Il Centro è stato intitolato a Jean-Marie Tjibaou, leader
indipendentista kanak assassinato nel 1989.
I Kanak sono una etnia diffusa nel Pacifico, in particolare in Nuova
Caledonia, dove costituiscono il 41% circa della popolazione totale
dell'isola.
L’isola, capitale Nouméa, è territorio francese avviato verso
l’autonomia.
Durante le trattative per l’indipenderza le autorità locali chiesero e
ottennero dal gover¬no francese il finanziamento di un grande centro
culturale dedicato alla cultura Kanak.
Per realizzare questo progetto nel 1990 fu indetta una gara
internazionale a inviti, che nasceva nell’ambito dei “grands travaux”
voluti da François Mitterand.
Il centro è stato inaugurato ufficialmente da Lionel Jospin nel 1998.
Il sito è situato sulla penisola Tina, appena a est di Nouméa. Un luogo
spettacolare, tra il mare aperto e la laguna protetta, con sullo sfondo
le montagne e i promontori che si protendono nella baia Magenta.
Il concorso aveva un programma molto ampio: commemorare la società
tradizionale kanak fornendo, nel contempo, un punto focale
all’inevitabile evoluzione della sua cultura.
Le attività del centro comprendono mostre, eventi speciali, musica e
danza: l’obiettivo è far sì che la cultura kanak, pur modificandosi, non
perda contatto con le sue radici storiche. Lo spirito del Pacifico è effimero: le costruzioni della tradizione
Kanak nascono all'unisono con la natura, usando i materiali deperibili
che essa offre; perciò la continuità del villaggio nel tempo non è
legata alla durata del singolo edificio, ma alla conservazione di uno
schema costruttivo.
Prendendo le mosse da un legame profondo con la natura tipico di quella
civiltà, il progetto ha seguito due grandi linee guida: da una parte
evocare la capacità di costruire dei kanak, dall’altra utilizzare,
accanto ai materiali tradizionali quali il legno e la pietra, materiali
moderni come il vetro, l’alluminio, l’acciaio e tecnologie leggere
d’avanguardia.
Il Centro non è racchiuso e concluso in un edificio singolo: è un
insieme di “case” e spiazzi alberati, di funzioni e percorsi, di pieni e
vuoti.
Circondato ai tre lati dal mare, il sito è coperto da una fitta
vegetazione, in mezzo alla quale si snodano i percorsi pedonali e si
sviluppano i “villaggi”: grappoli di costruzioni fortemente legate al
contesto, che con la loro presenza a semicerchio definiscono spazi
collettivi aperti. Lungo il crinale del promontorio, una passeggiata
coperta leggermente arcuata collega le parti del complesso.
Gli edifici sono strutture curve simili a capanne, fatte di listelli e
centine in legno: gusci dall'apparenza arcaica, all'interno dei quali
l'ambiente è dotato di tutte le opportunità offerte dalla tecnologia
contemporanea.
Questi dieci grandi spazi monotematici si aprono improvvisamente sulla
strada interna del Centro offrendo un passaggio da uno spazio compresso a
uno spazio espanso e inatteso.
Le doghe dei rivestimento esterno sono di larghezze differenti e
spaziate in modo disuguale: l'effetto ottico di leggera vibrazione così
ottenuto accresce l'affinità con la vegetazione.
Il legno scelto è l’iroko: è un legno stabile, resistente all’attacco
delle termiti e può essere usato anche sotto forma lamellare. Richiede
inoltre poca manutenzione, e nel modo in cui è stato utilizzato evoca le
fibre vegetali intrecciate delle costruzioni locali.
Pur nella omogeneità del modello base, gli spazi ricavati posso¬no avere
un carattere molto differente a seconda delle attività che devono
ospitare. Il tetto e le superfici laterali sono trasparenti; i pannelli
di vetro sono schermati da lu¬cernari esterni.
Grazie alla forte analogia formale con la vegetazione e gli
inse¬diamenti tradizionali del luogo, le capanne sono l'elemento che
unifica il progetto. Sono anche l'elemento dominante: ben dieci, di tre
dimensioni diverse. Le quattro più piccole hanno 8 metri di diametro e
sono alte 20 metri. Le tre mediane hanno il diametro di 11 m e sono alte
22. Le tre grandi hanno il diametro di 13.5 m e sono alte 28. Queste
costruzioni esprimono la relazione armoniosa con l'am¬biente che
caratterizza la cultura Kanak. Il legame non è solo e¬stetico, ma anche
funzionale: sfruttando le caratteristiche del cli¬ma della Nuova
Caledonia, le capanne sono state dotate di un si¬stema di ventilazione
passiva molto efficiente.
Ancora una volta è stata realizzata una doppia copertura: l'aria circola
liberamente tra due strati di rivestimento in legno lamellare.
L’orientamento delle aperture nel guscio esterno è stato studiato per
sfruttare gli alisei provenienti dal mare, o per in¬durre le correnti di
convezione desiderate.
I flussi d'aria vengono regolati mediante lucernari. In condizio¬ni di
leggera brezza, questi si aprono per favorire la ventilazione;
all'aumentare del vento si chiudono, a partire da quelli più in basso.
La soluzione è stata progettata con l’aiuto del computer, e sperimentata
nella galleria i vento grazie a modelli in scala. Questo sistema di
circolazione dell'aria dà anche “voce” alle ca¬panne. Tutte insieme
fanno un particolare suono; che è quello dei villaggi Kanak. L'accesso al Centro Jean-Marie Tjibaou avviene tramite un per¬corso
pedonale snodato lungo la costa, che segna una sorta di cambio di
dimensione: parte dal parcheggio, si insinua nel¬la densa vegetazione
indigena, porta alle scale che si inerpicano sul promontorio, e giunge
infine alla corte di accesso del Centro. Qui si trovano i servizi di
accoglienza.
Il Centro è organizzato in tre villaggi. Il primo è dedicato alle
at¬tività espositive. Nella capanna immediatamente accanto
all'in¬gresso, una mostra permanente presenta ai visitatori la cultura
Kanak. Più in basso si trovano gli edifici dedicati alla storia del¬la
comunità e all'ambiente naturale dell’isola, e poco distante, u¬no
spazio per le esposizioni temporanee. In questo villaggio sorge anche un
auditorium parzialmente interrato, da quattrocento posti. Sul retro
dell’auditorium c'è un anfiteatro per spettacoli all'aperto.
Nel secondo villaggio si trovano gli uffici del Centro, dove lavo¬rano
gli storici, i ricercatori e i curatori delle mostre. Le capanne di
fronte agli uffici ospitano una biblioteca multimediale.
Il villaggio al termine della passeggiata, un po' appartato dal flusso
dei visitatori, è dedicato alle attività creative e agli uffici
amministrativi. Le capanne ospitano studi di danza, pittura, scultura e
musica. A lato c'è una scuola, dove i bambini sono introdotti alle forme
d'arte locali.
Tra il bordo della laguna e la cima del promontorio è stato svilup¬pato
un altro percorso, questa volta tematico. Concepito con l'aiu¬to
dell’antropologo Alban Bensa, che ha collaborato a questo progetto,
viene chiamato il “cammino della storia".
La rappresentazione che i Kanak fanno dell’evoluzione umana si avvale di
metafore tratte dal mondo naturale: il sentiero riassume i grandi miti
sui quali si regge la cultura kanak. È una storia raccontata con le
piante e la loro associazione simbolica.
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