quadrato, al quale venne aggiunto in epoca successiva un terzo ambiente. Il sacello era forse dedicato a Demetra Tesmofòros (Coarelli-Torelli).

Tempio B
Di epoca ellenistica, piccolo (lu. m 8,40; la. m 4,60) ed in cattive condizioni. Consisteva in una edicola prostila di 4 colonne cui si accedeva per una scala di 9 gradini, con pronao e cella. Nel 1824 mostrava ancora chiare tracce degli intonaci policromi. Costruito probabilmente intorno al 250 a.C., poco tempo prima che Selinunte venisse definitivamente evacuata, rappresenta il solo edificio religioso che attesta la modesta rinascita della città dopo la sua distruzione. Oscura resta la sua destinazione: in passato si era creduto trattarsi dell' heroon (tempio sede di un culto eroico) di Empedocle, bonificatore delle paludi selinuntine[8], ipotesi non più sostenibile per la cronologia dell'edificio; oggi si pensa più ad un culto punico fortemente ellenizzato, come quelli di Demetra o di Asclepio-Eshmun.

Pianta del Tempio C 
File:Selinunte-TempleC-Plan-bjs.pngIl Tempio C è il più antico in quest'area, e risale al 550 a.C. Nel 1925-27 sono state ricomposte e rialzate sul lato N numerose colonne (per la precisione 14 colonne su 17) con parte della trabeazione. Presenta un peristilio (lu. m 63,70; la. m 24) di 6 x 17 colonne (h. m 8,62). È caratterizzato ad E dall'ingresso preceduto da una scalinata di 8 gradini, un vestibolo con una seconda fila di colonne, quindi il pronao, la cella e l'adyton collegati in un insieme stretto e lungo (carattere arcaico); ha sostanzialmente la stessa planimetria del Tempio F sulla collina orientale. Mostra in diversi elementi una certa inesperienza e lo sforzo di giungere alla perfezione tecnica del tempio dorico: p.es. le colonne sono tozze e massicce, alcune di esse sono ancora monolitiche, manca l' èntasis (rigonfiamento della colonna), vi sono variazioni nel numero delle scanalature, oscillazioni nelle misure degli intercolumni, le colonne angolari hanno un diametro maggiore delle altre, ecc. Nel tempio sono stati rinvenuti: dalla decorazione della cornice alcuni frammenti di terrecotte policrome (rosso, bruno, porpora); dalla decorazione del frontone un gigantesco gorgoneion fittile (h. m 2,50); dalla facciata tre metope che rappresentano: Perseo, alla presenza di Atena, in atto di decapitare Gorgone che stringe a sé Pegaso; Eracle, catturati i Cèrcopi (folletti-ladri), li porta via sospesi ad una pertica a testa in giù; la quadriga di Apollo vista frontalmente (il dio era affiancato dalle figure di Helios e Selene: lacunose), che sono tutte al Museo Archeologico di Palermo. Il Tempio C - che probabilmente aveva anche una funzione di archivio: infatti vi furono ritrovati centinaia di sigilli - era dedicato ad Apollo (rinvenimento dell'iscrizione IG XIV, 269), piuttosto che non ad Eracle (Guido).
Ad E del Tempio C vi è il suo grande altare rettangolare (lu. m 20,40; la. m 8) di cui restano le fondazioni e qualche gradino, e poi l'area dell' Agorà ellenistica; poco oltre i resti delle case, la terrazza è limitata da un portico dorico (lu. m 57; la. m 2,80) che si affaccia su di un imponente tratto del muro di sostegno dell'acropoli.

Tempio D
Si data al 540 a.C., e si affaccia col suo fronte W direttamente sulla strada N-S. Presenta un peristilio (lu. m 56; la. m 24) di 6 x 13 colonne (h. m 7,51). È caratterizzato da un pronao in antis, una cella allungata conclusa con l'adyton. È più progredito del Tempio C (le colonne sono lievemente inclinate, più slanciate e con èntasis; il vestibolo è sostituito da un pronao distilo in antis), ma mostra ancora incertezza nelle misure fra gli intercolumni e nei diametri delle colonne, come pure nel numero delle scanalature. Come già il Tempio C, mostra nel pavimento del peristilio e della cella molte cavità circolari o quadrate di cui si ignora la funzione. Il Tempio D era dedicato ad Atena (come attesterebbe l'iscrizione dedicatoria IG XIV, 269), piuttosto che non ad Afrodite (TCI). Il grande altare esterno, non in asse col tempio ma posto obliquamente presso il suo angolo SW, fa supporre che l'attuale Tempio D occupi il luogo di uno precedente.

