Dubai, ecco l'isola a forma di palma

Le Palm Islands sono tre isole artificiali, Palma Jumeirah, Palma Jebel Ali e Palma Deira, antistanti Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

Il Pantheon della Roma antica

All'inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana, chiamata Santa Maria della Rotonda.

Casa Batllò, Barcellona

Considerata una delle opere più originali del celebre architetto catalano Antoni Gaudí , l'edificio è stato dichiarato, nel 2005, patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Giza e le sue Piramidi

Giza deve la sua importanza al fatto di ospitare, su un pianoro roccioso che si trova alla periferia della città, una delle più importanti necropoli dell'antico Egitto.

I trulli pugliesi

I Trulli di Alberobello sono stati dichiarati Patrimonio mondiale dell'umanità dall'UNESCO.

Villa Adriana, Tivoli

Costruita a partire dal 117 d.C. dall’imperatore Adriano, è la più importante e complessa Villa a noi rimasta dell’antichità romana.

Mediateque di Toyo Ito, Sendai

Toyo Ito: quando la comunicazione è come la luce.

domenica 3 agosto 2014

Anfiteatro romano, Lecce

L' anfiteatro romano di Lecce è un monumento di epoca romana situato nel centro storico della città. Di incerta datazione, il teatro è assegnato al periodo augusteo.
 Il teatro romano di Lecce fu casualmente scoperto nel 1929, durante alcuni lavori eseguiti nei giardini di due palazzi storici della città (palazzo D'Arpe e palazzo Romano).L'anfiteatro misurava all'esterno 102 x 83 m, con l'arena di 53 x 34 m, e poteva contenere circa 25.000 spettatori.
Del monumento, realizzato in parte direttamente nella roccia e in parte costruito su arcate in opera quadrata, rimangono allo scoperto, oltre ad una parte dell'arena ellittica, intorno alla quale si sviluppano le gradinate dell'ordine inferiore, due corridoi anulari, uno che corre sotto le gradinate, l'altro, esterno, porticato, cui appartengono i numerosi e robusti pilastri, sui quali era imposto l'ordine superiore scandito, al pari di altri similari monumenti, dal Colosseo all'Arena di Verona, in una galleria di fornici.
L'arena, nella quale si tengono spettacoli teatrali e rappresentazioni sceniche di autori antichi e moderni, era divisa dalla cavea da un alto muro che era ornato da un parapetto (podium) adorno di rilievi marmorei a bauletto figuranti scene di combattimento tra uomini ed animali. Anche nel muro di divisione tra l'arena e la cavea si aprivano diversi passaggi di comunicazione col corridoio centrale ed un più angusto corridoio, scavato immediatamente dietro l'arena, era adibito ai servizi del monumento.Alla zona dell'orchestra, che era il luogo riservato all'evoluzione del coro, si accedeva mediante una stretta galleria coperta.
http://www.giannicarluccio.it/wordpress/wp-content/uploads/2012/08/LECCE-ANFITEATRO-ROMANO-copyright-foto-ING.-GIANNI-CARLUCCIO-10.jpgDavanti all'orchestra, pavimentata a lastre rettangolari di calcare bianco, si notano tre larghi gradini che girano a semicerchio sui quali venivano, all'occorrenza, collocati seggi mobili riservati ai notabili. Dietro i gradini è presente un muretto (balteus) e, dietro l'orchestra, oltre al canale destinato a raccogliere il sipario, è presente la scena (altezza dal piano dell'orchestra 0,70; profondità 7,70 m; larghezza 30 m).
D'incerta datazione, il monumento è assegnato al periodo augusteo, al quale apparterrebbero alcuni frammenti della decorazione fittile del balteus, mentre all'età degli Antonini si vuole risalgano le statue marmoree che adornavano il teatro. Attualmente tutti i reperti facenti parte del teatro romano di Lecce sono custoditi nell'adiacente museo omonimo.
Si suppone infine che il teatro fosse capace di ospitare un pubblico di oltre 5.000 spettatori, per il quale venivano rappresentate tragedie e commedie.
 http://www.salentoresidence.com/wp-content/uploads/2011/10/DSC_8350.jpg

sabato 2 agosto 2014

Basilica di Santa Croce, Lecce

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/ba/Puglia_Lecce3_tango7174.jpgLa basilica di Santa Croce è una chiesa del centro storico di Lecce, in via Umberto I. Insieme all'attiguo ex convento dei Celestini costituisce la più elevata manifestazione del barocco leccese. Ha il rango di basilica minore.
 Nell'area dell'attuale basilica, Gualtieri VI di Brienne aveva già fondato un monastero nel XIV secolo, ma fu solo dopo la metà del XVI secolo che si decise di trasformare l'area in una zona monumentale. Per reperire il terreno si requisirono case e proprietà degli ebrei, cacciati dalla città nel 1510. I lavori per la costruzione della basilica si prolungarono per due secoli, fra il XVI e il XVII secolo, e videro coinvolti i più importanti architetti cittadini dell'epoca.
La prima fase della costruzione, cominciata nel 1549, terminò entro il 1582 e vide la costruzione della zona inferiore della facciata, fino all'enorme balconata sostenuta da telamoni raffiguranti uomini e animali. La cupola venne completata nel 1590. Secondo lo storico dell'arte Vincenzo Cazzato questa prima fase vide l'emergere della personalità di Gabriele Riccardi. Una successiva fase dei lavori, a partire dal 1606, durante la quale vennero aggiunti alla facciata i tre portali decorati, è marcata dall'impegno di Francesco Antonio Zimbalo. Al completamento dell'opera lavorarono successivamente Cesare Penna e Giuseppe Zimbalo. Al primo è dovuta la costruzione della parte superiore della facciata e dello stupendo rosone (vicino al quale è scolpita la data 1646), al secondo va probabilmente attribuito il fastigio alla sommità della struttura.

http://www.salentoviaggi.org/salento/lecce.jpgEsterno
La facciata è composta da sei colonne a fusto liscio che sostengono la trabeazione e suddividono la struttura in cinque aree. Il portale maggiore, costruito nel 1606, presenta coppie di colonne corinzie ed espone le insegne di Filippo III di Spagna, di Maria d'Enghien e di Gualtieri VI di Brienne. Sulle porte laterali sono esposti gli stemmi della Puglia e della Congregazione dei Celestini. La trabeazione è sormontata da una successione di telamoni raffiguranti figure grottesche o animali fantastici e allegorici che sorreggono la balaustra, ornata di tredici putti abbracciati ai simboli del potere temporale (la corona) e spirituale (la tiara).
http://www.alfiogarozzo.it/categoria-viaggi/puglia/lecce-particolare-della-facciata-della-basilica-di-s-croce-1632.jpgIl secondo ordine della facciata è dominato dal grande rosone centrale di ispirazione romanica. Profilato da foglie di alloro e bacche presenta tre ordini a bassorilievo. Il rosone è ben evidenziato da due colonne corinzie, che separano la zona centrale da quelle laterali in cui sono delle nicchie con le statue di san Benedetto e Papa Celestino V. Guardando il rosone, alla sua sinistra (esattamente alle ore nove), si nota l'autoritratto di Antonio Zimbalo. Agli estremi, a chiudere il profilo del secondo ordine, si ergono due grandi statue femminili, simboleggianti la Fede e la Fortezza. Il timpano, col trionfo della croce al centro, chiude superiormente la facciata.
Secondo Maurizio Calvesi e Mario Manieri Elia il complesso programma decorativo della facciata andrebbe connesso a una celebrazione della vittoria nella battaglia di Lepanto (1571) nella quale le potenze occidentali avevano avuto la meglio sull'Impero ottomano, con grandi benefici commerciali per la Terra d'Otranto. I telamoni vestiti da turchi alluderebbero ai prigionieri catturati dalla flotta veneziana durante la battaglia: la suddivisione delle spoglie catturate al nemico durante la battaglia di Lepanto avvenne infatti in Terra d'Otranto, in prossimità del santuario di Santa Maria di Leuca. Gli animali raffigurati sotto la balaustrata potrebbero invece alludere alle potenze cristiane alleate: il dragone era l'emblema dei Buoncompagni, famiglia alla quale apparteneva papa Gregorio XIII, il grifo simboleggerebbe Genova, l'Ercole il granduca di Toscana, etc.

Interno
La Basilica è a croce latina con cinque navate, di queste nel '700 le più esterne sono state assorbite dalle 7 cappelle in entrambi i lati.
Riccardi non essendo condizionato da ristrettezze topografiche ed economiche concepì un'aula più estesa in lunghezza che dilatata in larghezza, realizzando lo spazio tripartito delle navate come nelle basiliche romaniche, raccolto nei fondali di un lungo e profondo presbiterio, concluso ad abside polilobata e di 2 cappelle laterali.
Le volte delle navate sono sorrette da due ordini di colonne, in tutto 18, le prime due sono addossate alla parete esterna, le ultime quattro binate (2+2) delimitano il transetto e l'arco trionfale. 
http://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/02/2a/c3/b9/basilica-di-santa-croce.jpgLa struttura rispetta le regole stabilite dal Concilio di Trento: le colonne portanti della Basilica in numero di 12 erano chiaro riferimento agli apostoli; per quanto riguarda S. Croce rispecchiano le indicazioni conciliari se escludiamo le prime due che sostengono la parete esterna e le quattro binate che sostengono e delimitano i bracci minori della croce basilicale; le rimanenti dodici colonne hanno nella parte interna dei capitelli, scolpito il volto degli apostoli. 
Tutte hanno il fusto di m. 5,81, un diametro di 0,736 m, sono in calcare brecciforme delle cave che si trovano tra Lecce e Campi Salentina. A destra dell'ingresso si incontra l'unica colonna monolitica, costituita da un unico blocco di pietra. Tutti i capitelli sono corinzieggianti, al posto della tipica foglia di acanto hanno fiori, frutta, angeli, uccelli.
I capitelli delle colonne binate rappresentano i quattro Evangelisti attraverso la simbologia cristiana: il bue per San Luca, il leone per San Marco, l'evangelario per San Matteo, l'aquila per San Giovanni Evangelista.
Il transetto è delimitato da altre due colonne minori in corrispondenza delle navate esterne.
Alla parete destra, addossate altre sei colonne con capitelli ricolmi di frutta melograne, mele cotogne, uva inquadrano l'altare delle reliquie.
Alla parete sinistra cinque colonne delimitano la porta di accesso al chiostro, un tempo era luogo della statua che rappresentava Maria d'Enghien, trasportata dalla chiesa precedente, andato poi perso.

