Nonostante la grande importanza del
culto tributato ad Atena nel grande tempio (prima l'Ekatónpedon, poi il Partenone) sulla sommità
dell'Acropoli, questo santuario,
dedicato alla dea Atena Poliade (protettrice della città), era legato a culti
arcaici e alle più antiche memorie della storia leggendaria della città,
costituendo il vero nucleo sacro dell'Acropoli e dell'intera città. In questo
luogo si sarebbe infatti svolta la disputa tra Atena e Poseidone: vi si custodivano le
impronte del tridente del dio su una roccia, un pozzo di
acqua salata da cui sarebbe uscito il cavallo, dono del dio, e l'olivo, donato
dalla dea Atena alla città. Qui il re Cecrope, metà uomo e metà serpente, avrebbe
consacrato il Palladio, la statua
della dea caduta miracolosamente dal cielo. Il santuario ospitava inoltre le
tombe di Cecrope, di Eretteo e un luogo di culto dedicato a Pandroso, la figlia di
Cecrope amata dal dio Ermes.
L'Eretteo venne
costruito in sostituzione del tempio
arcaico (VI secolo a.C.) avente
la stessa funzione votiva di cui restano le fondamenta tra l'edificio più
recente e il Partenone; in epoca romana il nuovo edificio prese il nome di
"Eretteo" (Erekteíon,
ovvero "colui che scuote"), dall'appellativo di Poseidone.
Iniziata da Alcibiade nel 421
a.C. in un momento di relativa
pace, la costruzione fu interrotta durante la spedizione in Sicilia (Guerra del Peloponneso) e ripresa
negli anni 409-407 a.C., come attestano i rendiconti finanziari conservati al Museo epigrafico di Atene e al British
Museum.
Costruito in marmo pentelico, l'Eretteo è opera
dell'architetto Filocle.
La necessità di
ospitare i diversi culti tradizionali, collocati su un'area con un forte
dislivello (più elevata a sud-est e più bassa di circa 3 m a nord-ovest)
determinò una pianta insolita.
Il tempio si compone di un corpo
rettangolare anfiprostilo (ovvero con colonne nella parte
anteriore e posteriore del tempio), con sei colonne ioniche sulla fronte a est;
a ovest gli intercolumni (spazi tra le colonne) sono chiusi da setti murari
dotati di ampie finestre e le colonne si presentano all'esterno come
semicolonne sopraelevate sul muro di 3 metri costruito per superare il
dislivello del terreno. L'interno era suddiviso in due celle a livello diverso
e non comunicanti tra loro: quella orientale, più alta, alla quale si accedeva
dal pronao esastilo, che ospitava il Palladio, e quella occidentale più in
basso, suddivisa in tre vani: un vestibolo comune dava accesso a due vani
gemelli che ospitavano i culti di Poseidone e del mitico re Eretteo. Al corpo
centrale si addossano la loggia con le Cariatidi a sud, che custodisce la tomba del re
Cecrope, e un portico a nord, più sporgente del corpo centrale verso ovest,
costruito per proteggere la polla di acqua salata fatta sgorgare da Poseidone.
Il portico è costituito da quattro colonne in fronte e due di lato; da qui si
accede sia alla cella per il culto di Poseidone e di Eretteo, sia ad una zona a
cielo aperto davanti al basamento pieno che sorregge le semicolonne della
fronte occidentale, dove si trovavano l'ulivo di Atena e la tomba di Pandroso (Pandroseion).
Le colonne si
presentano particolarmente snelle ed eleganti e il tempio era ornato da una
raffinata decorazione: le basi delle colonne, la fascia decorativa che sormonta
e corre lungo le pareti del corpo centrale con un motivo di fiori di loto e
palmette; il fregio continuo lungo l’esterno della costruzione, in pietra scura
di Eleusi, sulla quale erano
applicate figure scolpite in marmo bianco (con un gusto che, come annota Bianchi Bandinelli, sembra anticipare
quello tardo ellenistico dei cammei in vetro a fondo azzurro). Particolarmente
ricche le decorazioni del portico a nord, negli intrecci sulle colonne e nel
fregio ornamentale della porta d’ingresso. Bronzi dorati, dorature, perle
vitree in quattro colori sottolineavano la ricchezza dell’alzato.
Le statue delle
Cariatidi, forse opera dello scultore Alcamene, sono attualmente
sostituite da copie, mentre gli originali sono conservati al riparo nel Museo dell'Acropoli. Una delle
cariatidi angolari, rimossa da lord
Elgin, si trova al British
Museum di Londra.
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