Tempio Y 
Detto anche "Tempio delle piccole metope", è preceduto da un altare quadrato. Le metope rinvenutevi (h. cm. 84), databili al 570 a.C., rappresentano: una sfinge di profilo accosciata, la triade delfica (Latona, Artemide, Apollo) in un rigido schema frontale, il ratto di Europa al di sopra del mare; altre due metope databili a ca. il 560 a.C., reimpiegate nelle fortificazioni ermocratee, mostrano la quadriga di Demetra e Kore , ed una cerimonia eleusina con Demetra, Kore ed Ecate con la spiga di grano , sono tutte conservate al Museo Archeologico di Palermo.
Intorno ai Templi C e D vi sono le rovine di un villaggio bizantino di V sec. d.C., costruito con materiale di recupero. Il fatto che alcune case risultavano sepolte dal crollo delle colonne del Tempio C, ha dimostrato che il terremoto che ha portato al crollo dei templi selinuntini deve essere avvenuto in epoca altomedievale.
Verso N l'acropoli presenta due quartieri della città (uno ad W ed l'altro ad E della grande strada N-S), ricostruiti da Ermocrate dopo il 409 a.C.: le case sono modeste, edificate con materiali di recupero; alcune di esse mostrano delle croci incise, segno che furono adoperate come edifici cristiani o da parte di cristiani.

Sulla collina orientale vi sono tre templi che, benché disposti lungo lo stesso asse N-S, tuttavia non sembra avessero un unico recinto sacro (tèmenos), come dimostrerebbe il muro di separazione esistente fra il Tempio E ed il Tempio F. Questo complesso sacro ha fortissime analogie con le pendici occidentali dell'acropoli Caria di Megara Nisea, madrepatria di Selinunte, elemento prezioso, forse indispensabile, per un discorso corretto sull'attribuzione dei culti praticati nei vari templi.

Tempio E 
File:Selinunte Panoramic View 1.jpgIl Tempio E, il più recente dei tre, risale al 460-450 sec. a.C. ed ha una pianta molto simile a quella dei Templi A ed O dell'Acropoli. Il suo attuale aspetto lo si deve all'anastilosi (ricomposizione e riinnalzamento delle sue colonne) effettuata - tra polemiche - tra il 1956 ed il 1959. Presenta un peristilio (lu. m 67,82; la. m 25,33) di 6 x 15 colonne (h. m 10,19) con numerose tracce superstiti dell'originario stucco che le ricopriva. È un tempio caratterizzato da diverse scalinate che determinano un sistema di rialzamenti successivi: una prima di 10 gradini conduceva all'ingresso sul lato E; dopo il pronao in antis un'altra di 6 gradini conduceva nella cella; e per finire un'ultima di 6 gradini dava accesso - in fondo alla cella - all'adyton; dietro l'adyton, separato da esso, vi era l'opistodomo in antis. Un fregio dorico alla sommità delle pareti della cella era costituito da metope figurate, i cui personaggi avevano il corpo in arenaria locale mentre la testa e le parti nude dei corpi femminili erano in marmo pario; si sono conservate quattro metope intere raffiguranti (in stile severo): Eracle che uccide l'amazzone Antiope; le nozze di Zeus con Hera; Atteone che viene dilaniato dai cani di Artemide; Atena che uccide il gigante Encèlado; inoltre una quinta lacunosa: Apollo e Dafne ; tutte conservate al Museo Archeologico di Palermo. Recenti sondaggi effettuati intorno e al di sotto del Tempio E hanno rivelato che esso è stato preceduto da altri due edifici sacri, di cui uno fu distrutto da un incendio nel 510 a.C. Il Tempio E era dedicato ad Hera, come attesterebbe l'iscrizione di una stele votiva (IG XIV, 271); invece alcuni studiosi (Coarelli-Torelli), in base a confronti, deducono che debba trattarsi piuttosto di un tempio di Afrodite.