Struttura
La sistemazione della basilica nel XIX secolo fu molto contrastata dai critici. L'elaborata decorazione della facciata veniva vista come qualcosa di ridicolo e di pessimo gusto.
Nel XX secolo comincia un costante movimento di rivalutazione e vengono pubblicati numerosi studi sui complessi simbolismi della facciata. Attualmente la basilica è considerata uno dei capolavori architettonici della città.
I monaci celestini amministrarono convento e basilica fino alla soppressione dell'ordine nel 1807. Successivamente la chiesa rimase abbandonata e il palazzo annesso divenne sede di uffici pubblici. Anche attualmente il palazzo dei Celestini ospita gli uffici della prefettura e della provincia. La chiesa, dal 1833, è affidata all'Arciconfraternita della Santissima Trinità. https://c1.staticflickr.com/9/8264/8624175173_5bfb4574a3_z.jpg

Castello aragonese, Taranto

Il castello aragonese di Taranto (o castel Sant'Angelo), occupa con la sua pianta quadrangolare e il vasto cortile centrale, l'estremo angolo dell'isola su cui sorge il borgo antico della città.
Il primo nucleo del castello risale al 916, quando i Bizantini avviarono la costruzione della "Rocca" a protezione dagli attacchi dei Saraceni e della Repubblica di Venezia. Questa prima fortificazione era costituita da torri alte e strette, dalle quali si combatteva con lance, frecce, pietre, ed olio bollente. Nel 1481 fu realizzato un primo canale navigabile, più stretto dell'attuale e con sponde irregolari, per consentire il passaggio di piccole imbarcazioni e migliorare la difendibilità del castello. Nel 1486, Ferdinando II d'Aragona incaricò l'architetto e ingegnere militare Francesco di Giorgio Martini di ampliare il castello e di conferirgli l'attuale struttura, onde rimpiazzare la tipologia medievale delle torri concepita per la difesa piombante. L'utilizzo infatti dei cannoni in seguito alla scoperta della polvere da sparo, necessitava di torri larghe e basse, di forma circolare per attutire l'urto delle palle di cannone, fornite di rampe o scivoli che permettessero lo spostamento dei pezzi da una torre all'altra, nonché dotate di un ampio e robusto parapetto con specifiche aperture per le bocche da fuoco. La nuova fortificazione doveva comprendere sette torri, di cui quattro unite tra loro a formare un quadrilatero, e le rimanenti tre allineate lungo il fossato fino al Mar Piccolo. Le quattro torri furono intitolate rispettivamente a san Cristofalo, a san Lorenzo, alla Bandiera ed alla Vergine Annunziata.
http://www.yousapiens.it/tempolibero/Turismo-Puglia-e-Basilicata/admin/public/2482_taranto%20-%20castello_turismo%20puglia%20e%20basilicata.jpgIl primo castellano, poiché i fondi per ultimare la parte aragonese del castello (il quadrilatero) non erano sufficienti, impose in un primo momento il dazio sulla pesca, successivamente ingrandì il castello unendolo alla torre Sant'Angelo che fu costruita a spese del Comune. Le torri tonde e massicce del castello risultarono alla fine alte e larghe 20 metri, unite tra loro da cortine lunghe 40 metri e con 4 ordini di fuoco. Il castello era dotato di due uscite corrispondenti a due ponti levatoi. Sul fossato passava il ponte del Soccorso, che univa il castello alla zona che allora era campagna e che oggi viene denominata Borgo. Sul lato opposto invece, il ponte dell'Avanzata univa il castello con il borgo antico, sorpassando il fossato scavato per isolare la struttura dalla città.
Nel 1491 fu aggiunto sul lato rivolto al mar Grande il rivellino di forma triangolare tra la torre della Bandiera e la torre San Cristofalo. Il castello fu ultimato nel 1492, come risulta dall'incisione di una lapide murata sulla "Porta Paterna" insieme allo stemma degli Aragonesi inquartato con l'arma dei d'Angiò tripartita:
"Ferdinandus Rex Divi Alfonsi Filius Divi Ferdinandi Nepos Aragonius Arcem Ha(n)c Vetustate Collabente(m) Ad Im(pe)tus Tormentorum Substinene(n)dos Quae (Ni)mio Ferutur Spiritu In Ampliorem Firmioremq(ue) Formam Restituit Millesimo CCCCLXXXXII".
"Re Ferdinando aragonese, figlio del divino Alfonso e nipote del divino Ferdinando, rifece in forma più ampia e più solida questo castello cadente per vecchiaia, perché potesse sostenere l'impeto dei proiettili che è sopportato col massimo vigore - 1492.". http://static.wixstatic.com/media/2e01e9_15be383ba2e741158e072be8ca0ca7bd.jpg
Con gli Spagnoli, le difese furono rafforzate allargando il fossato e costruendo una nuova fortificazione con tre torri. Con l'arrivo degli Asburgo nel 1707, il castello perse la sua importanza come opera militare divenendo una dura prigione, ma con Napoleone Bonaparte ritornò alla sua funzione originaria. Nel 1883, una delle cinque torri che univano la cortina muraria, quella dedicata a Sant'Angelo, insieme alle torri Mater Dei, Monacella e Vasto del muro civico, furono demolite per fare posto all'attuale canale navigabile e al ponte girevole. I lavori furono ultimati nel 1887, anno in cui il castello diventa una sede della Marina Militare.
Cappella
http://www.italiavirtualtour.it/virtual_tours/puglia/taranto/vt/castello_aragonese_sec_XV/images/pano_altare_della_cappella.jpgAll'interno del castello, si può ammirare la cappella di San Leonardo, riconsacrata nel 1933 dopo essere stata adibita nel corso degli anni a corpo di guardia e stalla. Al suo interno si trovano due lastre in carparo addossate alle pareti, che rappresentano rispettivamente un santo vescovo ed un guerriero medievale armato. Si può notare inoltre lo stemma di Filippo II di Spagna. 
 Particolare è anche quella che fungeva da sala delle torture, la cui volta presenta un foro centrale attraverso il quale venivano amplificate e propagate le urla dei malcapitati, intimorendo psicologicamente gli altri prigionieri.
 http://archeotaranto.altervista.org/archeota/taras78/Pianta_Castello1.jpg

venerdì 1 agosto 2014

Castel Sant'Angelo, Roma

Castel Sant'Angelo (o Mole Adrianorum o "Castellum Crescentii" nel X-XII sec.), detto anche Mausoleo di Adriano, è un monumento di Roma, collegato allo Stato del Vaticano attraverso il corridoio fortificato del "passetto". Il castello è stato radicalmente modificato più volte in epoca medioevale e rinascimentale situato sulla sponda destra del Tevere, di fronte al pons Aelius (attuale ponte Sant'Angelo) a poca distanza dal Vaticano, nel rione di Borgo.

http://www.tropicalisland.de/italy/rome/castel_sant_angelo/images/FCO%20Rome%20-%20Castel%20Sant%20Angelo%20entrance%20gate%203008x2000.jpg
 Iniziato dall'imperatore Adriano nel 125 quale suo mausoleo funebre, ispirandosi all'ormai completo mausoleo di Augusto, fu ultimato da Antonino Pio nel 139. Venne costruito di fronte al Campo Marzio al quale fu unito da un ponte appositamente costruito, il Ponte Elio. Il mausoleo era composto da una base cubica, rivestita in marmo lunense, avente un fregio decorativo a teste di buoi (Bucrani) e lesene angolari. Nel fregio prospiciente il fiume si leggevano i nomi degli imperatori sepolti all'interno. Sempre su questo lato si presentava l'arco d'ingresso intitolato ad Adriano, il dromos (passaggio d'accesso) era interamente rivestito di marmo giallo antico.
http://www.risparmioinviaggio.it/wp-content/uploads/2014/01/22405_rome_castel_sant_angelo.jpgAl di sopra del cubo di base era posato un tamburo realizzato in peperino e in opera cementizia (opus caementicium) tutto rivestito di travertino e lesene scanalate. Al di sopra di esso vi era un tumulo di terra alberato circondato da statue marmoree (ce ne restano frammenti). Il tumulo era, infine, sormontato da una quadriga in bronzo guidata dall'imperatore Adriano raffigurato come il sole posto su un alto basamento o, secondo altri, su una tholos circolare. Attorno al mausoleo correva un muro di cinta con cancellata in bronzo decorata da pavoni, due di essi sono conservati al Vaticano. All'interno pozzi di luce illuminavano la rampa elicoidale in laterizio rivestita in marmo che collegava il dromos alla cella posta al centro del tumulo. Quest'ultima, quadrata ed interamente rivestita di marmi policromi, era sormontata da altre due sale, forse anche esse utilizzate come celle sepolcrali. Il Mausoleo ospitò i resti dell'imperatore Adriano e di sua moglie Vibia Sabina, dell'imperatore Antonino Pio, di sua moglie Faustina maggiore e di tre dei loro figli, di Lucio Elio Cesare, di Commodo, dell'imperatore Marco Aurelio e di altri tre dei suoi figli, dell'imperatore Settimio Severo, di sua moglie Giulia Domna e dei loro figli e imperatori Geta e Caracalla.
http://www.castelsantangelo.com/img2/percorso1.jpgIl mausoleo ha preso il suo nome attuale nel 590. In quell'anno Roma era afflitta da una grave pestilenza, per allontanare la quale venne organizzata una solenne processione penitenziale cui partecipò lo stesso papa Gregorio I. Quando la processione giunse in prossimità della Mole Adriana, il papa ebbe la visione dell'arcangelo Michele che rinfoderava la sua spada. La visione venne interpretata come un segno celeste preannunciante l'imminente fine dell'epidemia, cosa che effettivamente avvenne. Da allora i romani cominciarono a chiamare Castel S. Angelo la Mole Adriana e a ricordo del prodigio nel XIII secolo posero sullo spalto più alto del Castello un angelo in atto di rinfoderare la spada. Ancora oggi nel Museo Capitolino è conservata una pietra circolare con impronte dei piedi che secondo la tradizione sarebbero quelle lasciate dall'Arcangelo quando si fermò per annunciare la fine della peste.
http://www.sapere.it/mediaObject/photogallery/Speciali/itinerari-antica-roma/castel-sant-aneglo/resolutions/res-l655x10000/castel-sant-aneglo.jpgNel 403 l'imperatore d'Occidente Onorio incluse l'edificio nelle Mura aureliane: da quel momento l'edificio perse la sua funzione originaria di sepolcro diventando un fortilizio, baluardo avanzato oltre il Tevere a difesa di Roma.
Fu allora che il mausoleo venne indicato per la prima volta con l'appellativo di castellum. Salvò la zona del Vaticano dal sacco dei Visigoti di Alarico del 410 e dei Vandali di Genserico del 455. Allora per difendersi i romani scagliarono sugli assalitori tutto ciò che avevano a portata di mano, persino le statue: una di queste, il cosiddetto Fauno Barberini, sarà trovata più tardi nei fossati del fortilizio.
Agli inizi del XI secolo, venne adibito a prigione di Stato da parte di Teodorico.
Nella seconda metà del X secolo il castello passò in mano ai Crescenzi, e vi rimase per un secolo, durante il quale i Crescenzi lo rafforzarono al punto da imporre alla costruzione il loro nome: Castrum Crescentii. Con questo nome Castel Sant'Angelo verrà identificato a lungo, anche dopo il passaggio di proprietà ai Pierleoni e successivamente agli Orsini.
Niccolò III, papa di questa famiglia, considerata la fama di imprendibilità del castello e la sua vicinanza con la Basilica di San Pietro e il Palazzo Vaticano, decise di trasferirvi parzialmente la sede apostolica, allora nel Palazzo Lateranense, da lui giudicato poco sicuro. Per garantire una maggiore sicurezza al Palazzo Vaticano realizzò il celebre passetto, che costituiva il passaggio protetto per il pontefice dalla basilica di San Pietro alla fortezza.
Nel 1367 le chiavi dell'edificio vennero consegnate a papa Urbano V, per sollecitarne il rientro a Roma dall'esilio avignonese. Da questo momento Castel Sant'Angelo lega inscindibilmente le sue sorti a quelle dei pontefici: per la sua struttura solida e fortificata i papi lo utilizzeranno come rifugio nei momenti di pericolo, per ospitare l'Archivio e il Tesoro Vaticani, ma anche come tribunale e prigione.
https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwT0BSuwDTCaFNgr4I7gtsdz3kdr5dLZfJRjq7N4X3c2UTznsQCtltXzgBN0Rm8SGDoKz7kboSa81JzSO90eiZmI1a_g9Og0wjcHEsShX5SWj615RiFfoUbetlWNY6Be8hlBB8FiuPOHAg/s1600/DSCN0448.JPGNel 1379 il Castello venne quasi ridotto al suolo dalla popolazione inferocita contro la guarnigione francese lasciata a presidio del castello da Urbano V. A dare inizio alla ricostruzione fu nel 1395 papa Bonifacio IX che incaricò l'architetto militare Niccolò Lamberti di eseguire una serie di interventi di potenziamento della struttura difensiva del castello. L'ingresso al castello diventò possibile solamente attraverso un'unica rampa di accesso ed un ponte levatoio. Sulla sommità dell'edificio venne ricostruita la cappella dedicata a San Michele arcangelo.
Nei quattro secoli successivi si susseguono interventi e trasformazioni: Nicolò V (1447-1455) dotò il Castello di una residenza papale - la prima all'interno dell'edificio – e realizzò tre bastioni agli angoli del quadrilatero esterno. Inoltre provvide al rifacimento del Ponte Sant'Angelo, crollato in occasione della manifestazioni giubilari. Alessandro VI Borgia incaricò l'architetto Antonio da Sangallo il Vecchio di ulteriori lavori di fortificazione, in seguito ai quali l'edificio assunse il carattere di vera e propria roccaforte militare secondo le più aggiornate tecniche della "fortificazione alla moderna": furono costruiti quattro bastioni pentagonali, dedicati ai santi Evangelisti, che inglobarono le precedenti strutture realizzate sotto Niccolò V. Per garantire un maggiore controllo sulle vie di accesso al castello papa Alessandro VI fece poi innalzare un ulteriore torrione cilindrico all'imboccatura del Ponte e attorno alle mura fece scavare un fossato riempito con le acque del Tevere. I lavori voluti da Alessandro VI non furono diretti solo al potenziamento della struttura difensiva dell'edificio: il papa dotò il castello di un nuovo appartamento, che fece affrescare dal Pinturicchio e aggiunse giardini e fontane. Nel corso del suo pontificato Alessandro trasformò il castello, nel quale egli amava risiedere, in una sontuosa reggia dove organizzava banchetti, feste e spettacoli teatrali. Le cronache dell'epoca descrivono la dimora come lussuosa e sfarzosa ma oggi nulla rimane di essa, essendo stata demolita da Urbano VIII nel 1628 per far posto a nuove fortificazioni.
Le opere di fortificazione di Alessandro VI permisero, 32 anni dopo, a papa Clemente VII di resistere sette mesi all'assedio delle truppe di Carlo V, i famosi Lanzichenecchi, che il 6 maggio 1527 diedero inizio al sacco di Roma.
http://www.castelsantangelo.com/img2/percorso3.jpgClemente VII nel 1525 fece costruire la Stufa, come allora veniva chiamato il bagno privato: una piccola stanza affrescata con ornamenti profani: delfini, conchiglie, ninfe, amorini, personaggi mitologici, ancora oggi visitabile. Nella stanza si trovava anche una vasca nella quale l'acqua veniva versata da una bronzea Venere nuda, poi andata perduta.
Il sacco di Roma dimostrò l'utilità del castello ai papi, che intrapresero grandiosi lavori di adattamento e vi installarono una vera e propria residenza papale. Nel 1542 Paolo III fece ristrutturare il castello dagli architetti Raffaello Sinibaldi da Montelupo e Antonio da Sangallo il Giovane, dal 1520 architetto capo della fabbrica di San Pietro.
Tra il 1667 e il 1669 Clemente IX fece collocare dieci angeli in marmo sul Ponte Elio: da allora anche il ponte viene chiamato Sant'Angelo.
Nell'Ottocento il castello venne utilizzato esclusivamente come carcere politico, chiamato con il nome di Forte Sant'Angelo.
Dopo l'Unità d'Italia venne inizialmente impiegato come caserma, poi destinato museo. A questo scopo fu oggetto di lavori di restauro da parte del Genio dell'Esercito Italiano, sotto la guida del maggiore Mariano Borgatti, poi diventato il primo direttore del Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo inaugurato il 13 febbraio 1906. Per i meriti riconosciuti al suo operato di sovrintendente al restauro Borgatti venne promosso generale. In realtà i risultati dei lavori di restauro furono da molti giudicati piuttosto discutibili perché portarono ad una cancellazione dell'impronta bimillenaria del castello. I restauri del 1933-34 ripristinarono i fossati e i bastioni e sistemarono a giardino la zona tra la cinta quadrata e la struttura pentagonale.
http://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/03/2a/54/a9/palle-di-cannone.jpgAll'interno di Castel Sant'Angelo numerosi sono gli ambienti destinati al carcere, ancora oggi visitabili. La cella più malfamata era quella detta Sammalò o San Marocco, sul retro del bastione di San Marco. Il condannato vi veniva calato dall'alto e a malapena aveva spazio per sistemarsi mezzo piegato, non potendo stare né in piedi, né sdraiato. La cella era anticamente uno dei quattro sfiatatoi che davano aria alla sala centrale del Mausoleo di Adriano, dove si trovavano le urne imperiali, e che si affacciava sulla rampa di scale. Nel Medioevo era stato trasformato in segreta e qui era stato fatto un disegno dell'oscuro "San Marocco", poi storpiato in "Sammalò". Nel piano inferiore della costruzione semicircolare del Cortile del Pozzo, eretta da Alessandro VI, c'erano le celle riservate ai personaggi di riguardo. Qui tra il 1538 e 1539 fu detenuto Benvenuto Cellini. Nell'antica loggia superiore dell'appartamento pontificio di Paolo III è la Cagliostra, così chiamata perché nel 1789 vi fu tenuto prigioniero il celebre avventuriero Giuseppe Balsamo, detto conte di Cagliostro. Era una prigione di lusso destinata a detenuti di riguardo. Nelle celle di Castel Sant'Angelo vennero tenuti prigionieri, tra gli altri, gli umanisti Platina e Pomponio Leto, Beatrice Cenci, condannata a morte nonostante la giovanissima età e le attenuanti, e Giordano Bruno, oltre ai patrioti italiani durante il Risorgimento. A differenza di Benvenuto Cellini, molti illustri prigionieri di Castel Sant'Angelo vi persero la vita. Tanti di questi furono vittime dei Borgia. Tra di essi, il cardinale Giovanni Battista Orsini. Questi fu imprigionato in Castel Sant'Angelo con l'accusa di aver tentato di avvelenare papa Alessandro VI.  http://hefenfelth.files.wordpress.com/2012/05/angyalvar036.jpg
I processi venivano svolti nella Sala della Giustizia, le esecuzioni capitali generalmente eseguite fuori del castello, nella piazzetta al di là di Ponte Sant'Angelo, anche se numerose furono le esecuzioni sommarie all'interno del castello e nelle stesse carceri. Nella zona del cortile antistante la Cappella dei Condannati o del Crocifisso nell'Ottocento venivano eseguite le condanne a morte mediante fucilazione. A ogni esecuzione di una condanna capitale suonava a morto la Campana della Misericordia, sulla terrazza ai piedi della statua dell'Angelo.