Tempio F 
File:Selinunte-TempleF-Plan-bjs.pngIl più antico ma anche il più piccolo dei tre, fu costruito fra il 550 ed il 540 a.C. su modello del Tempio C. È fra i templi quello che maggiormente ha subìto spoliazioni. Presenta un peristilio (lu. m 61,83; la. m 24,43) di 6 x 14 colonne (h. m 9,11) caratterizzato da chiusure in muratura (h. m 4,70) tra gli intercolumni, con finte porte dipinte composte da lesene ed architravi, mentre l'ingresso vero e proprio era ad E. Non si conosce il motivo di questo apprestamento, veramente insolito per un tempio greco: si è pensato che fosse suggerito dalla necessità di proteggere i doni votivi; oppure di impedire ai profani la visione di riti particolari (misteri dionisiaci?) che venivano svolti al suo interno. L'interno è caratterizzato da un vestibolo delimitato da un secondo ordine di colonne, dal pronao, cella ed adyton collegati in un insieme stretto e lungo (carattere arcaico). Dalla facciata E abbiamo due metope tardo arcaiche (datate al 500 a.C.) rinvenute durante gli scavi nel 1823, che rappresentano Atena e Dioniso in atto di colpire a morte due Giganti, oggi conservate nel Museo Archeologico Regionale di Palermo. Il Tempio F era dedicato forse ad Atena (Maiuri, Moscati), forse a Diòniso (Coarelli-Torelli).

File:Selinunte-TempleG-Plan-bjs.pngTempio G 
File:Selinunte-pjt1.jpgIl Tempio G è il più grande di Selinunte (lu. m 113,34; la. m 54,05; h. m 30 ca.) ed uno dei maggiori del mondo greco[9]. La sua costruzione, pur protraendosi dal 530 al 409 a.C. (si notano variazioni di stile durante il lungo periodo costruttivo: dall'arcaico sul lato E al classico sul lato W), rimase tuttavia incompiuta, come risulta dall'assenza di scanalature in alcune colonne, e dall'esistenza di rocchi di colonne delle stesse dimensioni a km 10 di distanza, in fase di estrazione,  nelle Cave di Cusa (vedi sotto). Tra il cumulo terrificante delle sue rovine, si riconosce un peristilio di 8 x 17 colonne (h. m 16,27; diam. m 3,41) di cui sta in piedi una sola - ricomposta nel 1832 - (chiamata "lu fusu di la vecchia"). L'interno comprendeva: un pronao prostilo a 4 colonne con due profonde ante terminanti a pilastro, e tre porte di accesso alla ampia cella; una cella molto larga divisa in tre navate, di cui quella mediana probabilmente "ipetrale" (cioè a cielo aperto) caratterizzata da due file di 10 colonne più sottili che sostenevano una seconda fila di colonne ("galleria"), e da due scale laterali che portavano ai sottotetti; in fondo alla navata centrale, vi è l'adyton separato dalle pareti della cella (soluzione tipica ed originale), all'interno del quale fu ritrovato il torso di un gigante ferito o morente e l'importantissima iscrizione chiamata "Grande Tavola Selinuntina" (vedi più sotto); ed infine un opistodomo in antis non comunicante con la cella. Fra le rovine, di particolare interesse risultano: alcune colonne rifinite che mostrano tracce dello stucco colorato; i blocchi delle trabeazioni che presentano scanalature laterali a ferro di cavallo entro le quali venivano passate le funi per il loro sollevamento. Il Tempio G - che probabilmente aveva anche la funzione di tesoro della città - dall'iscrizione rinvenutavi sembra che fosse dedicato ad Apollo; oggi, in base a studi recenti, si propende ad attribuirlo a Zeus.
Ai piedi della collina, alla foce del fiume Cottone vi è il porto E; esteso per m 600 circa verso l'interno e guarnito probabilmente da un molo o da una diga che si protendeva dall'acropoli, subì nel IV-III sec. a.C. delle trasformazioni: infatti fu allargato e fiancheggiato da banchine (orientate N-S) e da depositi. Dei due porti di Selinunte - attualmente insabbiati - il porto W, posto alla foce del fiume Selino-Modione, era quello principale.
I quartieri extra moenia, collegati alle attività emporiche, commerciali e portuali, erano sistemati invece su grossi terrazzamenti lungo le pendici della collina.
A N dell'attuale villaggio Marinella, infine, si trova una necropoli in località Buffa.