Il nome
Fino al XI secolo è chiamato Adrianeum ed anche templum Adriani e templum et castellum Adriani, come nell'ardo Benedicti, in ricordo della sua origine voluta dall'imperatore Adriano nel 135 perché servisse da tomba imperiale per sé e i successori. Il ricordo di questi appellativi è nella dizione moderna di Mole Adriana.
Nel 359, Onorio lo include nella cinta muraria di Roma trasformandolo in una sorta di fortilizio per la difesa della città: data da allora l'appellativo di castellum.
Nel 974 se ne impadronisce Crescenzio, della famiglia di Alberico, che lo fortifica ulteriormente: perciò viene ribattezzato Castrum Crescentii. Questo nome durerà fino alla seconda metà del XV secolo, cedendo poi definitivamente il passo alla dizione attuale.
Nel VI secolo appare anche la denominazione castellum sancti Angeli, in ricordo della visione dell'arcangelo Michele rinfoderante la spada sulla Mole Adriana avuta da papa Gregorio Magno durante una solenne processione penitenziale per scongiurare la peste che infieriva su Roma, visione interpretata come presagio dell'imminente fine della peste, cosa che puntualmente avvenne.
http://roma.andreapollett.com/S1/ROMA-C71.JPGDall'XI secolo nelle bolle pontificie si usa la dizione mista Castrum nostrum Crescenzii e Castrum Sancti Angeli.
Nelle Chansons de geste è detto anche Torre oppure Palais Croissant, denominazione quest'ultima che è la traduzione di Crescentii ma che tradotto letteralmente significa "palazzo mezzaluna" curiosamente rimandando a quella pasta lievitata a due punte che accompagna in genere il "cappuccino", detta appunto in Francia "croissant" e dai romani "cornetto".
Prima dell'anno Mille i cronisti lo chiamano domus Theodorici ed anche carceres Theodorici perché Teodorico re d'Italia (493-526) lo adibì a prigione, funzione mantenuta anche sotto i papi e con il governo italiano, fino al 1901. 

Gli angeli
http://www.tickitaly.com/blog/wp-content/uploads/2011/03/rome-castel-sant-angelo.jpgPer commemorare l'avvenimento che ha dato il nome attuale alla struttura, la statua di un angelo corona l'edificio. In origine si trattava di una statua di legno che finì per consunzione; il secondo angelo, di marmo, fu distrutto nel 1379 in un assedio e sostituito nel 1453 da un angelo di marmo con le ali di bronzo. Questo angelo venne distrutto nel 1497 da un fulmine che fece esplodere una polveriera nel castello, e fu sostituito con uno di bronzo dorato che però nel 1527 venne fuso per farne cannoni. Infine fu la volta di una statua in marmo con le ali di bronzo di Raffaello da Montelupo risalente al XVI secolo e attualmente visibile nel Cortile dell'Angelo, e poi, nel 1753, arrivò l'attuale angelo in bronzo di Pierre van Verschaffelt, sottoposto a restauro tra il 1983 e il 1986.


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lunedì 28 luglio 2014

Arco di Costantino, Roma

L'arco di Costantino è un arco trionfale a tre fornici (con un passaggio centrale affiancato da due passaggi laterali più piccoli), situato a Roma, a breve distanza dal Colosseo. Oltre alla notevole importanza storica come monumento, l'Arco può essere considerato come un vero e proprio museo di scultura romana ufficiale, straordinario per ricchezza e importanza. Le dimensioni generali del prospetto sono di 21 m di altezza, 25,9 metri di larghezza e 7,4 m di profondità.
 L'arco fu dedicato dal senato per commemorare la vittoria di Costantino I contro Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre del 312) e inaugurato ufficialmente il 25 luglio del 315 (nei decennalia dell'imperatore, cioè l'anniversario dei dieci anni di potere) o nel 325 (vicennalia). La collocazione, tra il Palatino e il Celio, era sull'antico percorso dei trionfi.
L'arco è uno dei tre archi trionfali sopravvissuti a Roma, in via dei Fori imperiali: gli altri due sono l'arco di Tito (81-90 circa) e l'arco di Settimio Severo (202-203). L'arco, come anche quello di Tito, è quasi del tutto ignorato dalle fonti letterarie antiche e le informazioni che si conoscono derivano in gran parte dalla lunga iscrizione di dedica, ripetuta su ciascuna faccia principale dell'attico.
All'epoca della costruzione dell'arco, Costantino non aveva ancora "ufficializzato" la simpatia verso il Cristianesimo, nonostante la tradizione agiografica dell'apparizione della Croce durante la battaglia di Ponte Milvio; l'imperatore, che aveva dato libertà di culto alle popolazioni dell'Impero Romano nel 313, partecipò solo nel 325 al concilio di Nicea. Nonostante la discussa frase instinctu divinitatis ("per ispirazione divina") sull'iscrizione, è verosimile che all'epoca Costantino mantenesse perlomeno una certa equidistanza tra le religioni, anche per ragioni di interesse politico. Tra i rilievi dell'arco sono infatti presenti scene di sacrificio a diverse divinità pagane (nei tondi adrianei) e busti di divinità sono presenti anche nei passaggi laterali, mentre altre divinità pagane erano raffigurate sulle chiavi dell'arco. Significativamente però, tra i pannelli riciclati da un monumento dell'epoca di Marco Aurelio, vennero tralasciati nel reimpiego proprio quelli che si riferiscono al trionfo e al sacrificio capitolino (che oggi sono ai Musei Capitolini), raffiguranti quindi la più alta cerimonia della religione di stato pagana.
http://www.fotoeweb.it/roma/ArcodiCostantino/Foto%20Arco%20di%20Costantino%20Roma.jpgNel 1530 Lorenzino de' Medici venne cacciato da Roma per aver tagliato per divertimento le teste sui rilievi dell'arco, che vennero in parte reintegrate nel XVIII secolo.
Nel 1960, durante i Giochi della XVII Olimpiade di Roma, l'arco di Costantino fu lo spettacolare traguardo della leggendaria maratona vinta a piedi scalzi dall'etiope Abebe Bikila.
Sulla base di scavi condotti nelle fondazioni dell'arco, su uno dei lati, è stata proposta l'ipotesi che il monumento sia stato costruito all'epoca di Adriano e successivamente pesantemente rimaneggiato in epoca costantiniana, con lo spostamento in fuori delle colonne, il rifacimento dell'intero attico, l'inserimento del Grande fregio traianeo sulle pareti interne del passaggio centrale, e l'esecuzione dei rilievi e delle decorazioni riconosciute di epoca costantiniana, sia per mezzo della rilavorazione dei blocchi già inseriti nella muratura, sia con l'inserzione di nuovi elementi. All'originaria decorazione del monumento apparterrebbero dunque i Tondi adrianei. 
http://www.gliscritti.it/gallery3/var/albums/album_067/Arco%20di%20Costantino%20%20068.jpg?m=1303153785L'arco è costruito in opera quadrata di marmo nei piloni, mentre l'attico, che ospita uno spazio accessibile, è realizzato in muratura e in cementizio rivestita all'esterno di blocchi marmorei. Sono stati utilizzati indifferentemente marmi bianchi di diverse qualità, reimpiegati da monumenti più antichi, e sono stati riutilizzati anche buona parte degli elementi architettonici e delle sculture della sua decorazione. L'arco misura 21 metri di altezza (con l'attico), 25,70 di larghezza e 7,40 di profondità. Il fornice centrale è largo 6,50 metri e alto 11,45.
La struttura architettonica riprende molto da vicino quella dell'arco di Settimio Severo nel Foro Romano, con i tre fornici inquadrati da colonne sporgenti su alti plinti; anche alcuni temi decorativi, come le Vittorie dei pennacchi del fornice centrale, sono ripresi dal medesimo modello.
La cornice dell'ordine principale è costituita da elementi rettilinei di reimpiego (datati all'età antonina o primo-severiana), integrati da copie costantiniane per gli elementi sporgenti sopra le colonne, più accuratamente scolpiti sulla fronte che sui fianchi. Ancora di reimpiego sono i capitelli corinzi (sempre di epoca antonina), i fusti rudentati in marmo giallo antico e le basi delle colonne (capitelli e basi delle retrostanti lesene sono invece copie costantiniane, mentre i fusti delle lesene, probabilmente di reimpiego, sono stati quasi tutti sostituiti nei restauri settecenteschi). Di epoca domizianea, ma con rilavorazioni successive, è anche il coronamento di imposta del fornice centrale.
http://www.gliscritti.it/gallery3/var/albums/album_067/arco%20di%20costantino%20ii%20038.jpg?m=1303153671Di epoca costantiniana sono invece gli archivolti del fornice centrale e gli elementi lisci (coronamenti e zoccoli, fregio, architrave e basi dell'ordine principale, archivolti e coronamenti di imposta dei fornici laterali), che presentano spesso modanature semplificate e con andamento non precisamente allineato. 
Lo schema decorativo dei rilievi si può riassumere in breve così (per gli approfondimenti si rimanda ai paragrafi successivi):
  • Nella parte più alta (l'"attico") al centro dei lati maggiori compare un'ampia iscrizione, affiancata da coppie di rilievi dell'epoca di Marco Aurelio, mentre sui lati minori sono collocate lastre pertinenti ad un fregio di epoca traianea (di cui altre lastre si trovano nel passaggio del fornice maggiore). In corrispondenza delle sottostanti colonne sono presenti sculture a tutto tondo dei Daci, in marmo pavonazzetto, sempre di età traianea.
  • Al livello inferiore, sui lati principali, sopra i due fornici minori, sono collocate coppie di tondi risalenti all'epoca di Adriano, un tempo incorniciati da lastre di porfido. Sui lati minori allo stesso livello la serie dei tondi adrianei è completata con altri due tondi realizzati in epoca costantiniana.
  • Al di sotto dei tondi, è presente un lungo fregio a bassorilievo, scolpito sui blocchi in epoca costantiniana, che prosegue sia sui lati lunghi che su quelli corti.
  • Altri bassorilievi si trovano al di sopra degli archi (Vittorie e Fiumi) e sui plinti delle colonne.
I rilievi riutilizzati richiamano le figure dei "buoni imperatori" del II secolo (Traiano, Adriano e Marco Aurelio), a cui viene così assimilata la figura di Costantino a fini propagandistici: all'imperatore, impegnato a stabilire la legittimità della sua successione di fronte allo sconfitto Massenzio. Massenzio era stato dopotutto ben voluto a Roma, perché aveva esercitato il suo potere proprio dall'antica capitale, per questo Costantino si propose ideologicamente come il ripristinatore dell'epoca felice del II secolo d.C.
L'uso di materiale di recupero di monumenti antichi, che divenne abituale a partire proprio da questi anni, è probabile che fosse dettata, almeno nella scelta di cosa apporre sull'arco, secondo valori più simbolici che pratici: si presero "citazioni" degli altri imperatori molto amati, le cui teste vennero rilavorate per dare loro le sembianze di Costantino, che si proponeva quindi come loro diretto erede. Nello scolpire le nuove teste (oggi in gran parte sostituite nei restauri settecenteschi, con alcune lacune come nei pannelli aureliani) alcune vennero dotate del nimbus (l'antenato dell'aureola), come mostrano alcune tracce superstiti, a simboleggiare l'enfasi posta sulla maiestas imperiale (più tardi sarebbe diventato un simbolo di santità cristiana). Può darsi che nei quattro tondi adrianei con scene di sacrificio le teste raffigurassero anche Licinio o Costanzo Cloro.
I rilievi si dispongono, insieme a quelli appositamente eseguiti all'epoca, in modo simmetrico sulle due facciate (nord e sud) e sui due lati corti (est ed ovest) dell'arco. Come tipico negli archi romani decorati da rilievi, sulla facciata esterna (a sud) prevalgono scene di guerra, mentre sulla facciata interna (a nord), rivolta verso la città, scene di pace.

Arco di Trionfo, Parigi

http://www.parigi.eu/ImageHandler.ashx?UploadedFile=true&image=~/App_Data/UserImages/Image/monumenti/arcoditrionfo.jpgL'Arco di Trionfo (Arc de Triomphe de la place Charles de Gaulle in francese) è un importante monumento di Parigi. Si trova all'inizio del famoso viale dei Champs-Élysées, al centro della piazza denominata una volta Place de l'Étoile (oggi Place Charles de Gaulle). Commissionato da Napoleone Bonaparte nel 1806, l'arco venne progettato da Jean Chalgrin e costruito dagli architetti Louis-Robert Goust e Jean-Nicolas Huyot, come versione neoclassica degli antichi archi di trionfo dell'Impero Romano.
Il monumento fu costruito per celebrare le vittorie di Napoleone Bonaparte durante le sue guerre.
L'Arco di Trionfo si ispira all'Arco di Tito nel Foro Romano a Roma. Il monumento ha un'altezza di 50 metri, una larghezza di 45 e una profondità di 22 metri, e ciò ne fa il secondo arco di trionfo in ordine di grandezza, dopo quello costruito in Corea del Nord nel 1982 in occasione del settantesimo compleanno di Kim Il Sung. Le pareti interne dell'arco espongono i nomi di 660 generali francesi; alcuni di questi nomi sono sottolineati per indicare che morirono in battaglia.
http://viviparigi.it/images/Parigi-Arco-di-Trionfo.jpgAlla base dell'arco di Trionfo, venne posta nel 1920 la tomba del Milite Ignoto e una fiamma perenne, in memoria dei morti della prima guerra mondiale mai stati identificati. Dopo la seconda guerra mondiale, dal 1945 in poi, la tomba è stata dedicata anche alla memoria dei morti della seconda guerra mondiale. Ogni 11 Novembre viene eseguita una cerimonia ufficiale, anniversario dell'armistizio del 1918 tra Francia e Germania. Alla base di ognuna delle colonne dell'arco vi è una scultura allegorica: Il Trionfo del 1810 di Jean-Pierre Cortot, La Resistenza e La Pace entrambe di Antoine Etex e La partenza dei volontari del '92 comunemente chiamata La Marseillaise di Francois Rude. In merito a quest'ultima si dice che fu vittima di un incidente il giorno dell'inizio della battaglia di Verdun nel 1916: la spada tenuta in mano della scultura, rappresentante la Repubblica, si ruppe, ma venne immediatamente nascosta in modo da evitare  qualsiasi interpretazione di cattivo presagio. Ogni sera alle 18.30 i membri dell'Associazione dei Combattenti o delle Vittime di Guerra ravvivano la fiamma. Questo accade fin dal 1923, anno dell'accensione, e anche il 14 giugno del 1940, giorno in cui l'armata tedesca entrò a Parigi e sfilò in Place de l'Étoile, alcuni ufficiali autorizzarono l'operazione. L'associazione "La Flamme sous l'Arc de Triomphe", che raggruppa 41 membri di tutte le nazionalità, organizza la cerimonia per accogliere le associazioni che, a loro volta, vengono a ravvivare la fiamma della memoria. Il Tour de France, dal 1975, si conclude sotto l'arco di trionfo.
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domenica 27 luglio 2014

La basilica di San Pietro in Vaticano

La basilica di San Pietro in Vaticano (nome esatto completo papale basilica maggiore di San Pietro in Vaticano) è una basilica cattolica della Città del Vaticano, cui fa da coronamento la monumentale piazza San Pietro.
http://www.voyagesphotosmanu.com/Complet/images/basilica_san_pietro_gr.jpgÈ la più grande delle quattro basiliche papali di Roma, spesso descritta come la più grande chiesa del mondo e centro del cattolicesimo. Non è tuttavia la chiesa cattedrale della diocesi romana poiché tale titolo spetta alla basilica di San Giovanni in Laterano che è anche la prima per dignità essendo Madre e Capo di tutte le Chiese dell'Urbe e del Mondo.
In quanto Cappella Pontificia, posta in adiacenza del Palazzo Apostolico, la basilica di San Pietro è la sede delle principali manifestazioni del culto cattolico ed è perciò in solenne funzione in occasione delle celebrazioni papali, ad esempio per il Natale, la Pasqua, i riti della Settimana Santa, la proclamazione dei nuovi papi e le esequie di quelli defunti, l'apertura e la chiusura dei giubilei e le canonizzazioni dei nuovi Santi. Sotto il pontificato di Pio IX ospitò le sedute del Concilio Vaticano I e sotto papa Giovanni XXIII e Paolo VI quelle del Concilio Vaticano II.
http://www.tonyassante.com/renzoallegri/basilicasanpietro/Basilica%20Vaticana.jpgLa costruzione dell'attuale basilica di San Pietro fu iniziata il 18 aprile 1506 sotto papa Giulio II e si concluse nel 1626, durante il pontificato di papa Urbano VIII, mentre la sistemazione della piazza antistante si concluse solo nel 1667. Si tratta tuttavia di una ricostruzione, dato che nello stesso sito, prima dell'odierna basilica, ne sorgeva un'altra risalente al IV secolo, fatta costruire dall'imperatore romano Costantino I sull'area del circo di Nerone e di una contigua necropoli dove la tradizione vuole che san Pietro, il primo degli apostoli di Gesù, fosse stato sepolto dopo la sua crocifissione. Oggi è possibile solo immaginare l'imponenza di questo edificio, immortalata soltanto in alcune raffigurazioni artistiche: l'impianto, arricchito nel corso dei secoli con preziose opere d'arte, era suddiviso in cinque navate con copertura lignea e presentava analogie con quello della basilica di San Paolo fuori le mura, aveva 120 altari di cui 27 dedicati alla Madonna.
Sotto papa Niccolò V (1447-1455), la basilica costantiniana, sopravvissuta ai saccheggi e agli incendi subiti dalla città dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, fu interessata da un progetto di sostanziale trasformazione, affidato a Bernardo Rossellino, che prevedeva il mantenimento del corpo longitudinale a cinque navate coprendolo con volte a crociera sui pilastri che dovevano inglobare le vecchie colonne, mentre veniva rinnovata la parte absidale con l'ampliamento del transetto, l'aggiunta di un coro, che fosse la prosecuzione logica della navata e di un vano coperto a cupola all'incrocio tra transetto e coro.
Questa configurazione forse influì in qualche modo sul successivo progetto di Bramante per un rinnovamento totale dell'edificio, che infatti inizialmente conservò quanto già costruito.
I lavori cominciarono intorno al 1450, ma con la morte del papa non ebbero ulteriore sviluppo, e furono sostanzialmente fermi durante i pontificati successivi. Una parziale ripresa dei lavori si ebbe tra il 1470 e il 1471 sotto la direzione di Giuliano da Sangallo, che preparò un progetto di ristrutturazione complessiva per Paolo II, ma senza ulteriore seguito.
Nel 1505 le fondazioni e le murature del coro absidale erano alzate fino a un'altezza di 1,75 m circa.

Bramante
File:SaintPierre.svgIl cantiere fu riaperto da Giulio II che probabilmente intendeva proseguire i lavori intrapresi da Niccolò V. Tuttavia nel 1505, forse dietro consiglio di Michelangelo, al probabile fine di dare un grandioso contorno al mastodontico mausoleo che aveva concepito per la propria sepoltura, e comunque all'interno di un clima culturale pienamente rinascimentale che aveva coinvolto la Chiesa, Giulio II decise la costruzione di una nuova colossale basilica.
Il pontefice consultò i maggiori artisti del tempo, tra cui fra Giovanni Giocondo che inviò da Venezia un progetto a cinque cupole ispirato alla basilica di San Marco.
I lavori furono affidati a Donato Bramante, da qualche anno giunto a Roma da Milano, che superò il confronto con l'architetto di fiducia del pontefice, Giuliano da Sangallo, affermandosi come il più importante architetto dell'epoca, tanto che a lui fu commissionato anche il disegno del vicino Cortile del Belvedere. Il dibattito, non privo di polemiche e rivalità, che si svolse nel corso del 1505, si imperniava sull'idea di costruire un edificio a perfetta pianta centrale, condivisa dagli architetti e dagli intellettuali della Curia, tra cui il neoplatonico Egidio da Viterbo. Bramante non lasciò un unico progetto definitivo della basilica, ma è opinione comune che le sue idee originarie prevedessero un rivoluzionario impianto a croce greca (ideale richiamo ai primi martyria della cristianità), caratterizzato da una grande cupola emisferica posta al centro del complesso. Tale configurazione si può desumere, in parte, dall'immagine impressa su una medaglia del Caradosso coniata per commemorare la posa della prima pietra del tempio, il 18 aprile 1506, e soprattutto da un disegno ritenuto autografo, detto "piano pergamena" in cui la ricerca del perfetto equilibrio tra le parti portò lo stesso architetto a omettere persino l'indicazione dell'altare maggiore, segno evidente che gli ideali del Rinascimento erano maturati anche all'interno della Chiesa.
Tale progetto rappresenta un momento cruciale nell'evoluzione dell'architettura rinascimentale, ponendosi come conclusione di varie esperienze progettuali e intellettuali e confluenza di molteplici riferimenti. La grande cupola era ispirata a quella del Pantheon e doveva essere realizzata in conglomerato cementizio; in generale tutto il progetto faceva riferimento all'architettura romana antica nella caratteristica di avere le pareti murarie come masse plastiche capaci di articolare lo spazio in senso dinamico. I richiami all'architettura romana erano presenti anche nelle grandi volte a botte dei bracci della croce. Degni di nota del progetto bramantesco sono inoltre la soluzione dei quattro pilastri a sostegno della cupola, nonché il rapporto che aveva voluto creare fra volumi concavi interni (scavando le pareti come si trattasse di una scultura) e la convessità esterna. La costruzione della nuova basilica avrebbe inoltre rappresentato la più grandiosa applicazione degli studi teorici intrapresi da Francesco di Giorgio Martini, Filarete e soprattutto Leonardo da Vinci per chiese a pianta centrale, le cui elaborazioni sono chiaramente ispirate alla tribuna ottagonale della cattedrale di Firenze.
Tuttavia non tutti i disegni di Bramante indicano una soluzione di pianta centrale perfetta, segno forse che la configurazione finale della chiesa era ancora questione aperta al momento di cominciare il cantiere.
 Nei lavori in cantiere, infatti, venne mantenuto quanto costruito dal Rossellino per il coro absidale, anzi proseguendo i lavori della muratura perimetrale con lesene doriche, in contrasto con il progetto del "piano pergamena" a cui quindi nel 1506 Bramante e Giulio II avevano in qualche modo rinunciato. La sola certezza sulle ultime intenzioni di Bramante e Giulio II è la realizzazione dei quattro possenti pilastri uniti da quattro grandi arconi destinati a sorreggere la grande cupola, fin dall'inizio, dunque, elemento fondante della nuova basilica.
Per poter eseguire tali lavori Bramante fece demolire quasi tutta la parte presbiterale dell'antica e veneranda basilica, suscitando polemiche permanenti fuori e dentro la Chiesa, a cui presero parte anche Michelangelo che criticò la distruzione delle colonne e persino Erasmo da Rotterdam. Bramante fu soprannominato "maestro ruinante".
La forte polemica per il gigantismo del progetto, per la distruzione delle più antiche testimonianze della chiesa e per lo scandalo delle indulgenze che fin dal 1507 Giulio II aveva accordato a coloro che avessero offerto elemosine per la costruzione della basilica, continuò anche dopo la morte del papa ed ebbe un ruolo nella nascita della Riforma protestante di Lutero, che vide i lavori in corso nel suo viaggio a Roma alla fine del 1510.
La morte di papa Giulio II (1513), alla quale fece seguito quella dell'architetto (1514), causò forti rallentamenti al cantiere.

Il cantiere dal 1314 al 1546
File:SaintPierreRaphael.JPGDal 1514, come successore di Bramante fu chiamato Raffaello Sanzio con Giuliano da Sangallo e Fra' Giocondo.
Dopo la morte di Raffaello, dal 1520 subentrò come primo architetto Antonio da Sangallo il Giovane con Baldassarre Peruzzi. Tutti gli architetti sopra riportati approntarono progetti per completare la basilica; si creò pertanto un largo dibattito che di fatto rallentò il cantiere. La maggior parte delle soluzioni proposte per il completamento dell'edificio, compresa quella di Raffaello prevedevano il ritorno a un impianto di tipo basilicale, con un corpo longitudinale a tre navate, mentre solo il progetto di Peruzzi rimaneva sostanzialmente fedele alla soluzione a pianta centrale. Dopo una ripresa del ritmo dei lavori nel 1525, che permise di terminare la tribuna e portare avanti decisivamente il braccio meridionale (come appare nelle vedute di Maarten van Heemskerck), il Sacco di Roma (1527) fermò il concretizzarsi di questi progetti.
Fu solo sotto papa Paolo III, intorno al 1538, che i lavori furono ripresi da Antonio da Sangallo il Giovane, il quale, intuendo che non avrebbe potuto vedere la fine dei lavori per limiti di età, approntò un grandioso e costoso modello ligneo (oggi conservato nelle cosiddette sale ottagone che si aprono tra le volte e il sottotetto della basilica) sul quale lavorò dal 1539 al 1546, avvalendosi dell'aiuto di Antonio Labacco, per illustrare nei minimi dettagli il suo disegno. Il progetto sangallesco si poneva come una sintesi tra la soluzione a pianta centrale di Bramante e la croce latina di Raffaello. All'impianto centrale, caldeggiato anche dal Peruzzi, si innestava infatti un avancorpo cupolato, affiancato da due altissime torri campanarie; anche la cupola si allontanava dall'ideale classico del Bramante, elevandosi con una volta a base circolare con sesto rialzato, mitigata all'esterno per farla apparire a tutto sesto con un doppio tamburo classicheggiante scalare a pilastri e colonne. Durante il periodo dal 1538 al 1546, in cui fu responsabile del cantiere, Antonio da Sangallo coprì la volta del braccio orientale, cominciò le fondazioni del braccio nord, rinforzò i pilastri della cupola murando le nicchie previste da Bramante e rialzò la quota di progetto del pavimento creando così le condizioni per la realizzazione delle Grotte Vaticane. Ancora sopravviveva una parte della navata della vecchia basilica costantiniana, ormai come un'appendice della nuova struttura, dalla quale fu separata nel 1538 da una parete divisoria ("muro farnesiano"), probabilmente per ripararla dal rumore e dalle polveri del cantiere. Sangallo fu anche incaricato del rifacimento del coronamento del campanile medievale che affiancava l'antica facciata, segno forse che non era stato ancora decisa definitivamente la completa demolizione delle preesistenze.

Progetto di Michelangelo
Dopo Sangallo, deceduto nel 1546, alla direzione dei lavori subentrò Michelangelo Buonarroti, all'epoca ormai settantenne. La storia del progetto michelangiolesco è documentata da una serie di documenti di cantiere, lettere, disegni dello stesso Buonarroti e di altri artisti, affreschi e testimonianze dei contemporanei, come Giorgio Vasari. Malgrado ciò, le informazioni ricavabili spesso sono in contraddizione tra loro. Il motivo principale risiede nel fatto che Michelangelo non redasse mai un progetto definitivo per la basilica vaticana, preferendo procedere per parti. Tuttavia, dopo la morte di Michelangelo, furono stampate diverse incisioni nel tentativo di restituire una visione complessiva del disegno concepito dall'artista toscano, tra cui quelle di Stefano Dupérac, che subito si imposero come le più diffuse e accettate.
Michelangelo, ritenendo il costosissimo modello del Sangallo poco luminoso, troppo artificioso e con richiami all'architettura tedesca (guglie, risalti, ecc.), rifiutò l'idea del suo predecessore; tornò pertanto alla pianta centrale del progetto originario, così da sottolineare maggiormente l'impatto della cupola, ma annullando la perfetta simmetria studiata da Bramante con la previsione di un pronao. Non mancarono le critiche, avanzate con forza dai sostenitori del modello di Sangallo, primo fra tutti Nanni di Baccio Bigio (a sua volta aspirante alla direzione dei lavori), secondo le quali Michelangelo avrebbe speso più in demolizioni che in costruzioni. Al fine di prevenire il rischio che dopo la sua morte qualcuno alterasse il suo disegno, Michelangelo avviò il cantiere in diversi punti della basilica (con l'esclusione della facciata, dove sorgevano ancora i resti della basilica paleocristiana), così da obbligare i suoi successori a continuare la costruzione secondo la sua concezione.
Quindi, all'equilibrio rinascimentale egli contrappose la forza e la drammaticità che derivavano dal suo genio: innanzitutto, sul lato orientale disegnò una facciata porticata sormontata da un attico, dando quindi una direzione principale all'intero edificio; poi, dopo aver demolito parti già realizzate dai suoi predecessori (come il deambulatorio previsto dal Sangallo all'estremità delle absidi), rafforzò ancora le strutture portanti a sostegno della cupola, allontanandole dalle delicate proporzioni bramantesche. Alla pianta di Bramante, con una croce maggiore affiancata da quattro croci minori, Michelangelo sostituì una croce centrata su un ambulacro quadrato, semplificando quindi la concezione dello spazio interno. In questo modo il fulcro del nuovo progetto sarebbe stata la cupola, ispirata nella concezione della doppia calotta a quella progettata da Filippo Brunelleschi per la cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore.
Ciononostante, i sostenitori del progetto di Sangallo avanzarono ancora critiche sull'operato di Michelangelo, senza perdere occasione per mettere in cattiva luce il maestro. Nel 1551 un crollo dovuto a un errore tecnico del capomastro di fiducia di Michelangelo non fece altro che gettare benzina sul fuoco, e i lavori subirono un'interruzione. Michelangelo presentò le sue dimissioni nel 1562, allorquando il suo rivale Nanni di Baccio divenne, invischiato com'era nelle speculazioni relative al cantiere, consulente della commissione.
Nel 1564, alla morte dell'artista, la cupola non era stata ancora terminata e i lavori erano giunti all'altezza del tamburo: fu Giacomo Della Porta (1533 - 1602) a eseguirne il completamento (1588 - 1590), conferendole un aspetto a sesto rialzato per ridurre le spinte laterali della calotta. All'epoca del Della Porta risalgono anche le cupole minori, prive di funzione strutturale, poste intorno a quella maggiore, la cui concezione fu presumibilmente opera di Jacopo Barozzi da Vignola e Pirro Ligorio. Secondo alcuni studiosi non sarebbe da escludere l'attribuzione allo stesso Ligorio dell'attico che corre alla sommità della basilica, che forse era stato pensato da Michelangelo solo come una semplice superficie liscia.
Uno studio sul riuso di colonne antiche all'interno della basilica, recuperate durante la direzione di Michelangelo, ha mostrato che con ogni probabilità alcune tra le colonne di granito grigio presenti nel transetto e nell'abside di fondo provengono dal Tempio di Venere a Roma.

Il completamento della basilica
Nel 1603 papa Clemente VIII affidò la direzione del cantiere a Carlo Maderno, il quale dovette affrontare la questione del completamento della basilica. Le intenzioni del pontefice erano probabilmente quelle di far coesistere le navate longitudinali dell'antica basilica costantiniana, con il corpo centrico cinquecentesco, tuttavia, con l'elezione di papa Paolo V nel 1605 prevalse l'orientamento di concludere la pianta centrale di Michelangelo con un nuovo corpo longitudinale. Consapevole di questi desideri Maderno approntò un disegno, forse il primo suo progetto noto per la basilica di San Pietro, che prevedeva l'inserimento di uno spazio biassiale giustapposto a quello esistente. Nel progetto erano comprese due grandi cappelle, che fungevano da raccordo tra l'ambulacro cinquecentesco e il corpo longitudinale. La pianta assumeva una forma scalare, restringendosi sensibilmente verso la facciata della chiesa; quest'ultima era aperta da un grande atrio, che introduceva un ulteriore asse trasversale nella composizione.
http://giovannimapelli.files.wordpress.com/2010/08/cupolone-notturno.jpgPer il completamento della basilica fu probabilmente indetto un concorso, del quale non è però pervenuta alcuna prova documentaria. Oltre al Maderno, vi parteciparono Flaminio Ponzio, Girolamo Rainaldi, Orazio Torriani, Giovanni Antonio Dosio, il Cigoli, Niccolò Branconio e Domenico Fontana, ma a vario titolo si registrano anche le proposte di Fausto Rughesi, Giovanni Paolo Maggi e Martino Ferrabosco.
Tra questi prevalse Carlo Maderno, il cui progetto fu tradotto in un modello ligneo tra l'aprile e il novembre 1607. Nel progetto definitivo Maderno mantenne le cappelle di raccordo tra la navata e la pianta centrale previste nel suo primo disegno, ma eliminò sia la composizione biassiale del braccio est, sia l'arco trionfale che doveva fungere da collegamento tra la nuova navata e il nucleo michelangiolesco; in ogni caso la distinzione tra le parti fu rimarcata da un lieve risalto tra la volta a botte della crociera e quella della navata. L'opera, realizzata a partire dal 1608, mutò radicalmente il progetto di Michelangelo e attenuò l'impatto della cupola sulla piazza antistante. Le campate trasformarono la chiesa in un organismo a tre navate, con profonde cappelle inserite lungo le mura perimetrali. Nel clima della Controriforma la pianta fu così ricondotta a una croce latina; come è stato osservato, si trattava di una tipologia capace di ospitare un maggior numero di fedeli, che trasformava la chiesa in uno "strumento di culto di massa".
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/18/Interiorvaticano8.jpg
 Le navate laterali furono coperte con cupole a pianta ovale, incassate nel corpo della basilica e caratterizzate all'esterno solo da piccole lanterne, per le quali è nota anche la proposta del Ferrabosco, non realizzata, di chiuderle, alla sommità del tetto, per mezzo di numerose cupole ornamentali a pianta ottagonale.
Contestualmente alla costruzione della navata, Maderno pose mano anche alla facciata, dove riprese l'ordine gigante previsto da Michelangelo, reinterpretandolo però su un unico piano prospettico, senza il marcato avanzamento del pronao centrale. A lavori praticamente ultimati, per volontà di papa Paolo V, alla facciata vennero aggiunti i corpi dei campanili laterali. Nel prospetto fatto incidere da Matteo Greuter nel 1613, Maderno raffigurò quella che forse è la facciata definitiva del prolungamento, con le torri campanarie caratterizzate da due esili edicole, aperte da serliane timpanate e sormontate da un coronamento a lanterna. Tuttavia la costruzione dei campanili -di cui è noto anche il progetto del Ferrabosco- si interruppe nel 1622 e le due torri, rimaste incomplete al primo ordine, finirono per aumentare le dimensioni orizzontali della facciata, che per questo apparve sproporzionata e piatta, malgrado il tentativo, tipicamente barocco, di rafforzarne la plasticità in corrispondenza dell'asse centrale mediante un uso graduale di pilastri, colonne e avancorpi aggettanti.
http://www.viaggiatoriweb.it/wp-content/uploads/2014/05/Basilica-di-San-Pietro-in-Vaticano-1.jpg Successivamente la questione dei campanili fu ripresa da Gian Lorenzo Bernini. Approvato il progetto e dato inizio alla costruzione, si manifestarono preoccupanti problemi statici alle fondazioni che decretarono la sospensione dei lavori e l'abbattimento di quanto eseguito fino ad allora.
 Le colonne dell'unico campanile in parte realizzato vennero però reimpiegate per le facciate delle chiese di Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Montesanto di piazza del Popolo. Nel tentativo di dare slancio al severo prospetto, Gian Lorenzo Bernini, autore della piazza antistante alla basilica, eseguì una serie di trasformazioni: limitò alla sola parte centrale la scalinata d'ingresso alla chiesa e, davanti ai due archi che avrebbero dovuto sostenere i suddetti campanili, scavò il terreno sottostante, portando il nuovo piano di calpestio quanto più possibile vicino al livello della piazza.
Frattanto, nel 1611 fu data per la prima volta la benedizione papale dalla nuova loggia; nel 1614 si lavorò alla volta a botte della navata centrale, mentre nel 1615 fu demolito il muro divisorio che divedeva la vecchia basilica dalla nuova. Nello stesso tempo si procedette alla realizzazione delle volte delle cappelle laterali e nel 1616 fu conclusa la Confessione. Nel contempo numerose maestranze lavorarono all'apparato decorativo, iniziato già nel 1576 con il rivestimento a mosaico della cappella Gregoriana e proseguito, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, con la decorazione musiva della grande cupola e della cappella Clementina. Nella definizione dell'apparato ornamentale ebbero un ruolo fondamentale Gian Lorenzo Bernini e i suoi aiuti, che lavorarono all'ottagono sotto la cupola e al rivestimento dell'involucro maderniano.
La basilica, completata con le grandi statue alla sommità della facciata, fu consacrata da papa Urbano VIII nel 1626.

http://foxylada.files.wordpress.com/2008/11/roma-3144.jpgIl colonnato
La sistemazione della piazza fu realizzata da Gian Lorenzo Bernini, sotto Alessandro VII, tra il 1657 ed il 1667. La soluzione finale tenne conto di problemi liturgici, simbolici e delle emergenze architettoniche preesistenti. Lo spazio antistante alla basilica fu suddiviso in due parti: la prima, a forma di trapezio rovescio con il lato maggiore lungo la facciata, la quale, grazie al particolare effetto prospettico, assumeva dimensioni meno imponenti; la seconda di forma ovale con l'imponente colonnato architravato sormontato da sculture.
Per realizzare il suo progetto Bernini demolì la torre dell'orologio innalzata solo pochi anni prima da Martino Ferrabosco sul lato nord della piazza e pose in asse con la via di Borgo Nuovo il portone in bronzo che conduceva, tramite la Scala Regia, alla Cappella Sistina e ai Palazzi Vaticani; creò così un suggestivo percorso che accompagnava lo spettatore dalle anguste e articolate strade della "Spina di Borgo" alla grandiosità della piazza San Pietro, tagliandola però in maniera asimmetrica, sul lato nord, così da offrire suggestivi e sempre nuovi scorci verso la facciata della basilica e rendendo nuovamente la cupola michelangiolesca l'elemento di spicco dell'intera composizione. Le aspirazioni del Bernini furono comunque stravolte con lo sventramento del quartiere di Borgo e l'apertura dell'attuale via della Conciliazione (1936-1950), che resero la facciata della basilica una monumentale quinta al termine di un lungo asse rettilineo.
http://abcroma.com/monumenti/Images/SPietro-D7.jpgLa basilica di San Pietro è uno dei più grandi edifici del mondo: lunga ben 218 m e alta fino alla cupola 133,30 m, la superficie totale è di circa 23.000 m quadrati.
L'edificio è interamente percorribile lungo il suo perimetro, benché sia collegato ai Palazzi Vaticani mediante un corridoio sopraelevato disposto lungo la navata destra e dalla Scala Regia a margine della facciata su Piazza San Pietro; due corridoi invece lo uniscono all'adiacente Sacrestia. Nonostante questo aspetto tradisca l'idea di una costruzione isolata al centro di una vasta piazza, come probabilmente l'aveva pensata Michelangelo Buonarroti, la presenza di passaggi sopraelevati, che non interferiscono con il perimetro della basilica, permette ugualmente di cogliere la complessa articolazione del tempio. L'esterno, in travertino, è caratterizzato dall'uso di un ordine gigante oltre il quale è impostato l'attico. Questa configurazione si deve sostanzialmente a Michelangelo Buonarroti e fu mantenuta anche nel corpo longitudinale aggiunto da Carlo Maderno.
Invece, lungo le navate, presso i 45 altari e nelle 11 cappelle che si aprono all'interno della basilica, sono ospitati diversi capolavori di inestimabile valore storico e artistico, come diverse opere di Gian Lorenzo Bernini e altre provenienti dalla chiesa paleocristiana, come la statua bronzea di san Pietro (n. 89), attribuita ad Arnolfo di Cambio.

La facciata
http://www.rome-roma.net/rome_roma/roma_sanPietro2.jpg Larga circa 114,69 m e alta 45,44 m, venne innalzata da Carlo Maderno fra il 1607 e il 1614, ed è articolata mediante l'uso di colonne d'ordine gigante che inquadrano gli ingressi e la Loggia delle Benedizioni, il luogo dove viene annunziata ai fedeli l'elezione del nuovo papa; al di sotto si trova un altorilievo di Ambrogio Buonvicino, intitolato Consegna delle Chiavi, del 1614 circa. Nella trabeazione, al di sotto del frontone centrale, è impressa l'iscrizione.
La facciata è preceduta da due statue raffiguranti san Pietro e san Paolo, scolpite rispettivamente da Giuseppe De Fabris e Adamo Tadolini nel 1847 per sostituire quelle precedenti, compiute da Paolo Taccone e Mino del Reame nel 1461. Sulla sommità sono disposte le statue, alte anche oltre 5,7 m, di Gesù, Giovanni Battista e di undici dei dodici apostoli (manca san Pietro). Ai lati della medesima sono collocati due orologi realizzati nel 1785 da Giuseppe Valadier. Sotto l'orologio di sinistra si trova la cella campanaria al cui interno sono ospitate le 6 campane: al centro del finestrone la campana maggiore realizzata dal Valadier nel 1785, ai lati superiori le due campane minori; all'interno, dietro al campanone, il "Campanoncino" del 1725 e dietro la "Rota" del XIII secolo; sopra a queste la "Predica" del XIX sececolo.
La facciata è stata restaurata in occasione del giubileo del 2000, e riportata ai colori originariamente voluti da Maderno.

https://c2.staticflickr.com/4/3238/2596418768_d26cb02a81_z.jpg?zz=1La navata centrale
L'immenso spazio interno, lungo 187,36 m (la scritta all'ingresso riporta 837 P.R. che sta per palmi romani), è articolato in tre navate per mezzo di robusti pilastri sui quali si aprono grandi archi a tutto sesto, alti 23 m e larghi 13. La superficie calpestabile è di 15.160 m quadrati. La navata centrale è lunga 90 m (dalla controfacciata ai primi pilastri della cupola), larga 26 m e alta circa 45 m e da sola copre circa 2.500 m quadrati di superficie. È coperta da un'ampia volta a botte e culmina, dietro al colossale Baldacchino di San Pietro, nella monumentale Cattedra.
Particolarmente ricercato è il disegno del pavimento marmoreo, in cui sono presenti elementi provenienti dalla precedente basilica, come il disco in porfido rosso egiziano sul quale si inginocchiò Carlo Magno il giorno della sua incoronazione. Il pavimento marmoreo sostituisce quello precedenti in mattoni e fu realizzato da Gian Lorenzo Bernini per il giubileo del 1650, assieme alle decorazioni della navata .Diecimila metri quadrati di mosaici rivestono poi le superfici interne e si devono all'opera di numerosi artisti che operarono soprattutto tra il Seicento e il Settecento, come Pietro da Cortona, Giovanni De Vecchi, Cavalier d'Arpino e Francesco Trevisani.
Fino all'intersezione col transetto, nelle nicchie ricavate nei pilastri posti sulla destra dell'ingresso, si trovano le statue dei Santi
Le acquasantiere, alte quasi 2 m, furono realizzate tra il 1722 e il 1725 su disegno di Agostino Cornacchini. Constano di due conche in giallo di Siena, opera di Giuseppe Lironi, e due coppie di putti di Francesco Moderati e Giovanni Battista de Rossi.

La cupola
http://www.voyagesphotosmanu.com/Complet/images/cupola_basilica_gr.jpgCon oltre 133 m di altezza, 41,50 m di diametro (di poco inferiore però a quello del Pantheon di Roma) e 537 scalini dalla base dell'edificio fino alla lanterna, la cupola è l'emblema della stessa basilica e uno dei simboli dell'intera città di Roma.
Poggia su un alto tamburo , definito all'esterno da una teoria di colonne binate e aperto da sedici finestroni rettangolari, separati da altrettanti costoloni. Quattro immensi pilastri, di 71 m di perimetro, sorreggono l'intera struttura, il cui peso è stimato in 14.000 t.
Come detto, la cupola fu costruita in soli due anni da Giacomo Della Porta, seguendo i disegni di Michelangelo, il quale però forse aveva previsto una cupola perfettamente sferica, almeno secondo quanto attestato dalle incisioni di Stefano Dupérac pubblicate poco dopo la morte dell'artista. Neanche il modello ligneo della cupola, conservato all'interno della basilica, aiuta a rivelare le vere intenzioni di Michelangelo. Il modello fu realizzato tra il 1558 e il 1561, quando i lavori del tamburo erano già stati cominciati, ma fu successivamente modificato e presenta alcune sostanziali differenze nella concezione della calotta e degli altri dettagli ornamentali. Del resto, Michelangelo si era riservato per sé il diritto di apportare modifiche alla struttura dell'intera basilica, per la quale non è giunto sino a noi nessun progetto definitivo, quindi la presenza di un modello non era da considerarsi strettamente vincolante ai fini della realizzazione dell'opera. Lo dimostrano, ad esempio, i timpani dei sedici finestroni che segnano il perimetro del tamburo: nel modello sono tutti di forma triangolare, mentre nella cupola vera e propria presentano forme curve e triangolari alternate.
http://media.expedia.com/media/content/shared/images/travelguides/destination/179899/St-Peters-Basilica-Basilica-Di-San-Pietro--20286.jpgIn ogni caso, l'attuale configurazione della cupola si deve a Della Porta, che per prevenire dissesti strutturali la realizzò, tra il 1588 e il 1593, a sesto rialzato, circa 7 metri più alta rispetto a quella michelangiolesca, e cinse la base con catene di ferro. Ciò nonostante, nel corso dei secoli, a causa del manifestarsi di pericolose lesioni, soprattutto nel tamburo, si resero necessari altri interventi di consolidamento, a opera dell'ingegnere Giovanni Poleni, con l'inserimento nella struttura del tamburo e della cupola di altre catene.
Dal punto di vista strutturale è costituita da due calotte sovrapposte, secondo quanto già realizzato a Firenze dal Brunelleschi: la calotta interna, più spessa, è quella portante, mentre quella esterna, rivestita in lastre di piombo ed esposta agli agenti atmosferici, è di protezione alla prima. Ottocento uomini lavorarono al completamento della cupola che, nel 1593, fu chiusa con la svettante lanterna dotata di colonne binate.
Secondo l'incisione di Dupérac, altre quattro cupole minori, puramente ornamentali, avrebbero dovuto sorgere attorno alla maggiore per esaltarne la centralità, tuttavia furono portate a termine solo quelle sovrastanti le cappelle Gregoriana e Clementina.
La decorazione interna fu realizzata secondo la tecnica del mosaico, come la maggior parte delle raffigurazioni presenti in basilica: eseguita dai citati Cavalier d'Arpino e Giovanni De Vecchi per volontà di papa Clemente VIII, presenta scene col Cristo, gli apostoli e busti di papi e santi. La scalinata che permette di salire in cima alla cupola ha un particolare disegno a listoni a sbalzo ed è realizzata in cotto ferentinate.

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/3/3a/Basilica_di_San_Pietro,_Rome_-_2681.jpgL'altare papale
Lo spazio sottostante la cupola è segnato dal monumentale Baldacchino di San Pietro (n. 82), ideato dal genio di Gian Lorenzo Bernini e innalzato tra il 1624 e il 1633. Realizzato col bronzo prelevato dal Pantheon, è alto quasi 30 metri ed è sorretto da quattro colonne tortili a imitazione del Tempio di Salomone e del ciborio della vecchia basilica costantiniana, le cui colonne erano state recuperate e inserite come ornamento nei pilastri della cupola michelangiolesca. Al centro, all'ombra del Baldacchino, avvolto dall'immenso spazio della cupola, sorge l'Altare papale, detto di Clemente VIII (che lo consacrò nel 1594), collocato sulla verticale esatta del Sepolcro di San Pietro.
http://images.placesonline.com/photos/55327_basilica_di_san_pietro_roma.jpgLungo i quattro immensi pilastri che circondano l'invaso della cupola si trovano le sculture ordinate da Urbano VIII: sono San Longino (n. 88) di Gian Lorenzo Bernini (1639), Sant'Elena (n. 84) realizzata da Andrea Bolgi nel 1646, Santa Veronica (n. 80) di Francesco Mochi (1632), e infine Sant'Andrea (n. 76) di François Duquesnoy (1640).